Originariamente Scritto da
axeUgene
a me non preoccupa la pacca in diretta, ma - esattamente come per altre manifestazioni di "scorrettezza" - il clima generale che consente di non essere inibiti rispetto ad un comportamento del genere;
cioè, quello che al parco si apre l'impermeabile davanti alla ragazzina è un nevrotico malato, nel senso che eccede in un comportamento di cui ha presente la riprovazione generale;
nel caso della pacca, come in altri casi, che possono essere dichiarazioni o comportamenti che si dovrebbero presumere fortemente inibiti, la circostanza segnala esattamente l'opposto: nella cultura ambientale della persona in questione non opera un'inibizione, evidentemente perché è mancato un trauma che genera un valore condiviso;
ancora prima della violenza, dovrebbe operare una censura "estetica" per cui certi comportamenti sono un marchio di sfiga o subumanità, e chiunque, quando ci si avvicina a determinati contesti rizza le antenne, semplicemente perché il costume sociale è quello e lo sguardo della società di prossimità te lo rammenta; se ci sono persone con handicap, chi non è proprio un troglodita ha come riflesso condizionato quello di assumere una certa postura di attenzione nel relazionarsi, parlare, ecc...
ora, non è che il tizio della pacca vada crocifisso, beninteso; però la gara alla sdrammatizzazione, con le guasconate alla Feltri, i plotoni di "anti" che smoraleggiano, alla fine creano un clima generale di bonarietà che allenta e annacqua la percezione generalizzata di un comportamento, fino all'evento, statisticamente certo, della "ragazzata", che tipicamente è compiuta da persone in area "grigia", cioè capaci di farlo in mancanza di una percezione forte di censura;
la maggioranza delle persone, persino istruite, non ha ordinariamente una visione metodica del proprio comportamento; capisce a fronte di censura o del trauma, come il bambino a fronte del ceffone;
in Italia amiamo poco i traumi, ma in questo modo finiamo sempre a discutere furbescamente della licenza surrettizia, col che diventa possibile leggere certe argomentazioni, anche da parte di persone inoffensive, per cui sarebbe la vittima a dover essere prudente, esposte come fossero una cosa nell'ordine della ragionevolezza;
è una questione di percezione e comunicazione; chi compie un determinato gesto, violento, abusivo o discriminatorio, ha sempre una sua narrazione ideologica che lo legittima, a volte offre addirittura connotati di pregio, di solito motivati con la ribellione al potere e all'autorità, come valore; se non ha la percezione di una censura forte, questa narrazione è efficace;
io, privo di una efficace cultura inibitoria, potrei sentirmi un eroe della libertà se bullizzassi una persona down dandole della mongoloide, magari col pretesto che è un po' lenta a ordinare un McChicken, semplicemente rappresentandomi come opposto ad un potere che mi vuole costringere alla correttezza del linguaggio - l'avrei detto paro paro anche a una normale; è proprio che non accetto limitazioni alla mia libertà di esprimermi che mi vogliono imporre !, obietterà quello - anziché sulla vessazione del debole; e così l'abbigliamento o la "sfrontatezza" femminile si prestano ad un impianto narrativo in cui io sono stato "provocato", e la mia azione rientra in un codice polemico nell'ordine della plausibilità, ecc...
il giorno in cui ti fanno il culo e nessuno ti difende o sminuisce, il trauma si compie ed entra nella memoria collettiva; ah, ma era così grave ?