Originariamente Scritto da
doxa
Cono ha scritto
Comincio con una digressione.
L’errore del papa e del clero è di parlare erga omnes, come se tutti fossimo dei cristiani. Si devono rassegnare a rivolgersi solo al loro “gregge”.
Ed ora argomento sul tema.
Se l’umanità si chiede il senso della vita non significa che tutta intera creda nel tuo Dio che “ci salva dal non senso della vita”.
“Faber est suae quisque fortunae” (= ognuno è artefice del proprio destino)…, in modo volontario o involontario.
Mi sembra che nel forum ci sia un topic dedicato al “senso della vita” , in quella discussione ho detto che interrogarsi sul senso della vita significa indagare anche il significato della morte. Vita e morte sono in tandem.
La consapevolezza di dover morire è un peso che accompagna l’umanità. Per sopportare questo pesante fardello c’è bisogno anche delle religioni, come speranza per gli afflitti che pretendono la sopravvivenza, in qualsiasi modo, nell’aldilà.
Le religioni sono il frutto dell’instancabile sforzo di negare la nostra finitudine: pretendono di dare un senso al mondo in termini finalistici, instaurando un’alleanza tra l’uomo e la natura, intesa come agente intenzionale, come elargitrice di premi e ricompense, di castighi e benedizioni.
Lo smascheramento di questa illusione è stato il sacrilegio compiuto dalla scienza, un atto di sovversione che si perpetua giorno dopo giorno nel lavoro dello scienziato.
Sappiamo che siamo nati, che moriremo, nello spazio temporale nascita - morte viviamo costruendoci un percorso in modo consapevole, se possibile.
La vita umana non ha senso. E' l'individuo con il suo agire, con i suoi progetti, che dà significato alla propria vita. Ognuno deve trovare il modo per farla diventare abbastanza soddisfacente.
Nel nostro tempo molti individui, finalmente, sanno di essere soli nell’immensità indifferente dell’universo.
Questo universo ormai senza padrone (Dio) non gli appare sterile né futile.
Il filosofo e teologo danese Søren Kierkegaard (1813 – 1855) nel suo libro titolato "Aut-Aut" dice che l’individuo credente si rimette a Dio per paura della morte, si abbandona alla volontà divina.
Concludo con un aforisma che scrisse il giornalista Roberto Gervaso: “Non ho chiesto di nascere e sono nato. Non chiederò di morire e morirò. La vita è questa: sono costretto ad accettarla con il suo prologo ed il suo epilogo, senza farmi troppe domande che non hanno risposta. Svolgo stoicamente il mio dovere: solo questo conta”.
Cono, a volte considero il forum come il “cortile dei gentili” nell'antico tempio di Gerusalemme: c’era un’area riservata al popolo di Israele ed uno spazio dedicato ai non ebrei, i cosiddetti “Gentili”, che interrogavano i rabbini e i maestri della legge con domande sulla religione, sul mistero e su Dio.
Ma in questo forum nell’area dedicata alla religione mi chiedo se non sia una perdita di tempo le discussioni tra chi crede e chi non crede. Ognuno rimane con le proprie convinzioni, perciò che utilità hanno ?