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La seconda sala ripercorre in sintesi la storia del ritratto femminile nell’arte greca e romana, mostrando la grande varietà delle acconciature scelte dalle donne antiche. E’ un excursus tra la ritrattistica di età classica e quella di età imperiale, consente di seguire la metamorfosi della capigliatura nell’antichità sino alle acconciature ai limiti dell’eccentricità delle imperatrici della dinastia Flavia che alle trecce preferirono un diadema di boccoli “a cavatappi”, come appare nella “Testa Fonseca” custodita a Roma nei Musei Capitolini.
La terza sala mostra la liberazione dei capelli delle donne, raggiunta nel XV secolo anche grazie al prestigio dei modelli classici. C’è il revival delle pettinature antiche nelle sculture del XV secolo: alternanza tra capelli raccolti e ciocche liberate sull’esempio della Venere di Botticelli.
La quarta sala propone un doveroso e inevitabile confronto con le acconciature maschili, che non meno di quelle femminili, furono nel Rinascimento il prodotto del recupero di modelli classici combinati con sensibilità più moderne.
Il dittico attribuito agli scultori rinascimentali Vincenzo e Gian Girolamo Grandi, affianca al profilo maschile con ricci, abbinato alla barba ispirato ai ritratti degli imperatori romani Adriano e Antonino Pio. Lunghi e indomabili invece sono portati con fiera spavalderia i capelli celebrati dal modello nel Ritratto di musico di Tiziano.
La quinta sala ripercorre l’interesse di Michelangelo Buonarroti per la raffigurazione dei capelli femminili, in particolare i disegni con le cosiddette “teste divine” e la ripresa dall’antico con i suoi studi sul mito di Leda, il virtuosismo con le trecce, come nel doppio ritratto di Cleopatra.
Anche Leonardo da Vinci ha ideato capigliature molto elaborate, in particolare nella raffigurazione di Leda.
La sesta sala: l’attenzione si sposta su alcune protagoniste della moda rinascimentale: Lucrezia Borgia, evocata dal ricciolo biondo da lei donato a Pietro Bembo, racchiuso come in un reliquiario in una teca della Biblioteca Ambrosiana, a Milano; la poetessa Vittoria Colonna, amica di Michelangelo, famosa per i suoi capelli sciolti; la marchesa di Mantova, Isabella d’Este; la duchessa di Firenze, Eleonora di Toledo, con i capelli trattenuti in voluminose acconciature.
L’espressività delle acconciature nella ritrattistica ufficiale, evidenzia come le stesse donne le abbiano utilizzate per proporre valori culturali e modelli di comportamento.
I sorprendenti ruoli delle acconciature nel Rinascimento. Lontane dall’essere solo preoccupazioni cosmetiche femminili o semplici curiosità da artista, le acconciature devono essere considerate i legami di una cultura, quella rinascimentale, dove le credenze morali, sociali, religiose e fisiologiche si intrecciarono, rafforzandosi a vicenda.
Dopo un salto di due secoli, che corrispondono all’epoca barocca e rococò, contraddistinta dalle parrucche, il ritorno alla naturalezza degli antichi.
La settima sala, dedicata all’attenzione mostrata dal cinema per le acconciature femminili, antiche e moderne.
L’ottava sala documenta come l’acconciatura di Faustina – filo rosso della mostra – abbia continuato a esercitare grande fascino anche nell’età neoclassica e, in particolare, nella ritrattistica di Antonio Canova. Nelle straordinarie acconciature, il famoso scultore, come documentano i suoi disegni di studio dall’antico, riannoda, con una nuova sensibilità moderna le trecce di Faustina.
In mostra ci sono due teste in gesso di Antonio Canova. Lo scultore aveva ideato una personale rielaborazione dell’acconciatura di Faustina, con trecce composte che lasciavano liberi alcuni riccioli sulla sommità del capo, in nome di una seduzione accennata.
C'è da dire, infine, che la mostra invita a un’interessante lettura sociologica diacronica sul ruolo dei capelli, come emblema della bellezza, virtù e potere.
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