
Originariamente Scritto da
doxa
La libertà di espressione al tempo dei social.
“Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente.”
Questa frase, erroneamente attribuita allo scrittore e filosofo Voltaire, è tra le più celebri in fatto di libertà di espressione. Racchiude il principio del diritto inalienabile dell’essere umano all’autonomia del pensiero. Ma afferma anche il diritto, non meno importante, di esternare liberamente la propria opinione, ma senza danneggiare gli altri.
Non è stato facile giungere a questo ambìto traguardo. La censura, il confino, l’internamento, i roghi in piazza, l’esilio, la tortura sono solo alcuni esempi di come i poteri costituiti hanno messo a tacere (a volte in maniera definitiva) le voci fuori dal coro.
È semplice condannare la "santa Inquisizione", le leggi-bavaglio, l’omertà mafiosa e tutte le negazioni del diritto di autodeterminazione tipiche dei regimi dittatoriali.
Non è altrettanto semplice, però, difendere ogni singola espressione di pensiero e di parola in un tempo in cui tutti possono frequentare i mezzi di socializzazione di massa e accadono casi di suicidio dovuti al cyberbullismo.
Che succede quando il mio “libero” pensiero risulta deleterio per gli altri o minaccia i diritti di terzi?
Insultare pubblicamente una persona, commentando i suoi post o creando dei contenuti che puntino a tale scopo, non è una forma di libertà di espressione ma una grave mancanza di rispetto. Non abbiamo alcun diritto di offendere, denigrare e infamare gli altri. La mia libertà di espressione deve sempre rapportarsi al dovere, assoluto e categorico, di rispettare il prossimo.
Per esempio io, predico bene ma razzolo male. Spesso in modo scherzoso e senza malizia prendo in giro Cono per la sua fede e le sue convinzioni. Lui benevolmente e cristianamente mi sopporta ma non so se si offende, spero di no.


