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Discussione: Arte a Ferrara

  1. #1
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    Arte a Ferrara


    Benvenuto Tisi da Garofalo, detto il Garofalo, Sacra Famiglia, olio su tavola, 1525-30 circa, Francoforte sul Meno, Städel Museum

    Caro Cono, diacono emerito, se nel periodo natalizio hai un giorno libero dalle incombenze parrocchiali ti consiglio di andare a Ferrara per “pascerti” la vista nel Palazzo dei Diamanti. In questo bell’edificio fino al 16 febbraio puoi vedere la mostra “Il Cinquecento a Ferrara”, a cura di Vittorio Sgarbi ed altri. .

    Il Cinquecento a Ferrara fu una stagione pittorica dove antico e moderno, sacro e profano, storia e fiaba si fusero in un mondo figurativo.

    Nel 1496 la scelta del duca Ercole I d’Este di ingaggiare Boccaccio Boccaccino (figlio del ricamatore di corte, Antonio de Bochacis) indica l’apertura della corte estense ai nuovi linguaggi pittorici.

    All’inizio del ‘500 a Ferrara si sviluppa una nuova scuola, che ha come protagonisti quattro maestri di pittura: Ludovico Mazzolino, Giovan Battista Benvenuti detto Ortolano, Benvenuto Tisi detto Garofalo e soprattutto Giovanni Luteri detto Dosso Dossi. Erano pittori che accettavano gli influssi pittorici di altre artisti rinascimentali.

    Benvenuto Tisi, detto Garofalo (1476 circa – 1559) lavorò alla corte degli Este. Il soprannome Garofalo deriva dal nome del paese in cui forse nacque e lui stesso occasionalmente firmava i suoi quadri con il disegno di un garofano. Nel 1495 lavorò a Cremona sotto la direzione di Boccaccio Boccaccino, che gli fece conoscere lo stile cromatico veneziano. Per committenti ecclesiastici o confraternite realizzò numerosi dipinti, in particolare ispirati dalla “Sacra famiglia”.

    Giovanni Luteri, detto Dosso Dossi (1486 – 1542). Il soprannome Dosso, forse gli deriva dal nome di una piccola proprietà di famiglia nel territorio mantovano, Dosso Scaffa (ora nota come San Giovanni del Dosso), situato tra Mirandola, Quistello e Revere.
    Dipingeva temi religiosi, allegorici, epici, mitologici, per esempio “Maga Circe”, dipinta nel 1525, il duca Ercole II d’Este, ritratto da Dosso come Ercole tra i pigmei nel 1535, un anno dopo la sua elezione a quarto duca di Ferrara Modena e Reggio: i pigmei sono vestiti come lanzichenecchi, quasi a simboleggiare la sua ascesa politica.

    Ludovico Mazzolino (1480-1528) orientò il suo linguaggio in senso anticlassico, guardando alla pittura di Ercole de’ Roberti e alle incisioni tedesche, di Martin Schongauer e di Albrecht Dürer.
    Pur conoscendo la pittura veneziana e quella di Raffaello Sanzio, la sua arte era animata da accenti visionari. Realizzò numerosi dipinti destinati al collezionismo privato: raffigurano scene profane, gremite di personaggi dai tratti fisionomici anche grotteschi.

    Giovan Battista Benvenuti, detto l’Ortolano (1480 circa – 1525 circa), il soprannome gli derivò dal mestiere del padre, curatore di “orti” (= di giardini, forse). Del Benvenuti si sa poco, né la data di nascita, né quella di morte, né il luogo in cui visse o si formò. Questo pittore è conosciuto solo tramite le sue opere, caratterizzate dalla resa del paesaggio, ispirate dal Giorgione. Realizzò numerose pale d’altare e quadri destinati alla devozione privata d’ispirazione raffaellesca.

    Il suo capolavoro è la “Pala dei tre Santi”


    San Sebastiano legato al palo della tortura; ai lati san Rocco e san Demetrio. Questa pala d’altare fu realizzata nel 1520. Era nella parrocchiale di Bondeno (prov. di Ferrara) oggi è a Londra nella National Gallery.

    Prima di concludere voglio segnalarti l’ultimo libro pubblicato da Vittorio Sgarbi: “Natività. Madre e figlio nell’arte”, edito da “La nave di Teseo”, pp. 372, euro 24.

    Ti consiglio di acquistarlo. Fatti un regalo per Natale.

    L’autore racconta l’antica rappresentazione del legame tra la Madonna e un Gesù più o meno Bambino, includendo nel racconto il prima (l’Annunciazione e la Concezione) e il dopo (la Passione).

    Mettendo in scena la Natività gli artisti hanno saputo rendere evidente la presenza del divino nella realtà umana: “la semplicità degli affetti tra la Madre e il Bambino, in Giotto come in Pietro Lorenzetti, come in Vitale da Bologna, come in Giovanni Bellini, come in Bronzino, come in Caravaggio”, ha scritto Sgarbi.

    Il soggetto è la vita, e la maternità è la più umana delle condizioni, che nella Natività diventa un fatto religioso e determina il destino di quel bambino e dell’umanità che trova la sua salvezza in quel neonato.

    “Maria nell’atto della maternità non è una maestà lontana, in trono, che tiene in braccio un bambino che è già divino: è semplicemente, nella maggior parte delle rappresentazioni, una mamma con il figlio. Per questo la maternità di Maria non è un tema religioso ma un tema umano”.
    Ultima modifica di doxa; 14-12-2024 alle 19:35

  2. #2

    Piango perché ti rivolgi solo a cono, come se noi tutti (io, in particolare) non esistessimo o fossimo inapaci di apprezzare quanto scrivi.
    Mi reputo profondamente offeso.
    Pe' tigna, anche se non sono destinatario del post, leggo, rileggo, prendo nota e apprezzo.
    E non ti do la dritta dove mangiare in maniera indimenticabile in quel di Ferrara.
    (Ne ho frequentato gli stabilimenti chimici spesso)

  3. #3
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    Gentile Carlino, scusami, ma non sentirti "offeso".

    Ti ricordi quel detto "io parlo a nuora affinché suocera m'intenda ?"

    Cono lo sa che il suo nick mi serve come pretesto per cominciare il primo post nel topic

    Ormai è abituato. Invece cominciare dedicandolo a uno dei vostri nick può rendervi perplessi.

    Oggi ti dedico questo post argomentando sul trompe-l’oeil, il “gioco” illusionistico dove il confine tra realtà e falsità è quasi impercettibile, un tema classico nella storia dell’arte.

    "Trompe l'oeil", significa far apparire vero ciò che non lo è: attraverso accorgimenti cromatici e prospettici, l'opera diventa un frammento della realtà. È una rappresentazione pittorica che, dall'antichità ai nostri giorni, ha sedotto pittori e spettatori.

    Un esempio, la sfida tra Zeusi e Parrasio: si narra che nel 400 a. C. circa, ci fu la disputa tra i due artisti greci nel cosiddetto periodo classico. Erano due eccellenti pittori, famosi per i loro dipinti illusionistici.

    I due si sfidarono in una gara di pittura per stabilire chi fosse il più bravo. Dopo aver completato le proprie opere, gli artisti si ritrovarono nella piazza pubblica con i dipinti celati da un drappo, pronti a farsi giudicare.

    Zeusi fu il primo a rivelare il proprio lavoro: dell'uva dipinta con tale perizia che alcuni passerotti cominciarono a svolazzare intorno al quadro cercando di beccare gli acini. Zeusi, soddisfatto per la prova chiese allora a Parrasio di svelare il suo dipinto e di sollevare il drappo rosso che lo copriva.

    Ma Parrasio rispose che non ce n'era bisogno, perché il suo quadro non era mai stato coperto. Fu grande la sorpresa di Zeusi nel constatare che il dipinto del rivale era la raffigurazione del drappo stesso. La vittoria fu quindi attribuita a Parrasio, poiché nonostante il suo avversario avesse ingannato degli uccelli, a lui era riuscito di ingannare l'occhio di un artista.

    Lo stile Barocco usò il trompe-l’oeil per raccontare la vanità del tempo, ma il ‘700 fu il secolo del trompe-l’oeil. Questo divenne un genere favorito, con una produzione particolarmente ricca in Francia, nella pittura come nelle arti applicate, di cui danno esempio le porcellane di Sèvres, con zuppiere a forma di cavolo, cioccolatiere che fingono superfici in legno con sopra inchiodati dipinti, piatti con decori illusionistici di cozze e ostriche. In quell’epoca ebbe successo il genere del “verre brisé”, con opere che fingono la rottura del vetro in superficie.

    Un altro esempio

    Henri Cadiou, La Déchirure, 1981

    Il pittore francese Henri Cadiou (1906 – 1989) fu il fondatore del movimento artistico “Trompe-l’oeil/realtà”.

    Questo genere artistico è anche esperimento di ricerche ottiche, paradossi, deve costringere lo spettatore a dubitare della propria prima visione, deve cercare di capire dove sia il trucco, il tranello, l’inganno.

  4. #4
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Doxa, la mostra a Ferrara deve essere molto bella, ma io non sopporto Sgarbi : certo, è un grande conoscitore d’arte, ma nella vita, anche politica, da evitare assolutamente.

  5. #5
    Sovrana di Bellezza L'avatar di ReginaD'Autunno
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    Non l'ho mai visto questo pittore che assomiglia un pò a Magritte...
    Ma li adoro entrambi, vista l'opera che proponi!
    Corteggiata da l'aure e dagli amori, siede sul trono de la siepe ombrosa, bella regina dè fioriti odori, in colorita maestà la rosa CLAUDIO ACHILLINI

    La regina del sud sorgerà nel giudizio. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone (Matteo 12:42)

  6. #6
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    Ciao Folle, bentornata tra noi !

    Si, hai ragione, anch'io non riuscirei a sopportarlo. Ma col suo carattere è lui che non sopporterebbe noi

    La malattia l'ha invecchiato precocemente, anche la sua voce è diventata più bassa.

  7. #7
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Ciao Doxa!

    Non è la sua vecchiaia che mi disturba (d'altronde Augias è pure anziano, ma sempre interessante nel suo pacato modo di porsi), ma proprio la sua aggressività.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio

    Benvenuto Tisi da Garofalo, detto il Garofalo, Sacra Famiglia, olio su tavola, 1525-30 circa, Francoforte sul Meno, Städel Museum

    Caro Cono, diacono emerito, se nel periodo natalizio hai un giorno libero dalle incombenze parrocchiali ti consiglio di andare a Ferrara per “pascerti” la vista nel Palazzo dei Diamanti. In questo bell’edificio fino al 16 febbraio puoi vedere la mostra “Il Cinquecento a Ferrara”, a cura di Vittorio Sgarbi ed altri. .

    Il Cinquecento a Ferrara fu una stagione pittorica dove antico e moderno, sacro e profano, storia e fiaba si fusero in un mondo figurativo.

    Nel 1496 la scelta del duca Ercole I d’Este di ingaggiare Boccaccio Boccaccino (figlio del ricamatore di corte, Antonio de Bochacis) indica l’apertura della corte estense ai nuovi linguaggi pittorici.

    All’inizio del ‘500 a Ferrara si sviluppa una nuova scuola, che ha come protagonisti quattro maestri di pittura: Ludovico Mazzolino, Giovan Battista Benvenuti detto Ortolano, Benvenuto Tisi detto Garofalo e soprattutto Giovanni Luteri detto Dosso Dossi. Erano pittori che accettavano gli influssi pittorici di altre artisti rinascimentali.

    Benvenuto Tisi, detto Garofalo (1476 circa – 1559) lavorò alla corte degli Este. Il soprannome Garofalo deriva dal nome del paese in cui forse nacque e lui stesso occasionalmente firmava i suoi quadri con il disegno di un garofano. Nel 1495 lavorò a Cremona sotto la direzione di Boccaccio Boccaccino, che gli fece conoscere lo stile cromatico veneziano. Per committenti ecclesiastici o confraternite realizzò numerosi dipinti, in particolare ispirati dalla “Sacra famiglia”.

    Giovanni Luteri, detto Dosso Dossi (1486 – 1542). Il soprannome Dosso, forse gli deriva dal nome di una piccola proprietà di famiglia nel territorio mantovano, Dosso Scaffa (ora nota come San Giovanni del Dosso), situato tra Mirandola, Quistello e Revere.
    Dipingeva temi religiosi, allegorici, epici, mitologici, per esempio “Maga Circe”, dipinta nel 1525, il duca Ercole II d’Este, ritratto da Dosso come Ercole tra i pigmei nel 1535, un anno dopo la sua elezione a quarto duca di Ferrara Modena e Reggio: i pigmei sono vestiti come lanzichenecchi, quasi a simboleggiare la sua ascesa politica.

    Ludovico Mazzolino (1480-1528) orientò il suo linguaggio in senso anticlassico, guardando alla pittura di Ercole de’ Roberti e alle incisioni tedesche, di Martin Schongauer e di Albrecht Dürer.
    Pur conoscendo la pittura veneziana e quella di Raffaello Sanzio, la sua arte era animata da accenti visionari. Realizzò numerosi dipinti destinati al collezionismo privato: raffigurano scene profane, gremite di personaggi dai tratti fisionomici anche grotteschi.

    Giovan Battista Benvenuti, detto l’Ortolano (1480 circa – 1525 circa), il soprannome gli derivò dal mestiere del padre, curatore di “orti” (= di giardini, forse). Del Benvenuti si sa poco, né la data di nascita, né quella di morte, né il luogo in cui visse o si formò. Questo pittore è conosciuto solo tramite le sue opere, caratterizzate dalla resa del paesaggio, ispirate dal Giorgione. Realizzò numerose pale d’altare e quadri destinati alla devozione privata d’ispirazione raffaellesca.

    Il suo capolavoro è la “Pala dei tre Santi”


    San Sebastiano legato al palo della tortura; ai lati san Rocco e san Demetrio. Questa pala d’altare fu realizzata nel 1520. Era nella parrocchiale di Bondeno (prov. di Ferrara) oggi è a Londra nella National Gallery.

    Prima di concludere voglio segnalarti l’ultimo libro pubblicato da Vittorio Sgarbi: “Natività. Madre e figlio nell’arte”, edito da “La nave di Teseo”, pp. 372, euro 24.

    Ti consiglio di acquistarlo. Fatti un regalo per Natale.

    L’autore racconta l’antica rappresentazione del legame tra la Madonna e un Gesù più o meno Bambino, includendo nel racconto il prima (l’Annunciazione e la Concezione) e il dopo (la Passione).

    Mettendo in scena la Natività gli artisti hanno saputo rendere evidente la presenza del divino nella realtà umana: “la semplicità degli affetti tra la Madre e il Bambino, in Giotto come in Pietro Lorenzetti, come in Vitale da Bologna, come in Giovanni Bellini, come in Bronzino, come in Caravaggio”, ha scritto Sgarbi.

    Il soggetto è la vita, e la maternità è la più umana delle condizioni, che nella Natività diventa un fatto religioso e determina il destino di quel bambino e dell’umanità che trova la sua salvezza in quel neonato.

    “Maria nell’atto della maternità non è una maestà lontana, in trono, che tiene in braccio un bambino che è già divino: è semplicemente, nella maggior parte delle rappresentazioni, una mamma con il figlio. Per questo la maternità di Maria non è un tema religioso ma un tema umano”.
    Eh....prova a dirlo a Dark....
    Comunque grazie della dritta, vediamo: fra il 27 e il 29 abbiamo due giorni liberi da impegni. Lo propongo a Cona
    amate i vostri nemici

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