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Iliade libro XI (Monti)
Apparecchiava intanto una bevanda
La ricciuta Ecaméde. Era costei
Del magnanimo Arsínoo una figliuola
Che il buon vecchio da Tenedo condotta
Avea quel dì che la distrusse Achille,
E a lui, perchè vincea gli altri di senno,
Fra cento eletta la donâr gli Achivi.
Trass’ella innanzi a lor prima un bel desco
Su piè sorretto d’un color che imbruna,
Sovra il desco un taglier pose di rame,
E fresco miel sovresso, e la cipolla
Del largo bere irritatrice, e il fiore
Di sacra polve cereal. V’aggiunse
Un bellissimo nappo, che recato
Aveasi il veglio dal paterno tetto,
D’aurei chiovi trapunto, a doppio fondo,
Con quattro orecchie, e intorno a ciascheduna
Due beventi colombe, auree pur esse.
Altri a stento l’avría colmo rimosso;
L’alzava il veglio agevolmente. In questo
La simile alle Dee presta donzella
Pramnio vino versava; indi tritando
Su le spume caprin latte rappreso,
E spargendovi sovra un leggier nembo
Di candida farina, una bevanda
Uscir ne fece di cotal mistura,
Che apprestata e libata, ai due guerrieri
La sete estinse e rinfrancò le forze.
vv 623-640 del testo greco
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