quindi, perché si abbia un comportamento vietato deve esserci sempre una norma in positum, come è ovvio; tu, invece, insisti ancora in questa idea per cui esisterebbero dei comportamenti "non leciti" anche in assenza di norme specifiche di divieto, secondo la massima autocratica per cui si può fare solo ciò che sia esplicitamente permesso![]()
appunto, non hai capito:ti ho già detto che è questione di opinioni. il problema è meramente definitorio ma ti dico anche che, comunque sia, ha la sua importanza a livello teorico. se le unioni di fatto fossero contemplate esplicitamente dalla legge, allora dal novero dei comportamenti e dei fatti non rilevanti per il diritto, cioè non espressamente vietati ma neanche riconosciuti a livello legale, diverrebbero comportamenti leciti nel senso della esistenza di una previsione legislativa degli stessi. non ho capito il problema.
perché un comportamento sia lecito, non è necessaria una specifica disposizione; è sufficiente che non sia vietato; se non lo è, la tutela che non percepisci è quella della libertà personale;
non hai capito il problema perché nel pensier ti fingi che nell'ordinamento non esistano i principi fondamentali;
aria fritta; l'ordinamento regola questi, che non sono diritti, a tutela dell'ordine pubblico, dei soggetti contraenti stessi e dei terzi: tu sai che quello alla guida ha sostenuto un esame e sa guidare; sai che due persone sono unite in matrimonio e se compri casa da una verifichi che l'altra non possa ostare in qualche modo;no. la patente o il matrimonio civile rilevano innanzitutto per l'ordinamento statale, ciò vuol dire che lo stato, rendendoli oggetto di una disciplina rende quei comportamenti rilevanti per il diritto. quindi la tutela apprestata è sia formale (ad substantiam) che probatoria o verso i terzi (ad probationem). il giudizio morale non c'entra. si parla di comportamenti legislativamente previsti che in questo modo entrano a far parte degli istituti "di legge" cioè "legali", cioè tutelati dalla legge.
il criterio è meramente funzionale e non, come pretendi tu, di ordine morale, per cui l'ordinamento attribuirebbe un maggior pregio alla scelta di sposarsi che ad altro, stabilendo gerarchie nel merito di scelte parimenti lecite;
appunto, se: si tratta di una mera facoltà , non di "diritti"; semmai, il problema di diritto si presenta a proposito della tutela dell'affettività , proprio quando manchi una disciplina; ed è per questo che si è arrivati alle unioni civili;fatti loro. sta però di fatto che se vuoi accedere a delle tutele
queste sono diventate indispensabili perché, posta l'irrilevanza di relazioni lecite, agli omosessuali era negato questo diritto fondamentale;
c'entra perché ti spiega il perché la patente non è un diritto; lo è il non essere discriminati per motivi illeciti - cioè non disposti in via generale ed astratta - alla facoltà di conseguirla;si. questa è la differenza tra diritto e interesse legittimo, cioè tra diritto civile e diritto amministrativo. ma che c'entra con quello di cui parliamo?
certo che no; chi ti impone di guidare ? la devi avere come condizione per esercitare la tua facoltà di guidare; altrimenti vai in treno; ti ho citato il cso della naja perché lì effettivamente la cosa poteva configurarsi come obbligo;la patente è un onere cui devi per legge adempiere.
nemmeno per idea; così fosse si ratterebbe di una possibilità di cui fruisce solo la Chiesa cattolica;l'otto per mille è un provvedimento statale che fa parte di quella serie di "tutele" e di privilegi che in forza di trattati internazionali sono concesse alla chiesa cattolica
l'8X mille è una libertà del contribuente di destinare una parte delle sue tasse a questo o quell'ente senza fini di lucro; non c'entrano una beata minchia trattati internazionali e tanto meno apprezzamento per questa o quell'altra confessione.