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Discussione: Il gioco delle Tre carte

  1. #1

    Il gioco delle Tre carte


    *L’amore della vita, un inganno Le relazioni, una trappola*...di Santippe?
    Scrivendo di "trappole",quindi, sono in tema

    "Rispondi "si"o "no" se preferisci questo o quello": a prima vista, questa domanda, anche se piuttosto sconclusionata e contraddittoria nella forma (domanda "chiusa", anche se formalmente "aperta"), sembra profonda, persino filosofica.
    Ma sotto la superficie elegante si nasconde un trucco manipolatorio che risale al serpente spacciatore di mele di ben nota (e triste ) memoria...vecchio quanto la retorica, insomma: la domanda a risposte obbligate.
    Si tratta di un meccanismo argomentativo che costringe l'interrogato a scegliere tra opzioni predeterminate, senza lasciar spazio alle alternative esistenti.
    Una sorta di illusione di scelta: chi risponde si illude di esprimere liberamente un'opinione, mentre in realtà è già dentro il perimetro tracciato d chi interroga.
    Cos’è "una domanda a risposte obbligate"?
    È una forma di falsa dicotomia (parolone del giorno. fatto), o se vogliamo usare la terminologia classica, un errore di tipo biforcazione (o falsa alternativa). In logica formale si chiama falsa disgiunzione esclusiva: si pongono due possibilità come uniche, escludendo tutte le altre.
    Prendiamo un esempio, cosi', a casaccio
    Si decide di innamorarsi o è un evento che ci supera?- Rispondere "si"-"no"”
    Ma perché mai dovrebbero esistere solo queste due opzioni? E se fosse, per esempio, una costruzione sociale? Una mediazione tra contesto e desiderio? Una reazione biochimica letta culturalmente come destino?
    Lo scopo implicito di questa tecnica è di indirizzare la riflessione, simulando apertura ma imponendo una cornice.
    Come un treno mascherato da autobus: il bus sembra libero di andare, ma solo in due direzioni. Il resto del paesaggio è escluso dal tracciato.
    Infiniti, comunissimi esempi ?
    "Vuoi essere ricordato come un codardo o come un eroe?"
    (Dove finisce la via di mezzo dell’umano che non cerca la gloria né teme il conflitto?)
    "O sei con noi, o sei contro di noi."
    (Formulazione storicamente sfruttata per zittire i critici, da Capi di stato a ogni caporale di condominio.)
    "Preferisci una società sicura ma controllata o una libera ma pericolosa?"
    (Qui la trappola è già nella costruzione degli aggettivi.)
    "Il tuo partner ti trascura perché è egoista o perché non ti ama più?"
    (Chi ha detto che queste siano le uniche due spiegazioni?).
    Trucco vecchio come la retorica, quindi, vi rimetto in scena l'amico mio di Stagira.
    Nella Retorica di Aristotele, la domanda ben posta è strumento di persuasione, ma già allora si avvertiva l’esigenza di distinguere tra ciò che persuade e ciò che confonde.
    Aristotele difende l’arte retorica come sorella della dialettica, ma riconosce il rischio di una retorica degenerata, quando usata per vincere più che per chiarire.
    E la saggezza della chiesa?
    Nel medioevo, le fallacie logiche diventano terreno di studio specifico. Pietro Ispano, poi diventato papa Giovanni XXI, nel suo Summulae Logicales (XIII sec.), enumera forme di errore argomentativo, anticipando quello che oggi chiamiamo "logica informale".
    La biforcazione non è esplicitamente nominata, ma vi si respira l’aria del problema: quando le premesse sono viziate, anche le domande possono esserlo.
    Più vicino a noi, Schopenhauer, nel suo celebre "L'arte di ottenere ragione"(pubblicato da Adelphi, piccolo e a prezzo onesto), cataloga le "stratagemmi eristici": tra essi, compare il principio di far apparire necessarie opzioni che non lo sono.
    Una tecnica da dibattito pubblico, discussione televisiva, o magari qui, in questa discussione, come post per fare chiarezza, sotto mentite spoglie di saggezza.
    Il trucco sembra "scoperto". Eppure, spesso funziona. Come mai? Non certo per caso.
    La mente umana ama le dicotomie. Sono semplici, ordinate, rassicuranti. Permettono di ridurre la complessità e prendere posizione con poco sforzo cognitivo.
    Le domande a risposte obbligate sfruttano questa propensione: danno la sensazione di profondità, ma sono superfici camuffate.
    Chi le pone ottiene un vantaggio tattico: la discussione si svolge nel territorio che ha già delimitato.
    È come se uno scacchista potesse decidere quali pezzi può usare l’avversario prima ancora che la partita inizi.
    Contro il trucco: logica e vigilanza
    Per smascherare una domanda manipolatoria, bisogna imparare a riconoscere le premesse implicite. Ogni domanda contiene una piccola tesi. Interrogare le domande stesse è un atto di resistenza filosofica.
    Come suggeriva Wittgenstein (altro amico mio ben noto), "I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo". E spesso, quei limiti sono imposti dalla forma della domanda.
    Posso lasciare in un cantuccio Popper? Manco a pensarlo!
    Popper ci ricorda che ciò che non può essere messo in discussione è dogma, non ricerca. "Una teoria che non può essere falsificata non è scientifica." in "Logica della scoperta scientifica"
    Le domande che non lasciano spazio alla confutazione o all’alternativa sono poste in modo da rendere infalsificabile la premessa implicita, quindi non cercano "verità", ma conferma.

    Una buona prassi è chiedersi:
    Quali opzioni sono escluse?
    Chi ha deciso i termini dell’alternativa?

    Cosa succede se riformulo la domanda da capo, in altra maniera?
    E, per chi ama il disincanto: rileggete Montaigne. Nel suo Saggi,(...un "librettino" ) la fiducia cieca nel linguaggio è sempre messa in dubbio.
    Il filosofo-scrittore non si lascia trarre in inganno dalle opposizioni facili. Preferisce la complessità, il paradosso, il dubbio come compagnia.
    In conclusione:
    La domanda a risposte obbligate è un trucco da imbonitore delle tre carte, a Forcella. Ma solo se la platea dorme. Basta un piccolo vezzo da giullare guastafeste: non rispondere, ma interrogare la domanda stessa.
    Chi formula simili domande non cerca davvero una risposta: cerca adepti. E spinge alla "sua" risposta obbligata.
    Con la voce autoritaria (non priva di autorevolezza) del MaestroGiudice che (Lui) non dice mai "si"-"no", ma ha mani nel sacco del magliaro spacciatore di rolex in platino nelle aree di servizio.

    Una domanda resta sospesa in aria
    "E' in malafede?…o, peggio ancora, ci crede?"

    Un'altra "domanda a risposte obbligate" ?
    vassapé


    @axe: più "frammentato" di cosi', non posso.
    Ultima modifica di restodelcarlino; 23-05-2025 alle 11:42

  2. #2
    Opinionista L'avatar di LadyHawke
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    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio

    *L’amore della vita, un inganno Le relazioni, una trappola*...di Santippe?
    Scrivendo di "trappole",quindi, sono in tema

    "Rispondi "si"o "no" se preferisci questo o quello": a prima vista, questa domanda, anche se piuttosto sconclusionata e contraddittoria nella forma (domanda "chiusa", anche se formalmente "aperta"), sembra profonda, persino filosofica.
    Ma sotto la superficie elegante si nasconde un trucco manipolatorio che risale al serpente spacciatore di mele di ben nota (e triste ) memoria...vecchio quanto la retorica, insomma: la domanda a risposte obbligate.
    Si tratta di un meccanismo argomentativo che costringe l'interrogato a scegliere tra opzioni predeterminate, senza lasciar spazio alle alternative esistenti.
    Una sorta di illusione di scelta: chi risponde si illude di esprimere liberamente un'opinione, mentre in realtà è già dentro il perimetro tracciato d chi interroga.
    Cos’è "una domanda a risposte obbligate"?
    È una forma di falsa dicotomia (parolone del giorno. fatto), o se vogliamo usare la terminologia classica, un errore di tipo biforcazione (o falsa alternativa). In logica formale si chiama falsa disgiunzione esclusiva: si pongono due possibilità come uniche, escludendo tutte le altre.
    Prendiamo un esempio, cosi', a casaccio
    Si decide di innamorarsi o è un evento che ci supera?- Rispondere "si"-"no"”
    Ma perché mai dovrebbero esistere solo queste due opzioni? E se fosse, per esempio, una costruzione sociale? Una mediazione tra contesto e desiderio? Una reazione biochimica letta culturalmente come destino?
    Lo scopo implicito di questa tecnica è di indirizzare la riflessione, simulando apertura ma imponendo una cornice.
    Come un treno mascherato da autobus: il bus sembra libero di andare, ma solo in due direzioni. Il resto del paesaggio è escluso dal tracciato.
    Infiniti, comunissimi esempi ?
    "Vuoi essere ricordato come un codardo o come un eroe?"
    (Dove finisce la via di mezzo dell’umano che non cerca la gloria né teme il conflitto?)
    "O sei con noi, o sei contro di noi."
    (Formulazione storicamente sfruttata per zittire i critici, da Capi di stato a ogni caporale di condominio.)
    "Preferisci una società sicura ma controllata o una libera ma pericolosa?"
    (Qui la trappola è già nella costruzione degli aggettivi.)
    "Il tuo partner ti trascura perché è egoista o perché non ti ama più?"
    (Chi ha detto che queste siano le uniche due spiegazioni?).
    Trucco vecchio come la retorica, quindi, vi rimetto in scena l'amico mio di Stagira.
    Nella Retorica di Aristotele, la domanda ben posta è strumento di persuasione, ma già allora si avvertiva l’esigenza di distinguere tra ciò che persuade e ciò che confonde.
    Aristotele difende l’arte retorica come sorella della dialettica, ma riconosce il rischio di una retorica degenerata, quando usata per vincere più che per chiarire.
    E la saggezza della chiesa?
    Nel medioevo, le fallacie logiche diventano terreno di studio specifico. Pietro Ispano, poi diventato papa Giovanni XXI, nel suo Summulae Logicales (XIII sec.), enumera forme di errore argomentativo, anticipando quello che oggi chiamiamo "logica informale".
    La biforcazione non è esplicitamente nominata, ma vi si respira l’aria del problema: quando le premesse sono viziate, anche le domande possono esserlo.
    Più vicino a noi, Schopenhauer, nel suo celebre "L'arte di ottenere ragione"(pubblicato da Adelphi, piccolo e a prezzo onesto), cataloga le "stratagemmi eristici": tra essi, compare il principio di far apparire necessarie opzioni che non lo sono.
    Una tecnica da dibattito pubblico, discussione televisiva, o magari qui, in questa discussione, come post per fare chiarezza, sotto mentite spoglie di saggezza.
    Il trucco sembra "scoperto". Eppure, spesso funziona. Come mai? Non certo per caso.
    La mente umana ama le dicotomie. Sono semplici, ordinate, rassicuranti. Permettono di ridurre la complessità e prendere posizione con poco sforzo cognitivo.
    Le domande a risposte obbligate sfruttano questa propensione: danno la sensazione di profondità, ma sono superfici camuffate.
    Chi le pone ottiene un vantaggio tattico: la discussione si svolge nel territorio che ha già delimitato.
    È come se uno scacchista potesse decidere quali pezzi può usare l’avversario prima ancora che la partita inizi.
    Contro il trucco: logica e vigilanza
    Per smascherare una domanda manipolatoria, bisogna imparare a riconoscere le premesse implicite. Ogni domanda contiene una piccola tesi. Interrogare le domande stesse è un atto di resistenza filosofica.
    Come suggeriva Wittgenstein (altro amico mio ben noto), "I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo". E spesso, quei limiti sono imposti dalla forma della domanda.
    Una buona prassi è chiedersi:
    Quali opzioni sono escluse?
    Chi ha deciso i termini dell’alternativa?

    Cosa succede se riformulo la domanda da capo, in altra maniera?
    E, per chi ama il disincanto: rileggete Montaigne. Nel suo Saggi,(...un "librettino" ) la fiducia cieca nel linguaggio è sempre messa in dubbio.
    Il filosofo-scrittore non si lascia trarre in inganno dalle opposizioni facili. Preferisce la complessità, il paradosso, il dubbio come compagnia.
    In conclusione:
    La domanda a risposte obbligate è un trucco da imbonitore delle tre carte, a Forcella. Ma solo se la platea dorme. Basta un piccolo vezzo da giullare guastafeste: non rispondere, ma interrogare la domanda stessa.
    Chi formula simili domande non cerca davvero una risposta: cerca adepti. E spinge alla "sua" risposta obbligata.
    Con la voce autoritaria (non priva di autorevolezza) del MaestroGiudice che (Lui) non dice mai "si"-"no", ma ha mani nel sacco del magliaro spacciatore di rolex in platino nelle aree di servizio.

    Una domanda resta sospesa in aria
    "E' in malafede?…o, peggio ancora, ci crede?"

    Un'altra "domanda a risposte obbligate" ?
    vassapé


    @axe: più "frammentato" di cosi', non posso.
    Buono a sapersi
    La vita è veramente molto semplice, ma noi insistiamo nel renderla complicata.
    Confucio

  3. #3
    la viaggiatrice L'avatar di dark lady
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  4. #4
    Opinionista L'avatar di Ale
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