“Il signore delle formiche” (2022) di Gianni Amelio
Aldo Braibanti è uno scrittore di poesie e un drammaturgo, in passato partigiano e dirigente comunista, nel tempo libero studioso delle formiche che per lui rappresentano nella loro attività lavorativa il vero spirito socialista. Viene condannato per plagio nei confronti di un ragazzo con il quale ha una relazione osteggiata dalla famiglia, promotrice della causa. Siamo negli anni 60 tra l'Emilia e Roma, in una Italia ancora indietro nel riconoscere che il mondo è cambiato. Presentato a Venezia tre giorni fa, sino all'ultimo ero indeciso se andare a vederlo in quanto accanto a ottime recensioni della stampa diciamo mainstream come corriere e repubblica con meneghetti e crespi, ne ho letto delle altre, indipendenti, che non hanno trattato troppo bene il film, qualcuno si è persino spinto oltre considerandolo proprio un film brutto. La vicenda è terribile, la seconda parte decisamente prolissa, soprattutto quella del processo poteva essere abbreviata e con arringhe e interrogatori che abbiamo visto in quella forma un milione di volte, però la regia e soprattutto l'interpretazione di Lo Cascio meritano la visione. Anche la scena finale è convincente con l’attore esordiente Leonardo Maltese calatosi perfettamente nella parte del personaggio; ma la sequenza che ho apprezzato maggiormente è quella a metà film con i ragazzi della compagnia e Braibanti che provano una scena della rappresentazione teatrale.
Il signore delle formiche ***