Originariamente Scritto da
Pazza_di_Acerra
Dopo alcune eroine della tragedia greca, eccone una romana, ma in carne ed ossa.
Clodia, figlia di Appio Claudio Pulcro e moglie del proconsole della Gallia Quinto Cecilio Metello Celere, fu una delle grandi protagoniste del I sec. a.C. Sorella del celebre tribuno della plebe Clodio Pulcro, fu censurata da molti autori della sua epoca per via della sua indipendenza e spregiudicatezza, che la allontanavano drasticamente dall’ideale di matrona romana pudica e morigerata.
Ebbe numerosi amanti, tra cui Catullo, il quale si suppone che le abbia dedicato numerosi componimenti, celandola sotto il nome di Lesbia, anche se alcuni ritengono che il poeta si sia invaghito della sorella di lei, di una decina di anni più giovane.
Clodia probabilmente conobbe il poeta nel 62 a.C., a Verona, mentre soggiornava col marito nella villa del padre di Catullo. Lui rimase folgorato dall’incontro, nonostante la differenza d’età (lui era di circa dieci anni più giovane). Per il poeta, Clodia non solo è un’aristocratica piena di fascino e grazie, ma l’essenza della vera bellezza.
Tutto ciò che sappiamo di Clodia ci viene dalle poesie di Catullo (anche se questi testi sono indipendenti dalle vicende biografiche), e dalle orazioni di Cicerone, acerrimo nemico della donna.
Cicerone, al contrario del poeta, dipinge Clodia come una “prostituta”: “non soltanto nel modo di muoversi, ma anche nel modo di vestirsi e nelle compagnie, non solo nello sguardo di fuoco e nella libertà di linguaggio, ma anche "nei baci e negli abbracci”. Clodia, inoltre, aveva fatto della sua residenza sul Palatino uno dei salotti mondani più in voga di Roma.
Cicerone, nella sua orazione a difesa di Celio (accusato da Clodia di veneficio nel 56 a.C.), attaccava la donna e il suo stile di vita, senza esclusione di colpi. L’accusava di qualunque perversione: relazione incestuosa col fratello, veneficio del marito, vendetta su Celio per esser stata abbandonata, prostituzione. Correva inoltre la voce che ella fosse soprannominata quadrantaria, ossia che vale un quadrante (un quarto di asse), che era il compenso minimo per una prestazione sessuale. Tanto accanimento fa supporre che lo stesso Cicerone fosse stato vittima del fascino della donna, come anche insinua Plutarco. Del resto la definisce “boopis”, ossia “dai grandi occhi bovini” il che lascia supporre che anche l’austero avvocato non fosse insensibile agli sguardi della donna. Certo è che Clodia, distanziandosi molto dall’ideale femminile romano, fosse in grado di suscitare ardenti passioni, anche a causa della sua bellezza, intelligenza e indipendenza. Questo stile di vita, in netta contrapposizione al Mos Maiorum, da quel che sappiamo, rimase comunque limitato ad una ristretta élite romana, e in piena guerra civile.
Successivamente, la legislazione augustea sanzionerà questi comportamenti, ma, stando alle successive testimonianze di Marziale e Giovenale e pur tenendo conto delle inevitabili esagerazioni, pare con ben scarsi risultati. Clodia apre la strada alle grandi figure femminili del secolo successivo, Livia Drusilla Claudia e le due Agrippine.