Al di là delle considerazioni sui vincoli espresse da axeEugene, esistono altre problematiche che rendono un partito come il pastrocchio democratico inadeguato a proporsi per la gestione del Paese.
Il pastrocchio democratico nasce da una intuizione (o da un incubo) di Veltroni che voleva trasformare la coalizione dell’Ulivo in un vero e proprio partito, secondo una logica bipolare. Noi diventiamo un partito e ci candidiamo ad ottenere la maggioranza alle elezioni, in modo da governare il paese per cinque anni. Il tutto condito da una retorica anglicizzante, dal “leader dello schieramento a me avverso” fino alla costituzione di un governo-ombra dopo la più che prevedibile sconfitta alle elezioni.
Ora però c’è una grossa differenza tra una coalizione e un partito. Una coalizione è un raggruppamento di partiti che si accordano su un programma condiviso ma limitato nel tempo. Abbiamo diversi esempi di coalizioni, soprattutto in Germania dove di volta in volta la maggioranza è frutto di un accordo politico tra partiti diversi. A questo proposito vorrei far notare che un accordo non è necessariamente un inciucio.
Un partito, invece, è un’entità che propone una visione condivisa della politica e degli obiettivi a breve, medio e lungo termine, cosa che il pastrocchio non è mai stato.
Nei primi anni di vita il pastrocchio si illudeva di tenere insieme cattolici integralisti, avventurieri vari (ogni riferimento ad Adinolfi è voluto e non casuale), la vecchia corrente di base della DC, i vecchi miglioristi del PCI, qualche socialista anticraxiano, una manciata di repubblicani e i seguaci di D’Alema. Con il risultato di non essere mai stato in grado di elaborare una propria vera proposta politica coerente, e dando l’impressione di trovare una ragion d’essere nel solo antiberlusconismo. Che l’antiberlusconismo fosse cosa sacrosanta è indubbio, ma non può e non deve essere l’idea fondante di un partito politico.
Nel corso degli anni poi il PD ha sicuramente perso dei pezzi che proprio non erano minimamente coerenti con il partito, ma d’altra parte ha finito per appiattirsi sui cosiddetti governi tecnici (il governo Monti un vero e proprio suicidio) pagandone il prezzo anche oltre gli obiettivi demeriti dei dirigenti. Per dire: la Meloni nel 2011 appoggiava il governo Monti e ne ha votato tutte le leggi, eppure non ne ha mai pagato il prezzo, cosa che invece ha fatto il pastrocchio democratico. E ci sarà pure un perché: la valutazione più semplice è che la Meloni non ci ha mai messo la faccia, mentre Bersani sì. Ma è una versione che mi convince solo fino a un certo punto. Mi convince già di più il fatto che il PD si sia proposto sempre in continuità con i governi tecnici, al di là del giudizio che se ne può avere, senza mai dare all’elettorato la sensazione di avere maturato una propria visione politica identitaria. Cosa che invece la destra e i grillini hanno fatto: criticabile fin che si vuole, populista fin che si vuole, ma una proposta c’era.
E qui ritorniamo al peccato originale: come può un partito nato senza un’identità e senza un’anima elaborare una proposta politica identitaria.