Gentile Cono, mentre gli altri convitati del forum pensavano al tuo modo di trascorrere le festività natalizie tra regali, canti, balli, coriandoli e cotillons, io ti ho immaginato in continui “banchetti comunitari” con i tuoi confratelli cristiani, impegnati in preghiere e con opere di carità: questa virtù teologale consiste nell’amore verso Dio, nell’aiuto agli altri.
A me, arido, il sostantivo “carità” evoca il sostantivo greco “àgape” = amore, di tipo fraterno, ma allude anche al convito, al banchetto comunitario nei primi secoli dell’era cristiana per commemorare l’ultima cena di Gesù con gli apostoli e la celebrazione eucaristica.
Il filosofo e apologeta cristiano Tertulliano nell’Apologetico (cap. 39) descrive il banchetto comunitario a lui noto nel III secolo. La modalità era simile a quella degli Ebrei la sera del venerdì: cominciava con la benedizione del pane da chi presiedeva la mensa, poi lo distribuiva ai commensali; seguivano altri cibi e si concludeva con un’altra benedizione e la bevuta del vino.
Invece nel banchetto conviviale cristiano il pane e il vino venivano ugualmente benedetti, ma consacrati in memoria del corpo e del sangue di Gesù, la sua morte e resurrezione. Questa parte del rituale era detta “eucharistia”, seguita dalla preghiera di lode e di ringraziamento a Dio.
Il lemma “àgape” è presente 320 volte nel Nuovo Testamento redatto in lingua greca antica nel IV secolo (Vulgata) e tradotto in latino con il sostantivo “caritas”, utilizzato dai filosofi neoplatonici cristiani come amore spirituale, superamento dell’eros.
Eros e àgape: i due modi complementari di intendere l'amore:
eros, come desiderio di possesso, di inglobare l'altro nell'io;
àgape, come dono disinteressato, andando oltre sé stessi.
Dal latino càritas deriva il sostantivo “carità”, e con questa ti voglio dilettare offrendoti alcune attinenti immagini. Successivamente, in altro topic, con “maestria narrativa”, e tra campi lunghi e primi piani, ti regalerò parole e immagini riguardanti la “carità romana”.
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