Per capire la Bibbia bisognerebbe ragionare come ragionava chi l’ha scritta. Proviamo innanzi tutto a ragionare sull’anima.
Da “Breve storia dell'anima” di Gianfranco Ravasi
[[ Infatti, nonostante l’abitudine consolidata, il ricorso al vocabolo ebraico nefesh per designare l’anima è in verità insufficiente. Se consideriamo la ricchezza delle connotazioni, dei contenuti, delle funzioni che noi attribuiamo alla parola “anima” , dobbiamo riconoscere che è necessario andare alla ricerca di altri vocaboli biblici da allegare al discorso sull’anima. Così deve essere coinvolto anche il termina ruah, “spirito”, che è la condizione della nefesh e ne regola la forza.
Senza nefesh un individuo muore, ma senza ruah una nefesh non è un’autentica nefesh.
La ruah è allora un principio vitale, un’indispensabile energia vitale che sostiene la nefesh.
Ma è necessario convocare anche un’altra parola, leb, “cuore”; essa senza escludere l’aspetto emotivo-sentimentale, esprime in realtà la coscienza, la ragione, la volontà, la decisione, funzioni fondamentali della persona, da noi correlate all’anima. In sostanza nefesh è l’anima nella sintesi della sua totalità come si manifesta, mentre il “cuore” e l’anima nel suo valore interiore. La stessa basar, “carne”, che nella concezione greca è in netta collisione coll’anima, per la Bibbia è invece soltanto una specificazione dell’essere vivente e quindi anche della nefesh; è la nostra finitezza, la qualità esistenziale della creatura umana, fragile e limitata, diversa dalla sussistenza perfetta di Dio infinito ed eterno.
Significativa è questa comparazione tra la potenza umana, incarnata dall’Egitto e dalla sua poderosa cavalleria, e quella superiore divina: “l’egiziano è un uomo e non un Dio, i suoi cavalli sono carne (basar) e non spirito (ruah)” (Is. 31,3).
Anche la dichiarazione giovannea sul Logos, il Verbo divino si fa “carne”, va nella stessa direzione: l’Infinito e l’Eterno assumono lo statuto della “carne” umana, ossia la contingenza, la debolezza, la spazialità e la temporalità limitata (Gv 1,14).
La basar biblica non è, quindi, il “corpo” in senso stretto, ma è la rappresentazione dello stato della creatura umana in particolare e, più generalmente, di ogni vivente, quello di essere limitati, deboli, destinati alla fine.
In questa luce, anche gli organi non sono soltanto componenti fisiologiche, ma descrivono e sono metafore di funzioni dell’essere vivente e quindi anche dell’anima: il capo, il volto, gli organi interni (le viscere), il sangue. Persino le ossa diventano espressione dell’interiorità e sono messe in parallelo all’anima: “la mia nefesh-anima esulta nel Signore [….] e tutte le mie ossa dicono: Chi è come te, Signore? “(Sal 35,9-10).
La corporeità, anche nella sua parte più esteriore, è dunque per la Bibbia espressione di una struttura interiore ed è sempre protesa a definire l’io dell’uomo e la sua stessa realtà intrinseca. ]]
A mio avviso, continuando in questo senso è più facile comprendere chi ha scritto la creazione ed il senso del bene e del male attribuito a Dio ed all’uomo.
Mi piacerebbe arrivarci insieme a voi.
Ps. da considerare ruah con l'accento circonflesso sulla u; leb sulla e.