Vladimir Majakovskij inizia la sua attività poetica come futurista ma lo scoppio della guerra porta a galla le differenze tra la sua poetica e quella del futurismo italiano. La sua formazione ideologica e la militanza politica lo pongono di fronte alla guerra in modo antitetico rispetto a Marinetti. Majakovskij la odia e la condanna totalmente. Inoltre Il gioco, il libero arbitrio di parole e immagini che per i futuristi sono il punto di arrivo, per Vladimir sono solo un mezzo; strumenti per realizzare una poesia che morda la realtà e risponda ai problemi della società russa. Da ciò deriva una produzione il cui significato consiste nel superamento della ricerca formale fine a se stessa propria di tante avanguardia europee, il futurismo italiano anzitutto. Majakovskij utilizza (con un procedimento che ricorda la tecnica del montaggio cinematografico di certo cinema russo di quegli anni) stravolgimenti del dato reale, accostamenti e urti fra toni e situazioni diverse. Il suo intento è rendere, attraverso questa tecnica, il senso di una precisa realtà storica.
Majakovskij, dal successo della rivoluzione, trae ulteriore incitamento per la polemica contro l’arte del passato e abbraccia la tesi di Lenin la tesi di Lenin che, muovendo dall’esame della situazione russa, pensa alla realizzazione di una profonda rinnovazione che passi però attraverso un’utilizzazione critica della cultura borghese del passato. Nel 1923 Majakovskij fonda il Fronte di sinistra delle arti (LEF) ed è significativo che, presentando il programma, egli si scagli "contro chi alla poesia delle casette [sentimentale, piccolo borghese] ha sostituito la poesia dei comitati di caseggiato [populistica, rozzamente partitica]".
E intanto in certi suoi componimenti, come “La Mania delle riunioni” o “Critica dell’autocritica” (1928), satireggia l’apparente autocritica che tanti funzionari erano pronti a fare ma come ossequio formale, senza che poi nulla cambiasse; oppure, ne “La Cimice” (1929) egli denuncia la grettezza e l’arrivismo della nuova società.
Con l’avvento di Stalin (1922) la situazione culturale è sempre più orientata verso una linea ufficiale – di cui l’Associazione degli scrittori proletari (RAPP) si avviava a diventare depositaria – e Majakovskij diventa sempre più isolato. Tuttavia, il suo impegno di fedeltà alla rivoluzione non viene mai meno: nel 1930 scioglie il LEF e aderisce al RAPP. Ma due mesi dopo, in una situazione di grande isolamento e depressione – alla quale non sono estranee ragioni sentimentali – conclude con il suicidio la sua vita.