«Questa mattina ho fatto colazione, da sola, con pane e marmellata e una tazza di latte». Può esserci una frase più innocente? Pare di no. Eppure, questa frase non è per nulla innocente.
«Mattina» ha qualcosa che fare con la Mater Matuta (l’etimo è più evidente nell’aggettivo «mattutino»), antica dea latina dell’aurora. Il primo tempio a lei dedicato, racconta la storia leggendaria, fu istituito da Romolo in persona. Ogni volta che diciamo «mattina» o «mattino» evochiamo dunque, inconsapevolmente, una dea sepolta nella nostra memoria culturale. Ma non basta.
«Marmellata» è una parola portoghese (da «marmelo», ossia «mela cotogna»); e già che ci sono ricordo che, secondo le leggi italiane, il termine «marmellata» è riservato alle sole conserve di agrumi; le altre si chiamano «confetture».
«Tazza» è una parola araba («ṭāsa»).
«Colazione» è parola latina che però ci arriva attraverso il francese «colation», da «collatio» ossia il radunarsi per mangiare insieme – quindi fare colazione da soli è un ossimoro: «mi sono radunato da solo».
«Latte», come il latino «lactis» e il greco «γάλα», secondo molti studiosi è parola onomatopeica, legata al «glu glu» infantile.
«Pane» è legato a un’antica radice, «pa», che in sanscrito significa in realtà «bere», ma che sembra estendersi a tutto ciò che può essere messo in bocca per nutrirsi (vedi anche «pasto, pascolo», forse addirittura anche «padre»).
Insomma: nella nostra colazione c’è un’intera civiltà che si muove, che si agita, che bussa alle porte della nostra memoria.
Buon Ferragosto.