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Caro Cono, imperfetto Adamo, perciò peccatore, le parole che mi dici hanno come palinsesto la Bibbia e come liturgia i sacramenti.
Per Heidegger la morte è la trasfigurazione di un tema cristiano, secondo il quale la vera vita inizia con la morte, la vita eterna dopo la morte. Ma più interessante è un secondo significato del tema, sempre in ambito cristiano: l'idea apparentemente paradossale del Vangelo che fa iniziare la vera vita con la rinuncia ad essa, pensa ai martiri cristiani del passato che felici andavano incontro alla morte. Perdere la vita significa ritrovarla nella vita eterna promessa.
Vera vita che nel pensiero greco s'intende vita filosofica, e che Platone nel “Fedone” definisce come una preparazione alla morte.
Quindi una tradizione filosofica autorevole, che parte da Platone e finisce con Heidegger, passando per il Vangelo. Vedi “Fenomenologia dello Spirito" di Hegel.
Filosofia che non è necessariamente metafisica. La filosofia “s’incarna” nella prassi etica meditando sull'orizzonte temporale della morte, itinerante nel suo viaggio che ha un inizio e una fine, incluso lo scopo racchiuso nel medesimo viaggio. Ma il ciclo della vita e della morte rigetta l'appiattimento metafisico e riporta il non essere alla rivelazione epicurea: mentre ci siamo la morte non c'è.
Conserviamoci in buona salute, rispettando l'orizzonte temporale che l'evoluzione ci ha concesso, senza riempire il tempo dato con insensate malinconie.
p. s. Tieni sempre presente che “… si scrivono libri e libri senza fine ma il molto studio debilita il corpo”; dal biblico Qohelet/Ecclesiaste (12,12). 
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