Vega hai letto il libro di René Girard: “Il capro espiatorio” ?

Questo autore afferma che il denominatore comune dei miti consiste in due transfert:

il primo, detto transfert di aggressività, consiste nella lapidazione o nell’espulsione della vittima, per avere in cambio un beneficio concreto per l’intera comunità che è la ricomposizione della crisi e la successiva pace (anche se temporanea);

il secondo, detto transfert di divinizzazione, consiste nella venerazione della vittima immolata da parte della comunità riappacificata, una venerazione giustificata dal potere conciliatorio del capro.

Se il transfert che demonizza la vittima è forte, la riconciliazione che ne consegue è improvvisa e rapida.

Le tregue conseguite con il meccanismo vittimario sono temporanee, di breve durata, per questo il ricorso al capro espiatorio è frequente e dà vita a una serie di violenze ininterrotte.

Secondo Girard è necessario l’intervento esterno di qualcuno che sia capace di svelare il processo vittimario rendendo i membri dei gruppi consapevoli del male commesso e della sua inutilità.

L’individuo che si incarica di far luce sul meccanismo vittimario deve essere un estraneo o un membro del gruppo che sia capace di essere arbitro al di sopra delle parti. Questo soggetto è, per Girard, il Cristo.

Questo antropologo offre una lettura importante del Cristianesimo, indicandolo come il punto di svolta culturale che porta una nuova visione del sacrificio perché svela l’innocenza della vittima.

Le società primitive erano strutturate in modo tale da non dubitare della colpevolezza e della vittima.

Nell’ebraismo e nel cristianesimo questa credenza sparisce perché la vittima è presentata come innocente: è questa la vera rottura tra l’universo mitico e quello ebraico-cristiano, la rivelazione del sistema del capro espiatorio. Ci mostrano una vittima contro la quale tutta la comunità si è riunita, ma che è una vittima innocente.

Secondo Girard “le tenebre” sono la metafora per indicare la condizione di accecamento della folla in preda a frenesia che non sa quello che fa. Ecco perché Cristo in punto di morte chiede perdono per i suoi aguzzini che non sanno quello che fanno: in quel momento sono incapaci di comprendere il male che stanno per commettere.

“Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”
(Luca, 23, 34).

Gesù descrive l’incapacità della folla scatenata di ragionare in modo razionale. I persecutori credono di “far bene” e sono convinti di agire per la verità e la giustizia, credono di salvare in tal modo la loro comunità.

I Vangeli gravitano intorno alla passione di Cristo, al dramma del capro espiatorio, della vittima.

I Vangeli respingono le persecuzioni,così facendo distruggono le culture che ne derivano.

Il potenziale delle rappresentazioni persecutorie diventa più debole se si individuano i meccanismi psicologici che sottendono al capro espiatorio.

Se questi meccanismi vengono resi noti perdono di efficacia, e l’individuo crederà sempre meno alla colpevolezza della vittima.

“Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me” (Gv 15, 18 e 20 – 25);

“Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine” (Lc 22, 37); ecc..

I persecutori odiano senza una causa ma non ne sono coscienti.

Nei salmi penitenziari le vittime urlano nel momento della loro persecuzione, i loro nemici li circondano e li colpiscono.