Un collaboratore di Paolo che predica in tutte le Chiese.

Siamo giunti a conclusioni identiche dopo aver studiato un altro brano della stessa lettera.
Ci riferiamo a 2Cor 8,18-19. In questa lettera Paolo dedica i vv. 8-9 a promuovere la colletta in favore di poveri e dei santi di Gerusalemme.
L’Apostolo scrive dalla Macedonia, nel nord della Grecia, molto probabilmente dalla città di Tessalonica. Affinché la colletta ottenesse l’esito desiderato, decide di inviare a Corinto Tito, al quale affida la missione di attivare la raccolta dei soldi. Tito vi si reca accompagnato da due collaboratori, i cui nomi non sono menzionati dall’Apostolo; questi si limita a fare un breve elogio di ognuno di essi.
In 2Cor 8,18-19, Paolo descrive il primo compagno di Tito con due caratteristiche: 1) è un fratello che gode di una buona reputazione nelle comunità grazie alla predicazione del Vangelo; 2) è stato scelto dalle Chiese come compagno di viaggio per portare la somma raccolta alla comunità di Gerusalemme. Ma in realtà questi due versetti sono redatti in greco refrattario alla traduzione. Secondo lo studio filologico la stranezza del greco sta nel fatto che entrambi i versetti contengono numerose traduzioni poco accurate all’originale aramaico.
Tradotti correttamente, i due versetti recitavano:
18 Con Tito vi abbiamo inviato pure il fratello la cui opera degna di lode è la proclamazione del Vangelo per tutte le Chiese;
19 inoltre egli è stato designato da queste Chiese come nostro compagno di viaggio, portando il dono che diffondiamo per la gloria del Signore, che è nostro desiderio più ardente.
Da questo testo aramaico si possono trarre due conclusioni.
In primo luogo, il collaboratore che Paolo invia a Corinto con Tito è meritevole di lode perché grazie a lui tutte le Chiese possono proclamare il Vangelo. L’Apostolo afferma cioè che tutte le Chiese proclamano il Vangelo e che tale proclamazione è possibile per l’azione di questo compagno di Tito. Naturalmente, nessuno poteva fare ciò personalmente; era possibile realizzarlo soltanto tramite un libro che contenesse il Vangelo annunciato dalla Chiesa, cioè la storia delle opere e degli insegnamenti di Gesù, della sua passione e resurrezione. Questo libro, divulgato da tutte le Chiese, era utilizzato nella celebrazione dell’Eucaristia, permettendo in tal modo che, mediante la sua lettura, tutte le comunità cristiane potessero proclamare il Vangelo.
In quanto al nome di questo “evangelista” e collaboratore di Paolo, possiamo dedurlo da ciò che l’Apostolo dice nel secondo versetto della sua presentazione: le Chiese di Filippi e Tessalonica lo hanno scelto perché accompagnasse Paolo a Gerusalemme portando con sé il denaro della colletta. A questo dato va aggiunto quello che ci viene fornito dal libro degli Atti degli Apostoli. In effetti, in quest’ultimo testo il ritorno di Paolo a Gerusalemme alla fine del suo terzo viaggio per portare il denaro della colletta è narrato in prima persona. Pertanto, fu il collaboratore che accompagna Paolo a scrivere gli Atti degli Apostoli. Se, d’altra parte, nella seconda lettera ai Corinzi Paolo afferma che un suo collaboratore, da lui inviato a Corinto dalla Macedonia, ha scritto un “evangelio”, tenendo in considerazione che i due libri sono scritti dallo stesso autore, dobbiamo concludere che il collaboratore presentato da Paolo ai Corinzi è Luca, l’autore del nostro terzo vangelo e degli Atti degli Apostoli.
La data in cui fu scritto il vangelo di Luca viene estrapolata dalla cronologia delle lettere ai Corinzi, cronologia che in realtà possiamo stabilire con notevole precisione.
Il lasso di tempo stabilito dai diversi studiosi oscilla tra il 54 ed il 57; la seconda lettera ai Corinzi non può essere stata scritta dopo il 57. Secondo la testimonianza dello stesso Paolo, questa seconda lettera fu scritta durante il suo viaggio in Macedonia e Grecia, dopo il suo soggiorno ad Efeso. Gli studiosi generalmente fanno risalire questo viaggio non oltre l’autunno del 57 d. C.
Se in tale data l’Apostolo afferma che questo vangelo veniva utilizzato da tutte le Chiese, bisogna dedurre che fu redatto nei primi anni del quinto decennio; pertanto poco più di vent’anni dopo la resurrezione di Cristo.
Ora, non dimentichi che, secondo gli studi sulla formazione dei vangeli realizzati in quest’ultimo secolo e mezzo, le fonti utilizzate da Luca per comporre il suo vangelo sono risultate inconfutabili. Tali fonti dovevano già esistere in greco nel decennio compreso tra il 40 ed il 50.
Tuttavia, sottoponendo tali fonti ad un accurato studio di filologia bilingue, risulta indiscusso il dato che il documento sull’infanzia di Gesù fu scritto in ebraico e che le tre fonti utilizzate per il ministero pubblico, la passione e la resurrezione furono scritte in aramaico ( tra gli studiosi si afferma l’ipotesi che Luca utilizzò tre fonti per la redazione del suo vangelo, tralasciando i racconti sull’infanzia; il vangelo di Marco, la raccolta di detti su Gesù, chiamata Q, alla quale ebbe accesso anche Matteo, ed una propria, nota soltanto a lui ).
Tutti questi testi, pertanto, vennero scritti da cristiani di lingua aramaica, ossia della Palestina, per lettori ed auditori palestinesi, nei primi dieci anni dopo la morte di Gesù.