L’altruismo viene spesso celebrato come una virtù, disinteressata e quasi trascendente. Io, giullare, rozzo e materialista, la vedo diversamente: non mi appare virtù/ideale/comportamento morale, ma piuttosto strategia funzionale alla sopravvivenza della nostra specie. L’essere umano è un mammifero intelligente e sociale. Queste due caratteristiche, combinate, hanno determinato la sua evoluzione, e l’altruismo si inserisce esattamente in questo quadro.
Come mammiferi, abbiamo bisogno di cure prolungate. Come esseri sociali, dipendiamo dagli altri per apprendere, cooperare, sopravvivere. In questo contesto, l’altruismo non è un "opscional" morale, ma una necessità biologica. È uno strumento di adattamento. Aiutare gli altri, soprattutto all’interno del gruppo, aumenta le probabilità di sopravvivenza sia per il singolo che per il collettivo.
Già in molte specie animali osserviamo comportamenti altruistici: cure parentali, difesa del gruppo, cooperazione nella caccia. Questi comportamenti non nascono da nobili sentimenti, ma da pressioni evolutive. Sono stati selezionati perché, a lungo termine, favoriscono la sopravvivenza dei geni. Anche tra individui non imparentati, l’altruismo reciproco è una strategia efficace e diffusa. In tal senso, l’altruismo si rivela una forma di egoismo evoluto, orientato al vantaggio nel lungo termine della specie e quindi dell'individuo (o viceversa)
Nell’essere umano, tutto questo si complica. Mica per niente siamo "intelliggggiiienti". Costruiamo sistemi morali, religiosi, culturali che esaltano l’altruismo come valore. Ma queste costruzioni sono progettate dalla stessa logica adattativa: l’altruismo funziona perché conviene. Nessun essere umano può crescere o sopravvivere da solo. La nostra infanzia lunga e fragile ha reso la cooperazione un elemento essenziale ed inevitavile. Aiutare gli altri, integrarsi, creare relazioni di fiducia: tutto ciò è parte integrante della nostra “intelligenza sociale”, strumento fondamentale per il successo evolutivo della specie.(finché dura...asteroidi permettendo)
In questo senso, non c’è bisogno di invocare dimensioni trascendenti o principi superiori. L’altruismo non nasce da un ordine divino, ma da esigenze molto concrete: vivere insieme, per vivere meglio e più a lungo. Le religioni e le morali codificate lo hanno certamente valorizzato, ma non l’hanno creato: hanno dato forma culturale a qualcosa che esiste sul piano biologico.
Allora l’altruismo è egoistico? Se si intende “egoistico” nel senso stretto del termine, no. Ma se si intende una forma di comportamento vantaggioso per la sopravvivenza del sé e del proprio gruppo, allora sì: è una forma di egoismo a lungo termine, razionale e profondamente naturale.
Anche i gesti più estremi, come il sacrificio di sé o l’aiuto disinteressato, hanno spesso radici in motivazioni evolutive: senso di appartenenza, desiderio di lasciare un segno, reputazione all’interno del gruppo. Tutti elementi che, anche inconsciamente, rafforzano la posizione sociale o il legame con la comunità. Rispondono al bisogno di appartenenza e di riconoscimento dei piani altri della piramide Masloviana.
Le istituzioni morali, religioni, leggi, valori, formalizzano e amplificano queste dinamiche. Rendono “nobile” ciò che già è utile. L’altruismo diventa così un elemento strutturale della civiltà: essenziale per la coesione, per la stabilità, per la fiducia reciproca. E soprattutto per la sopravvivenza.
Il paradosso è che l’altruismo funziona meglio quando appare spontaneo. L’empatia, la compassione, l’istinto a prendersi cura degli altri, tutte capacità frutto dell'evoluzione, rendono più fluido e credibile il gesto altruistico. E proprio perché appaiono “genuini”, rafforzano la cooperazione e la coesione del gruppo.
In conclusione, l’altruismo non è il contrario dell’egoismo, ma una sua raffinata evoluzione. È un adattamento sofisticato, che ha permesso alla nostra specie di prosperare in contesti complessi. Prendersi cura degli altri, in ultima analisi, è un modo intelligente di prendersi cura di sé.
In conclusione ( o meglio, in sopravvivenza) l’altruismo non è l’eroico trionfo dello spirito sulla materia, ma un compromesso biologico ben riuscito. Non nasce nei cieli, non discende con le tavole della legge, non si accende nel cuore dei giusti come fiaccola mistica. Sono le istruzioni di funzionamento : "Aiuta, così campi tu e campiamo tutti. Di più."
Quindi l’altruismo non salva l’uomo dalla sua natura profondamente ed essenzialmente egoistica : gliela conferma. Ma con stile e sentimento.
La conclusione ?
L’altruismo? Una grande invenzione dell’istinto, Incartato con la carta dorata e ben infiocchettato dall'etica.
E finché funziona, e tiene insieme la baracca, nessuno si lamenta.
Tranne chi lo predica troppo. Ma quelli, si sa, non scrivono la storia.