
Originariamente Scritto da
doxa
Segreto: questo sostantivo d’origine latina deriva dal participio passato del verbo secernere = separare, tenere in disparte, per estensione di significato: nascosto, senza essere rivelato, senza essere condiviso.
“Non dirlo a nessuno”. Chi non ha mai pronunciato questa frase?
Quale responsabilità implica per l’individuo che custodisce un “segreto”, il quale a volte scorre come un fiume carsico ?
Come si configura l’interazione tra il custode del segreto e quello al quale viene confessato ?
Sono questi alcuni degli interrogativi argomentati nel saggio del sociologo Massimo Cerulo, titolato: “Segreto” (edit. Il Mulino).
Mantenere o confidare un segreto è una delle abitudini ricorrenti. Ma conservare un segreto, non condividerlo, può essere psicologicamente logorante, perciò spesso è necessaria l’altra persona alla quale confidare una conoscenza scabrosa oppure oscena.
La condivisione di un segreto rafforza la relazione duale, genera reciprocità tenendo insieme il Noi, che funge da collante al legame sociale. Solo in tal modo l’espressione: “Non dirlo a nessuno” non viene svuotata di significato.
Il segreto confidato genera un patto, talvolta indesiderato, può rinforzare la relazione amicale, oppure può diventare un potenziale fattore distruttivo nel caso in cui il segreto venga svelato.
Il segreto crea e distrugge gruppi, genera inclusione ed esclusione.
Nella nostra società digitale la caccia a verità e informazioni nascoste sembra essere una moda ma può distruggere identità ed equilibri delle persone.
Anche in ambito religioso il sacramento cattolico della confessione, ormai in “disuso” a causa della secolarizzazione, sta causando il progressivo affievolimento del significato del segreto nell’accezione confessionale. “Oggi non ci si confessa, ma ci si sfoga”, ha confidato un sacerdote.