Amata Regina, devoti omaggi

Buongiorno Cono, gentile interlocutore che pazientemente segui e commenti le mie evoluzioni argomentative e i repentini cambiamenti da un tema all’altro per non annoiare i lettori.

Ti creo sofferenza spirituale se oggi anziché offrirti l’immagine ti segnalo un libro ?

E’ un saggio dell’antropologo e filosofo franco-statunitense René Girard, titolato “Il capro espiatorio” (edit. Adelphi), pubblicato alcuni anni fa ma ancora in commercio.

L’autore, cattolico (1923 – 2015) per “illuminare” il meccanismo psicologico della persecuzione e del sacrificio, esamina e interpreta come antropologo anche alcune parabole di Gesù ed episodi dei Vangeli, come Salomé, il rinnegamento di Pietro, i demoni di Gerasa.

La sua è un’ipotesi sul funzionamento sociale e culturale umano. Dice che uomini e donne usano anche le credenze religiose per le relazioni sociali.

Questa teoria tratta il livello emotivo e antropologico: gli individui riescono a gestire i conflitti emotivi incanalandoli in cerimonie e riti religiosi e culturali, oppure trasformandoli in racconti e narrazioni mitologiche.

Quando la rivalità diviene eccessiva, o insorgono paura e insicurezza, un sentimento di odio si diffonde tra le persone e tende a convergere minacciosamente su una sola vittima: è questa che Girard chiama capro espiatorio (un individuo o un animale) che deve pagare al posto di altri, non perché sia colpevole, ma perché la comunità non può trovare accordo se non unendosi contro qualcuno o qualcosa.

Il capro espiatorio svia la violenza del gruppo sociale canalizzandola su di esso: bersaglio non pericoloso, il suo assassinio non sarà vendicato, perché è reietto e nel contempo salvatore, con il suo sacrificio "lava" la comunità dalle sue colpe.

Girard trova l’origine del legame sociale nella menzogna del capro espiatorio e nella violenza della sua uccisione, cioè nella condivisione da parte del gruppo dell’assassinio di un innocente, capace di cementare il patto di convivenza tra i suoi membri.

Lo studioso evidenzia come il sacro, la religione ed i miti nascano dal processo vittimario che si scatena in momenti di grave crisi socio-economica di una comunità e che minano la solidità del gruppo umano.

Nei periodi in cui è messa a repentaglio la sua stessa sopravvivenza, come nella caso di una carestia o di una pestilenza, la tranquilla esistenza della collettività è sconvolta e gli individui, incapaci di fronteggiarla, vanno alla ricerca di uno strumento di ricomposizione della crisi, capace di rassicurare e riconciliare gli animi.

In questi casi, emerge sempre la stessa soluzione con le singole rivalità tra gli individui che degenerano velocemente dando vita ad un desiderio unanime e indifferenziato di vendetta.

Il “contagio” si diffonde nella comunità interessando anche le persone meno coinvolte.

La folla contagiata è pronta a seguire la prima indicazione di un colpevole additato da un leader per concentrare contro questo bersaglio tutto l’odio di cui è carica. La persecuzione può assumere tragiche dimensioni, come le guerre.

Ma cosa spinge la folla a scegliere questa o quella vittima? E perché non prova compassione per la sua sorte?

Analizzando singoli miti e una quantità di casi storici, Girard giunge alla conclusione che la folla in preda a frenesia sceglie le proprie vittime non in base a indizi di colpevolezza, ma di caratteristiche fisiche o situazionali che associa alla sacrificabilità del soggetto.

Nella dinamica del capro espiatorio non si ricorre al normale procedimento di incriminazione tipico del processo penale, ma si individua sommariamente qualcuno come portatore delle caratteristiche di un potenziale responsabile dei mali sofferti dalla collettività.

I capri espiatori hanno segni evidenti di diversità fisica o morale dal resto del gruppo. Possono avere un difetto fisico o psichico, oppure appartenenti a una diversa religione, com’è successo agli ebrei o agli eretici nel Medioevo e nel Rinascimento.

Il secondo elemento è la loro non necessità alla sopravvivenza del gruppo.

Scegliendo un soggetto con queste caratteristiche, la società cerca di sviare in direzione di una vittima relativamente indifferente, una vittima sacrificabile, una violenza che rischia di colpire i suoi stessi membri che invece intende proteggere.

Se gli individui riescono a convincersi che uno solo di loro è responsabile della crisi che scuote la collettività, se riescono a vedervi la macchia che li contamina tutti, distruggendo la vittima sacrificale crederanno di sbarazzarsi del loro male.

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