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Discussione: Joey

  1. #1
    Opinionista L'avatar di Ninag
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    Joey

    Capitolo 1

    L’autunno stava finendo e l’inverno era ormai alle porte.
    Quell’aria vagamente natalizia aveva già invaso le strade e il rosso delle vetrine aveva quasi preso il sopravento sui colori autunnali.
    Con passo veloce Joey superava i passanti senza guardarli, l’unica cosa che le interessava era arrivare presto.
    Da qualche mese aveva preso l’abitudine di passare i suoi pomeriggi liberi al Gambero blu, un caffè letterario sorto da qualche anno nella sua città, era stata una sua amica a invitarla, lei aveva pensato si trattasse di uno di qui posti noiosi in cui la gente fa sfoggio di eloquenza, anche se questo poteva capitare, non era un’abitudine.
    La cosa che le piacque era la familiarità che si percepiva. L’area bar era quasi sempre affollata di persone che entravano a prendere il caffè, specie al mattino, mentre al pomeriggio alcuni sorseggiavano gli aperitivi.
    La cosa in assoluto che preferiva era la sala interna, i tavolini ricolmi di libri, come le mensole, le comode poltrone rivestite di morbido tessuto dall’aria vissuta, profumate di pulito che la facevano sentire a casa.
    Casa, per Joey era una grossa parola, si era trasferita da pochi mesi in città e ancora faticava a orientarsi.
    Tutti quei locali pieni di luce e di musica non facevano per lei.
    Il suo lavoro di consulente commerciale la impegnava per parecchie ore e la sera aveva voglia di rilassarsi.
    Quando Susy la sua vecchia compagna di scuola l’aveva chiamata per proporle quel lavoro, l’aveva colta di sorpresa, Joey aveva sempre lavorato con i suoi genitori, ma ormai l’azienda di famiglia era stata venduta e lei si era trovata a quarant'anni anni senza lavoro, per fortuna aveva messo da parte qualcosa e questo l’aveva aiutata nella sua decisione.
    Quando parlò ai suoi genitori di quella proposta loro le parvero entusiasti, per un attimo penso che forse volessero liberarsi di lei.
    Nel giro di una settimana si ritrovò ad abitare in una nuova città, da sola in una piccola casa nuova, regalo dei suoi genitori.
    La casa era davvero minuscola, grazie a Susy riuscì a sistemarla in un fine settimana, il lunedì avrebbe iniziato il suo nuovo lavoro. In realtà lei faceva le stesse cose che aveva sempre fatto per la ditta dei suoi genitori, si occupava dei clienti e delle loro esigenze. I giorni passano più veloci di un treno in corsa e settembre che l’aveva vista arrivare spaesata nella città, era quasi un ricordo sbiadito.
    Da tempo non aveva più relazioni sentimentali, aveva deciso che stava meglio da sola, ma Susy non ne era convinta e aveva iniziato il tour delle conoscenze maschili.
    Spesso erano inviti a cena, a sorpresa, Susy diceva che era il compleanno o l’onomastico di qualcuno, e che doveva assolutamente partecipare alla festa, con tono leggero asseriva che sarebbero stati soli, anzi quattro gatti.
    I quattro gatti di Susy erano spesso una ventina di persone, di cui lei non sapeva assolutamente nulla e inevitabilmente finiva su una poltrona nascosta dietro un bicchiere di plastica a sorseggiare un qualcosa che non si sapeva mai bene cosa fosse; spesso era Il tanto decanto cocktail di Jonny, il suo fidanzato, lui era un tipo cordiale, gentile e sempre disponibile, ma i suoi cocktail erano davvero orribili.
    La città di Charlotte era piuttosto vivace soprattutto per lei che era vissuta in piccolo centro come Simposonville dove la cosa più eccitante era andare in chiesa la domenica mattina. Charlotte non era una metropoli, ma era la più grande della Carolina.
    La città era ben organizzata e curata e questo le piaceva, anche i grandi market in cui fare acquisti avevano un loro fascino.
    A volte si annoiava e terminato il lavoro si ritrovava a fissare le pareti, rimpiangeva talvolta la calma quiete della casa dei genitori, il the con suo padre, che aveva lontane origini inglesi, per lui era una rituale quasi quotidiano, dal momento che la ditta e la casa erano vicinissime.
    Quando il padre aveva venduto il negozio di mobili lei aveva provato una certa delusione, ma d’altro canto non aveva mai pensato di diventare proprietaria dell’azienda.

  2. #2
    Opinionista
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    Bel racconto, mi piace !

    Ninag ha scritto
    I giorni passano più veloci di un treno in corsa e settembre che l’aveva vista arrivare spaesata nella città, era quasi un ricordo sbiadito.
    Da tempo non aveva più relazioni sentimentali, aveva deciso che stava meglio da sola, ma Susy non ne era convinta e aveva iniziato il tour delle conoscenze maschili.
    La solitudine costringe l’individuo ad accettarsi, a vivere nel presente. Ma la solitudine può essere deserto o giardino.

    E’ deserto quando si ha la sensazione di una condizione di isolamento, di vuoto esistenziale. Il grande bisogno di affetto, di essere compresi, motiva a cercare cordiali rapporti con gli altri, l’amicizia, l’amore, anche senza darsi il tempo necessario per riflettere.

    Tre versetti dell’Ecclesiaste (4, 9 – 12):“Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto”.

  3. #3
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Meraviglioso! Bravo Doxa. E brava Nina, bel racconto.
    amate i vostri nemici

  4. #4
    Opinionista L'avatar di Ninag
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    Grazie . Anche per la citazione.

  5. #5
    Opinionista L'avatar di Ninag
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    Seguito
    La ditta era stata fondata da suo nonno in tarda età e suo padre ne era diventato il proprietario suo malgrado, egli era solito dire che era stato costretto, che non aveva avuto scelta. Joey le diceva che nessuno è obbligato a fare nulla, forse le sue parole avevano convinto i genitori che lei non gradisse avere l’impegno della ditta.
    In cuor suo lei sapeva bene che non avrebbe voluto una simile responsabilità, ma quando i genitori le annunciarono di aver venduto, si era sentita tradita.
    Era passato quasi un anno dalla vendita dell’azienda e quei ricordi le apparivano lontani come se non le appartenessero.
    Ormai divideva la sua vita in prima e dopo Charlotte. I giorni a Charlotte non erano poi così diversi da quelli vissuti a Simposonville, ma la scoperta del Gambero blu l’aveva convinta che era valsa la pena lasciare la sua piccola città.
    Entrando nel caffè si accorse che c’era poca gente, un po’ ne rimase delusa, ormai aveva iniziato a conoscere i più assidui.
    Costoro erano soliti decidere quali libri leggere, spesso si trattava di un best seller tanto pubblicizzato e poi discuterne insieme. Il gruppo era composto dalle persone più svariate, alcuni erano docenti delle scuole locali, alcuni forse erano poeti, due erano scrittori che avevano raggiunto una certa notorietà, ma nessuno si ergeva al di sopra degli altri, forse qualcuno era un po’ snob, la maggior parte erano buoni conversatori e grandi lettori.
    Talvolta si parlava dei grandi classici, uno in particolare, Tom, lui odiava Kafka.
    La cosa un po’ le dispiaceva perché lei adorava kafka con il suo Gregor, spesso si era chiesta il significato di quel racconto, e se questi non fosse altro che la raffigurazione dell’uomo moderno con la sua incapacità di comunicare. Cos’era poi l’uomo moderno era ancora da stabilire. Ogni generazione si diceva moderna rispetto alla precedente e questo non aiutava certo a dipanare la matassa. Tom era un simpatico conversatore e dissacratore di miti letterari, fu lui che le parlò di Celine, altro autore di difficile comprensione.
    A Joey piaceva molto stare in mezzo ai libri, aveva amato i libri fin da bambina, aveva sempre letto tantissimo e al Gambero blu si sentiva come un pesce nell’acqua, quello era il suo ambiente.

  6. #6
    Opinionista L'avatar di Ninag
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    Uno dei poeti che non si vedeva spesso era Walter, o come lo chiamavano tutti Wal, nessuno aveva letto le sue poesie, ma si diceva che fossero davvero interessanti.
    Una mattina mi regalò uno dei suoi libri di poesie, ne fui davvero felice, non mi aspettavo un simile pensiero, lui era come un uomo di altri tempi, gentilissimo e garbato, aveva sempre l’aria di essere da un’altra parte, ma si univa volentieri alle nostre interminabili disquisizioni letterarie.

    Capitolo 2
    “Sei in ritardo!” Disse ridendo Lena.
    “Scusami, ancora non sono abituata a queste distanze, ho calcolato male i tempi”.
    “Già! Sono tutti pronti, spero che tu abbia finito il libro altrimenti faremo una brutta figura.” Disse Lena, guardandomi senza sorridere. Il suo commento mi era sembrato inopportuno, ma mi limitai a una specie di mugugno.
    Lena scoppiò in una risata e guardandomi disse "Sto scherzando!”.
    Rise ancora un po’ e questo forse mi diede ancora più fastidio.
    Essere oggetto di scherzi mi pareva poco rispettoso nei miei confronti, o forse ero io poco incline allo scherzo.
    Il gruppo era già seduto intorno a un tavolo di legno chiaro, non verniciato, sui piedi del tavolo vi erano i segni del tempo,
    forse anche le tracce lasciate da un gatto che vi si era affilato le unghie.
    Eravamo tutti seduti e Max aveva iniziato a parlare del testo, in verità mi stavo un po’ annoiando,
    la sua disquisizione tecnica si discostava parecchio dal mio entusiastico commento.
    Max chiese ai presenti di confermare o smentire le sue osservazioni, quando l’arrivo di un astante ci fece voltare tutti.
    “Bhe, brutti ceffi, sempre intenti a criticare gli scritti altrui!” Esclamò sorridendo.
    “Frank!” Esclamò Lena.” Da quando sei tornato?”
    “Due ore e dieci minuti e sette secondi, anzi otto per essere precisi.” Il suo commento suscitò un l’ilarità generale.
    Non avevo mai visto Frank e non sapevo chi fosse, ma tutti parevano conoscerlo molto bene, Lena poi gli si era appiccicata, quasi come una conchiglia e non si staccava da lui.

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