Roma, aristocratica e plebea
La celebre invettiva romanesca, “Li mortacci tua” , di solito viene detta con cattiveria quando si guida l’auto ed è rivolta verso un altro conducente che non rispetta il Codice della strada o per motivi di viabilità.
L’improperio, però, viene anche espresso con un sorriso per manifestare la propria sorpresa quando s’incontra un conoscente dopo tanto tempo: “Li mortacci tua !, come stai ?”
Nel “Liber pontificalis” si può leggere che nell'anno 545 quell’insulto venne usato contro papa Vigilio (pontificò dal 29 marzo 537 alla sua morte, nel 555) da persone a lui contrarie perché non aveva voluto accettare l’eresia monofisita.
Il monofisismo (dal greco “monos” (= unico) + “physis” (= natura) è il termine usato dalla teologia cattolica per indicare la forma di cristologia elaborata nel V secolo dall’archimandrita greco Eutiche, secondo la quale la natura umana di Gesù era inclusa in quella divina, perciò in lui era presente solo la natura divina.
Secondo il Liber Pontificalis, il 22 novembre dell’anno 545 mentre il pontefice stava celebrando la Messa in occasione della festa di Santa Cecilia nell’omonima basilica nel rione Trastevere, il legato imperiale Antimo, impose al pontefice di mettersi immediatamente in viaggio per Costantinopoli su ordine dell’imperatore bizantino Giustiniano. Il papa fu condotto sull’imbarcazione nel fiume Tevere, ormeggiata nel porto fluviale di Ripetta.
Le tante persone presenti alla scena, non sapendo il motivo dell’urgente trasferimento papale, anziché reagire uniti per difenderlo si divisero per opinioni diverse, chi lo compiangeva e chi lo malediceva, perché in quel periodo Roma era assediata dai Goti di Totila e tutta la popolazione versava nella miseria. Molti pensarono che quella di Vigilio fosse una fuga dalla difficile situazione in città.
Chi lo insultava gli gridava: “Male fecisti Romanis, male invenias ubi vadis!” (= Hai fatto del male ai cittadini di Roma, che tu possa trovare il male dove ora vai!). E aggiungeva: “Mortalitas tua tecum pro te” (Tutti i tuoi morti con te e per te!). Da questa frase deriva quella più concisa: “mortacci tua”.
Papa Vigilio non rivide più Roma, Durante il viaggio di ritorno da Costantinopoli morì a Siracusa il 7 giugno dell’anno 555.
A complemento dell’ingiuria c’è da aggiungere un’altra frase, ormai in disuso, in dialetto romanesco o romano: “Mortacci tua, e de tu' nonno in carriola. . ., con riferimento agli anziani ricoverati nelle corsie ospedaliere o nelle ali aggiunte durante le epidemie, quando non era possibile curare tutte le persone e non si poteva avere sempre un posto letto. Ma i malati non venivano collocati nelle carriole: erano sedie con ruote, sulle quali venivano adagiati i corpi di vivi o morti..
elemosiniera nella chiesa di Santa Maria Portae Paradisi, in via Ripetta, Roma
Gli anziani che non potevano essere assistiti dai loro familiari venivano portati negli “spedali”. Ricevevano cure palliative, un po’ di cibo, ma sostanzialmente erano parcheggiati in attesa di morire.
Da aggiungere che a Roma e in altre zone del Lazio quando tuona durante i temporali i bambini, specie nel passato, chiedono “Mamma, cos’è questo rumore?”, e la madre risponde: “Nonno in cariola!” (a Roma si pronuncia con una sola “r”).