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Risultati da 1 a 15 di 23

Discussione: Ridere

  1. #1
    Opinionista
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    Ridere



    “il cervello che ride. Neuroscienze dell’umorismo” è il titolo del saggio scritto dalla neuroscienziata Mirella Manfredi (Carocci edit.) per svelare i lati nascosti del fenomeno cognitivo inerente all’umorismo. A proposito di questo, ricordate il film “Io e Annie”, diretto e interpretato da Woody Allen ?

    La trama: Alwy Singer è un attore comico che lavora per la radio e per la televisione. Ha successo, ma spesso viene coinvolto dalla depressione. Già messo in passato a dura prova da due matrimoni falliti, ha una storia con Annie Hall (interpretata dall’attrice Diane Keaton), intellettuale, carina, benestante, con ambizioni personali nel ramo dello spettacolo. Ambedue stanno sulla difensiva. Condividono interessi professionali, ma anche una certa instabilità emotiva.

    Nel divertente film la comicità è surreale, con riferimenti autobiografici, dialoghi scoppiettanti e spietati, bizzarri richiami alla sessualità, la malinconia e la nevrosi esistenziale.

    Woody Allen e Diane Keaton sono l'amalgama perfetto per rappresentare una coppia nevrotica e discontinua nel loro rapporto fatto di prendersi e lasciarsi.

    Caro Cono, tu che frequenti il centro di ascolto parrocchiale e morbosamente vuoi sapere le afflizioni degli altri, ti domando se è vero che le donne s’innamorano di uomini che le fanno ridere, mentre gli uomini prediligono partner che ridono alle loro battute.

    Studi neuroscientifici ed evoluzionistici hanno dimostrato come la capacità degli individui maschi di far ridere sia un tratto distintivo che attrae le femmine. Infatti l’umorismo è il risultato di complesse funzioni neurocognitive ed è associato ad un alto quoziente intellettivo. Di contro, l’opinione che gli uomini siano più divertenti delle donne è soltanto un pregiudizio culturale, che si palesa già in età scolare e che poi influenza per tutta la vita la percezione e la fruizione dell’umorismo sulla base di una distinzione di genere.

    Ridere insieme è un potente collante sociale, è utile a rendere più solide le relazioni in un gruppo. Una convincente conferma di questa finalità sociale è il fatto che nell’esperienza umoristica ha un ruolo importante l’empatia.

    La Manfredi nel suo citato libro dice che esiste un modello teorico in base al quale si distinguono quattro differenti forme di umorismo sociale:

    quello affiliativo, utile a facilitare i legami interpersonali;

    l’autovalorizzante, che coglie gli aspetti comici in situazioni stressanti;

    l’aggressivo, che denigra sarcasticamente gli altri;

    l’autodistruttivo, denigra sé stesso per far ridere gli altri.

    Quindi se ridiamo, ridiamo sempre con e per gli altri, anche quando siamo soli, per esempio quando leggiamo alcuni post nel forum.

    Lo aveva già intuito, in parte, Sigmund Freud nel suo saggio sull’umorismo, pubblicato nel 1927. Questo psicoanalista proponeva, fra le altre, questa storiella:

    “Un re esce dal palazzo per recarsi in piazza ; qui, in mezzo alla folla, vede un uomo del popolo che gli somiglia in modo sorprendente; allora il re gli si rivolge e gli chiede: ‘Vostra madre è mai stata a palazzo ?’; e quello fulmineo, gli risponde: ‘No, ma c’è stato mio padre’.”

  2. #2
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    Umorismo - Cosa che ha centomila definizioni. Non guasterà la centomillesima prima: una serie di vendette esercitate da una persona di spirito.
    Achille Campanile

  3. #3
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    La schiava turca ha un'acconciatura che pare una cofana, al cui centro c'è un cavallo alato, e sotto un fiocchetto a tenere fermo tutto.
    Dei riccioli sulla fronte e le sopracciglia sottilisottili, ma ha gli occhi curiosi e non ammicca.
    Sorride come una che lascia capire che ha capito.

    In molte opere di arte figurativa, il sorriso e la risata compaiono dipinti, scolpiti, disegnati trasmettendo una grande naturalezza, una introvabile facilità.
    Merito degli artisti, certamente, ma se penso che il ridere e il sorridere sono stati spesso considerati come un atto comunicativo e, al tempo stesso, inibito dalla cosiddetta società bene, allora mi viene naturale pensare che chi ha deciso di ritrarre figure sorridenti, spesso non belle, non perfette, in tanti casi scoprendo dentature non gradevoli, abbia compiuto una piccola rivoluzione.

    E così l'Amor vincit omnia è un angelo che pare stia scendendo da un letto, in una stanza con strumenti musicali, un'armatura buttata lì e tiene nella mano destra delle frecce.
    Sorridente.
    Pare che si sia appena svegliato.

    Gerard van Honthorst era un pittore olandese, noto per l'Adorazione del Bambino (che sta agli Uffizi), che in pieno Barocco ritrasse molti sorrisi : sotto i baffi, con i baffi, e non solo: anche una ragazza che sorride mentre indica un'immagine oscena che tiene nella mano destra, ben in vista.
    Sembra che dica allo spettatore: "Guarda qui cosa ho!"
    Lei, che magari è una cortigiana, e probabilmente è più sveglia di tante altre ritratte, non ha un sorriso a bocca chiusa: i suoi denti, sotto un naso dritto, sono ben visibili.
    Se ne frega, è chiaro.
    Ha capito che mostrare quell'immagine con tanta naturale sfacciataggine, è un modo di entrare in comunicazione.

    La risata, il sorriso è comunicare, attrarre a sè, ma anche allontanare da sè.

    Il folle che ride è un'opera che mi ha sempre attratto e respinto.
    Ha uno strano abbigliamento , un copricapo con cresta e orecchie e in realtà è un'intera tuta (la chiameremmo così oggi) , tiene la mano sinistra sul volto e sta ridendo a crepapelle. Nella destra ha un paio di occhiali, senza asticelle.
    E' un'opera del '500 di un pittore olandese.
    La guardo e penso: chissà come rideva questo? Magari sghignazzando? Chissà che rumore faceva il suo ridere?!

    Quando da bambina giravo con i miei a piazza Navona, restavo spesso a guardare i caricaturisti.
    Mi piaceva tutto: le dita sporche per le sfumature, le facce di chi aspettava il proprio turno per farsi fare il ritratto e intanto sorrideva guardando il lavoro fatto dall'artista a quello seduto di fronte a lui, le facce di chi si ritrovava la caricatura tra le mani e andava via, sorridente e a volte un po' meno...
    Nessuno di questi signori si conosceva prima, ma a volte rimanevano a chiacchierare.

    Non mi sono mai fatta ritrarre nè ho avuto il coraggio di sedermi lì e farmi fare una caricatura.
    Bisogna avere un po' di faccia tosta nella vita.

    Concludo: per me uno dei capolavori dell'arte italiane è L'annunciazione, di Lorenzo Lotto.
    Il gatto, chiaramente, non se l'aspettava.
    Questo a me fa ridere.

  4. #4
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    Bauxite ha scritto

    per me uno dei capolavori dell'arte italiana è L'annunciazione, di Lorenzo Lotto.
    Il gatto, chiaramente, non se l'aspettava.
    Questo a me fa ridere
    Ciao Bauxite, facciamolo vedere anche agli altri questo gatto impaurito


    Lorenzo Lotto, Annunciazione di Recanati (paese in prov. di Macerata, non lontano dal santuario di Loreto, nel quale questo pittore fu varie volte ospite), olio su tela, 1534 circa, Museo civico di Recanati

    All’arrivo dell’angelo nunziante Il gatto inarca la schiena e fugge spaventato.

    L'arcangelo Gabriele annuncia il concepimento verginale a Maria.

    Il nunzio divino ha il braccio destro alzato e con la mano indica verso l’alto la presenza di Dio, che appare in una nuvola; nella mano sinistra l’angelo sorregge il simbolico giglio bianco.

    Bauxite ti ricordi di Franti, il cattivo alunno del romanzo titolato “Cuore”, scritto da Edmondo De Amicis, strutturato a episodi e pubblicato nel 1886 ?

    E’ il romanzo-diario fittizio di un ragazzo di terza elementare che racconta lo svolgersi del proprio anno scolastico 1881 – 1882 dal 17 ottobre al 10 luglio: ogni capitolo riporta la data del giorno e un titolo riferito al tema trattato.

    Franti è un bambino che ride quando si parla dei funerali del re d’Italia, Vittorio Emanuele II; ride mentre passa un reggimento di fanteria. Enrico nel suo diario precisa che Franti “fece una risata in faccia a un soldato che zoppicava”, ma non si capisce perché in una sfilata preceduta dalla banda (come Enrico ci dice), ci fosse un soldato che zoppicava. Dunque verosimilmente il soldato non zoppicava, e Franti irrideva la sfilata, in tal caso la cosa cambia aspetto.

    Franti ride quando uno piange; cerca un contegno col sorriso anche quando la madre davanti alla scolaresca s’inginocchia davanti al maestro, che con tono melodrammatico lo rimprovera e dice: “Franti, tu uccidi tua madre”.

    Umberto Eco – Elogio di Franti (da “Diario Minimo”)

    “Il libro Cuore è un turpe esempio di pedagogia piccolo borghese, classista, paternalistica e sadicamente umbertina non potevo dunque che identificare nell’opera un solo personaggio positivo, Franti, la cui grandezza morale e le cui ragioni sentimentali e sociali emergevano a dispetto dell’acrimonia con cui l’autore e il suo piccolo diarista filisteo ce lo presentavano. Perché la società italiana, formatasi sul modello di Cuore, ha continuato a fare del libro una guida per l’azione anche quando non lo leggeva più. ‘Dicono che non verrà più perché lo metteranno all’Ergastolo’. Franti non riappare più nel libro perché né l’autore né Enrico più ce lo vogliono, deve sparire”. Questo è il commento che Umberto Eco scrisse nel 1963.

  5. #5
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  6. #6
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    La schiava turca ha un'acconciatura che pare una cofana, al cui centro c'è un cavallo alato, e sotto un fiocchetto a tenere fermo tutto.
    Dei riccioli sulla fronte e le sopracciglia sottilisottili, ma ha gli occhi curiosi e non ammicca.
    Sorride come una che lascia capire che ha capito.

    In molte opere di arte figurativa, il sorriso e la risata compaiono dipinti, scolpiti, disegnati trasmettendo una grande naturalezza, una introvabile facilità.
    Merito degli artisti, certamente, ma se penso che il ridere e il sorridere sono stati spesso considerati come un atto comunicativo e, al tempo stesso, inibito dalla cosiddetta società bene, allora mi viene naturale pensare che chi ha deciso di ritrarre figure sorridenti, spesso non belle, non perfette, in tanti casi scoprendo dentature non gradevoli, abbia compiuto una piccola rivoluzione.

    E così l'Amor vincit omnia è un angelo che pare stia scendendo da un letto, in una stanza con strumenti musicali, un'armatura buttata lì e tiene nella mano destra delle frecce.
    Sorridente.
    Pare che si sia appena svegliato.

    Gerard van Honthorst era un pittore olandese, noto per l'Adorazione del Bambino (che sta agli Uffizi), che in pieno Barocco ritrasse molti sorrisi : sotto i baffi, con i baffi, e non solo: anche una ragazza che sorride mentre indica un'immagine oscena che tiene nella mano destra, ben in vista.
    Sembra che dica allo spettatore: "Guarda qui cosa ho!"
    Lei, che magari è una cortigiana, e probabilmente è più sveglia di tante altre ritratte, non ha un sorriso a bocca chiusa: i suoi denti, sotto un naso dritto, sono ben visibili.
    Se ne frega, è chiaro.
    Ha capito che mostrare quell'immagine con tanta naturale sfacciataggine, è un modo di entrare in comunicazione.

    La risata, il sorriso è comunicare, attrarre a sè, ma anche allontanare da sè.

    Il folle che ride è un'opera che mi ha sempre attratto e respinto.
    Ha uno strano abbigliamento , un copricapo con cresta e orecchie e in realtà è un'intera tuta (la chiameremmo così oggi) , tiene la mano sinistra sul volto e sta ridendo a crepapelle. Nella destra ha un paio di occhiali, senza asticelle.
    E' un'opera del '500 di un pittore olandese.
    La guardo e penso: chissà come rideva questo? Magari sghignazzando? Chissà che rumore faceva il suo ridere?!

    Quando da bambina giravo con i miei a piazza Navona, restavo spesso a guardare i caricaturisti.
    Mi piaceva tutto: le dita sporche per le sfumature, le facce di chi aspettava il proprio turno per farsi fare il ritratto e intanto sorrideva guardando il lavoro fatto dall'artista a quello seduto di fronte a lui, le facce di chi si ritrovava la caricatura tra le mani e andava via, sorridente e a volte un po' meno...
    Nessuno di questi signori si conosceva prima, ma a volte rimanevano a chiacchierare.

    Non mi sono mai fatta ritrarre nè ho avuto il coraggio di sedermi lì e farmi fare una caricatura.
    Bisogna avere un po' di faccia tosta nella vita.

    Concludo: per me uno dei capolavori dell'arte italiane è L'annunciazione, di Lorenzo Lotto.
    Il gatto, chiaramente, non se l'aspettava.
    Questo a me fa ridere.
    Puro verismo! Neorealismo spinto. È normale che la scena faccia ridere, ma Lorenzo Lotto ha voluto chiaramente rappresentare l'intrusione improvvisa e inaspettata di Dio nel quotidiano. La cosa può terrorizzarci (come il gatto) o commuoverci (come Maria)
    amate i vostri nemici

  7. #7
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    Concordo con Eco.

  8. #8
    Opinionista L'avatar di Ale
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    Povero micio... 😿
    ...roba da da denunciare all'enpa


  9. #9
    la viaggiatrice L'avatar di dark lady
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    Credo anch'io che la risata abbia un ruolo fondamentale nella vita di chiunque.
    Sono, lo ammetto, una di quelle donne che tende a innamorarsi di chi riesce a farle ridere. Ovviamente non è l'unico metro di giudizio, ma credo che la risata sia qualcosa di benefico. Una delle manifestazioni più naturali e spontanee che si possano trovare.
    Leggendo le definizioni di Doxa, io forse sono una da umorismo autovalorizzante: tendenzialmente rido di me stessa, delle situazioni paradossali che mi capitano. Quando faccio una figuraccia, tipo cadere in pubblico (si, mi è capitato sovente) tendo a scoppiare a ridere. L'autoironia per me è tutto.
    “Io e il mio gatto... siamo due randagi senza nome che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene” [cit. Colazione da Tiffany]

    Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità [cit: Manifesto futurista] .

  10. #10
    رباني L'avatar di King Kong
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    Vorrei aggiungere che esiste una categoria di umorismo rivolto alla relativizzazione delle fisime e dei capricci dei potenti, una sorta di saggezza popolare che viene trasmessa attraverso i sottili sottointesi di racconti esilaranti. Un esempio per tutti, le infinite storie del Mullah Nassruddin (o Nassruddin Hoja), amato da Tamerlano (Amir Timur) per la sua arguzia e nonostante la sua sfacciataggine. Una figura ancora molto popolare in Asia, Turchia, e parte del nord Africa.

    Aut hic aut nullubi

  11. #11
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    Ciao King, molto bella la foto. In che luogo è collocato questo gruppo scultoreo ? Dalla forma delle finestre e degli ingressi nel palazzo adiacente ipotizzo che sia in Asia.

    Sai chi è l'autore e l'anno della realizzazione ?

  12. #12
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    Ecco una storiella attribuita a Nasreddin Hodja (o Khwāja in persiano), titolata le “Malelingue”

    Un giorno, Nasreddin Hodja e suo figlio andarono al mercato. Il figlio cavalcava l'asino, e lui lo accompagnava a piedi.

    Un passante brontolò: "Ecco la nostra gioventù moderna, lasciarsi portare tranquillamente dall'asino, obbligando il suo vecchio padre, con il suo pesante turbante, a seguirlo a piedi!".

    "Padre, te lo avevo detto!" Mormorò il figlio. "Non indugiare, prendi il mio posto".

    Nasreddin Hodja acconsenti. Essi fecero così un pezzo di strada fino a che si sentirono interpellare da un gruppo di paesani: "Ehi Hodja, le tue ossa si sono indurite, sei distrutto dal peso degli anni, perché costringi quest'adolescente, nel fiore degli anni, a zoppicare leggermente dietro di te?".

    A queste parole, Hodja fece montare sulla groppa dell'asino anche suo figlio, facendolo sedere dietro di lui. Ma poco dopo alcuni individui gli sbarrarono la strada, gridando: "Che gente spietata! Due persone su di un povero asino. E dire che é il nostro famoso Hodja che tollera ciò! Se questa non é una vergogna!".

    Nasreddin Hodja, fuori di sé, discese dall'asino e fece scendere anche suo figlio. Entrambi proseguirono andando dietro l'asino, libero del suo carico.

    Non basta. Subirono i rimproveri di alcuni che incontrarono poco dopo.

    "Che idiozia! Vedere l'asino senza soma mentre i suoi padroni, sfidando la polvere e il caldo, camminano a piedi! Non si è mai vista una cosa simile!".

    Morale della favola. Hodja dice al figlio: "Tu, fai come ti sembra meglio e che la gente dica ciò che più desidera, perché le bocche degli uomini non sono un sacco che si possa chiudere!"
    Ultima modifica di doxa; 21-05-2025 alle 21:43

  13. #13
    رباني L'avatar di King Kong
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    Oasi di Xiva, Uzbekistan.
    Si trova ai piedi della cosidetta Kalta Minor, un minareto di grandi proporzioni mai portato a termine.
    La leggenda racconta che l'architetto, venuto a sapere che il Khan che aveva commissionato l'opera aveva intenzione di ucciderlo a lavoro finito per evitare che ne costruisse di simili altrove, fuggì di notte. Ma la leggenda dice che, munito miracolosamente di ali, dall'alto del minareto prese il volo.
    Purtroppo non ho trovato, nemmeno in luogo, notizie dello scultore.
    Si tratta comunque di opera recente che fa compagnia ad altre sculture con riferimento alle tradizioni locali.

    Ultima modifica di King Kong; 21-05-2025 alle 15:57
    Aut hic aut nullubi

  14. #14
    رباني L'avatar di King Kong
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    Allegato 37336

    Kalta Minor, il minareto spezzato.
    Le (grandi) dimensioni sono inusuali. Al di là della leggenda, é più probabile che il Khan non fosse più in grado di pagare l'architetto che, prudentemente, penso di mettersi al sicuro altrove.
    Aut hic aut nullubi

  15. #15
    رباني L'avatar di King Kong
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    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio


    Ecco una storiella attribuita a Nasreddin Hodja (o Khwāja in persiano), titolata le “Malelingue”...
    Proprio questo...
    Aut hic aut nullubi

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