
Originariamente Scritto da
axeUgene
comunque, a onore di Cono e per onestà intellettuale, devo dire che le obiezioni dei pensatori che lui riporta - e fraintende, come più gli piace - non sono peregrine, e quelli non sono idioti;
il senso che ci leggo io, soprattutto nel caso degli analisti, è che la "mentalizzazione" di una libertà assoluta sfocia in un angoscioso delirio di onnipotenza narcisistico, che è angoscioso perché non riesce a soffermarsi su un desiderio agibile e appagante; non a caso, Recalcati è un lacaniano, e Lacan è l'organizzatore di questa tesi;
se, nell'elaborazione del proprio desiderio, la persona cristallizza un'esigenza auto-centrata, del voglio-questo e quest'altro, si determina una chiusura di fronte a prospettive che non rientrino in quel quadro;
il che non è di per sé un male assoluto, sempre e comunque, ma tende ad escludere il contributo rivoluzionario, sovversivo, dell'esperienza dell'altro, difforme, che invece potrebbe essere portatore di risposte a bisogni non avvertiti, proprio mediante quella sovversione;
e che, secondo me, è abbastanza il fulcro di relazioni potenti e stabili; questo perché l'altro diventa portatore di una sua specificità che incide oltre il quadro stabilito come "ideale" dalla persona in questione, cioè cambia, aggiunge, diventa non fungibile, non strumentale;
questa valutazione non è di merito; cioè, quell'apertura può comportare parimenti avere figli se il quadro ideologico non li contempla, esattamente come non averne se, invece, si è stati educati a programmare una certa storia di sé; e così per il matrimonio, la carriera, ecc...
io leggo così quei contributi;
posto che comunque è impossibile condizionare certe scelte; famiglia, filiazione, relazioni, sono da sempre il terreno della spontaneità; l'istinto trova le sue strade; oppure, se non trova quelle, vuol dire che ha prevalso una componente istintiva più forte e le cose dovevano andare così