Originariamente Scritto da
axeUgene
povero pacioccone...
ora, io non faccio troppi sconti alle prediche pastorali, né mi faccio troppo abbacinare dalla simpatia, quando si tratta di un papa; quello fa il mestiere suo; ma, almeno in questo caso non la vedo troppo come un'ingerenza negli affari privati delle persone; e sì che io stesso sarei un suo bersagli, posto che sono talmente "egoista" che non ho nemmeno cani e gatti, anche se mi piacerebbero;
il punto del precariato che evoca Turbo è effettivamente rilevante, ma più come meccanismo di trasmissione di un modello culturale e di autorità, che è quello della rendita;
se andiamo ad osservare i fatti, non è un dramma dell'Occidente, quindi delle presunte civiltà dell'
egoismo e dell'
individualismo, dove i figli si fanno comunque, ma proprio un problema italiano, e marcatamente mediterraneo;
in Italia, in particolare, il precariato dipende non dalla generale "povertà" del sistema-paese, ma dalla distribuzione squilibrata del potere economico a favore delle vecchie generazioni proprietarie:
tutto il sistema economico - tra cui i nostalgici della liretta, e della sovranità monetaria - si è strutturato da oltre mezzo secolo in modalità-sussidio, esplicito o occulto - la tolleranza al nero e all'evasione; cioè, in tutti i settori, il potere politico è sempre intervenuto a coprire le carenze strutturali e le inefficienze per salvare il potere - grande o piccolo - dei ceti proprietari, elargendo briciole a clientele e controparti;
mo', che c'entra coi figli ?
c'entra nel senso che un giovane qualsiasi, anche meritevole, al contrario di altri paesi comparabili all'Italia, qui giunge ad una capacità patrimoniale e ad un ruolo sociale stabile solo quando eredita, e questo avviene quando si è in età già matura, con una vita vissuta a metà;
questo avviene perché se il potere diffuso e trasversale si coalizza come generazione per domandare protezione al sistema, questo blocca la competizione generazionale e un conflitto e ricambio "sano";
il meccanismo perverso, che probabilmente conosciamo tutti di persona, da quanto è diffuso, è questo:
l'anziano ha avviato un'attività, poniamo negli anni 60 o 70; per decenni la capacità di stampare moneta ha consentito trasversalmente alla politica di comprare consenso a fronte di tanti ricatti; dalla Fiat ai piccoli imprenditori, fino al commercio, la pizzeria rionale e la bancarella:
io do da lavorare alla gente, lo stato mi sussidia quando le cose vanno male, anche se è colpa mia; se non mi sussidia direttamente, lo fa consentendomi l'evasione; fino al 92, pagava Pantalone, a babbo morto, accumulando debito; poi, si è cominciato a tagliare i servizi;
l'anziano che campa in questo modo, l'imprenditore diffuso sul territorio, non teme alcun ricambio, perché se la piccola impresa o bottega gli rende poco, gli garantisce comunque un ruolo di potere in famiglia, e si genera quella specie di patto scellerato con le nuove generazioni, i figli: voi riconoscete la mia autorità, anche se sono un coglione; in cambio, continuate a fare i giovanotti anche a 40 anni; poi,
quanno mòro, prendete il mio posto; tanti principi Carlo
la famiglia italiana è organizzata come una specie di monarchia, e così quel 95% di piccole imprese che costituiscono l'ossatura produttiva della società;
ora, a prescindere dal dato economico implicito nel precariato, se un 30enne mediamente non ha uno spazio sociale per pensarsi come membro autorevole della società, non avrà alcuna motivazione né "narrativa di sé" per pensare da genitore, e resterà figlio;
ovviamente un papa non può invitare alla rivoluzione in famiglia; ma, in effetti, quella che ho descritto è esattamente la cultura tradizionale della bella famiglia italiana, dove i figli, contenti o meno, obbediscono, per poi scannarsi per l'eredità;
fateci caso: non abbiamo rivoluzioni noi; monarchi spodestati; ma le guerre civili le svendiamo sulle bancarelle.