Citazione Originariamente Scritto da Astrid Visualizza Messaggio
Di certo non volevo generalizzare. Ma, ahimé, se giro leggermente lo sguardo, ce ne sono di situazioni soggetive.
Non credo che sia una questione di legame forte ma sentimento forte.
Ci possono essere legami "malati". casi di dipendenza, di mollezza, di comodo, di abitudine...
Anche il cambiare o l'essere cambiati dalla personalità dell'altro non mi sembra sintomo di una relazione forte (intesa come legame convinto e vivo).
l'altro si strumentalizza, sempre; il punto è solo se si tratta di una condizione reciprocamente vantaggiosa, oppure squilibrata;

il cambiamento - positivo, ovviamente - genera un sentimento di gratitudine nei confronti del partner, cui vengono riconosciute qualità infungibili che hanno consentito quel percorso positivo; gli esempi potrebbero essere molti: un partner che innesca una coscienza del desiderio sessuale e legittima quest'ultimo, a fronte di un'educazione repressiva; oppure che sostiene e persuade in modo convincente a perseguire una passione, una carriera, o genera fiducia sulla capacità di essere genitore; insomma, innesca la sovversione di un equilibro gravato da blocchi e zavorre, e così libera energie creative;

ovviamente, si può anche amare genuinamente qualcuno che soccorra nel senso opposto, cioè aiuti ad evitare un cambiamento che si teme: un partner tiepido che controlla e limita una sessualità che si teme, o la competizione nel lavoro e nelle responsabilità di famiglia;

ma, siccome in genere quella conservazione gioca a favore di equilibri etero-diretti, educativi, in conflitto con desideri e pulsioni, si fonda su paure, il bilancio retrospettivo di questi amori conservativi è più spesso decisamente amaro, perché il partner viene visto - anche senza che ne abbia direttamente colpa o coscienza - come uno degli elementi di una prigionia, o al più un'ancora o una zavorra;

l'asimmetria di questo schema sta nel fatto che, mentre un partner di conservazione può a sua volta strumentalizzare in modo impersonale, per esigenze analoghe - come nel caso del matrimonio tradizionale, evento sociale e patrimoniale, combinato, di classe, di opportunità, o semplicemente per affrancarsi dalla famiglia d'origine - nel caso del cambiamento la personalità e le qualità di quel partner diventano essenziali, infungibili, perché si tratta, appunto, di sovvertire quanto nel momento è in equilibrio;
messa così, sembra una tesi un po' fumosa e astratta;

ma, quando si vanno ad osservare coppie di lungo corso in crisi grave, o dopo la rottura, i discorsi e le motivazioni che si possono ascoltare sono abbastanza rivelatori, almeno per la mia esperienza, per quanto limitata; nelle unioni di conservazione spesso emerge il tema di un partner castrante, che ha sostituito quel ruolo di limitazione della famiglia e dell'ambiente culturale di provenienza e il sentimento di essere stati strumentalizzati si percepisce in modo unilaterale; qualcuno, assistito dall'analisi o più colto si rende conto della circostanza bilaterale, ma resta il senso di fallimento, di quell'originaria rinuncia a liberarsi di certi vincoli e affermare la propria personalità;

nelle relazioni sovversive, al contrario, per quanto le rotture possano essere dolorose, resta anche in retrospettiva una certa misura di gratitudine e dolcezza per quell'energia originaria che ha trasformato, scaturita dalle qualità infungibili, dalla personalità del partner;
del resto, ci sono millenni di letteratura in cui l'amore è descritto come sovversione dei ruoli sociali; Isotta cornificava re Marke con Tristano, Romeo e Giulietta appartenevano a famiglie in guerra tra loro, per non parlare di tutti gli amori interclassisti, ecc...

ovviamente, ho semplificato; tra il bianco e il nero c'è molto grigio; ma certi estremi sono osservabili, volendo.