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Risultati da 16 a 23 di 23

Discussione: Ridere

  1. #16
    رباني L'avatar di King Kong
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    Questa é una delle mie preferite.

    Tamerlano e il Mullah
    Un giorno fra il Mullah Nasruddin e il terribile Tamerlano alla corte di Aksehir divampó una discussione sul senso della parola "realtá".
    Tamerlano sosteneva che per realtá doveva intendersi la descrizione di un fenomeno accettata dalla totalitá delle persone.
    Il Mullah ribadí che questa spiegazione non era affatto soddisfacente e che se un fenomeno viene descritto allo stesso modo da tutte le persone, questo potrebbe essere indice di una capacitá critica limitata e, adducendo una scusa per accomiatarsi, promise a Tamerlano che il giorno seguente gli avrebbe dato dimostrazione di quanto affermato.
    Il giorno sucessivo Tamerlano era impegnato nel suo gabinetto di governo quando venne distratto da urla risa e schiamazzi provenienti dalla strada.
    Affacciatosi alla finestra vide il Mullah nel viale del palazzo avvicinarsi cavalcando un asino ma col viso rivolto verso il posteriore dello stesso fra il sollazzo e le grida sguaiate delle guardie e dei cortigiani.
    Sceso all'ingresso del palazzo, Tamerlano lo apostrofó cosí:
    "Oh Nasruddin, tu folle senza speranza, qual'é il motivo che ti fa cavalcare questa povera creatura al contrario?".
    "Oh tu, Grande Tamerlano, Signore dell'Oriente e dell'Occidente, non vi avevo forse avvertito? Ecco che Voi, i Vostri soldati, Ministri e cortigiani tutti convenite sul fatto di vedere il Mullah Nasruddin cavalcare il suo asino seduto al contrario. Oh gente dal debole intelletto e di nessuna capacitá critica e analitica, a nessuno di voi é passato per la mente che potrebbe essere l'asino sotto di me ad essere girato nel verso sbagliato?"
    Aut hic aut nullubi

  2. #17
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    Castigat ridendo mores” (= ridendo, corregge i costumi, un modo di fare). La frase in lingua latina è del letterato francese Jean de Santeuil (XVII secolo), che la coniò per il busto di “Arlecchino” che doveva decorare il proscenio della Comédie italienne a Parigi. A volte si ripete la frase riferendola a una persona che sa ammonire senza che le sue parole offendano l’interlocutore.

    La risata quotidianamente permea la nostra vita sociale. Ma come nasce la comicità? Ci sono alcuni che hanno la capacità di produrla, altri invece la generano loro malgrado; possiamo dire che i primi sono spiritosi e i secondi sono ridicoli.

    Il filosofo francese Henri Bergson (1859-1941), nato a Parigi da una famiglia ebraica di origini polacche, nel suo saggio titolato “Il riso: saggio sul significato del comico” argomenta sulla risata. La sua analisi va oltre la semplice funzione di risposta al divertente. Egli ci invita a considerare l’azione del ridere come un fenomeno complesso che rivela molto delle nostre dinamiche interiori.

    Secondo Bergson il fenomeno comico o umoristico è caratterizzato da tre aspetti: la meccanicità, l’insensibilità e la socialità.

    Meccanicità. La comicità emerge quando notiamo in una persona un comportamento rigido, ripetitivo, quasi meccanico, che contrasta con la fluidità e l’adattabilità della vita umana. Questa “macchinosità” suscita il sorriso perché evidenzia un’assenza momentanea di vitalità.

    Insensibilità. la risata necessita di distanza emotiva. Dice che noi ridiamo per ciò che possiamo osservare con distacco. Il comico, quindi, è un antidoto all’empatia, crea una barriera tra la nostra interiorità e ciò che osserviamo.

    Socialità. Ridere è un fenomeno sociale: ridiamo di altri e, spesso, in compagnia di altri. In questo senso, il riso diventa una forma gentile per correggere comportamenti che deviano dalle norme condivise.

    Le teorie raggruppate in questa categoria, dette anche “della derisione” si basano per lo più sull’osservazione: noi ridiamo delle debolezze di altre persone, soprattutto quelle dei nostri nemici. La risata nasce, infatti, nel momento in cui, confrontandoci vantaggiosamente con altri, ci sentiamo meno deboli, meno sfortunati, meno stupidi.

    La risata altro non sarebbe che la prova dell’inadeguatezza del beffato. Affinché la risata assolva a questa funzione è necessaria un po’ d’insensibilità e la capacità di assistere come spettatori indifferenti alle piccole disgrazie altrui. Chi ride non deve lasciarsi coinvolgere emotivamente dalla scena che lo diverte; deve momentaneamente emarginare la pietà e la simpatia e porsi come spettatore. Deve osservare le vicende altrui come fossero uno spettacolo cui assistiamo.
    Ultima modifica di doxa; 21-05-2025 alle 23:23

  3. #18
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    Ultima modifica di doxa; 21-05-2025 alle 23:23

  4. #19
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    Ridere è una risposta emotiva che comunica stati d’animo, è un gesto che esprime allegria. E’ motivato da situazioni divertenti, barzellette, ecc..

    La risata può anche essere oggetto di riflessione filosofica. E penso ad Aristotele. Nel suo trattato titolato “Poetica”, scritto per uso didattico tra il 334 e il 330 a. C.. Lo progettò in due libri per definire i generi letterari e teorizzare sull’arte teatrale, distinta dall’etica e dalla morale. Analizza i loro elementi strutturali, le funzioni e i loro effetti sullo spettatore.

    Dei due libri se ne conosce soltanto uno, quello dedicato alla tragedia, intesa come l’opera letteraria in cui si narrano fatti e azioni con eroi come protagonisti.
    Del secondo libro, dedicato alla commedia, non se ne sa nulla. Umberto Eco la presunta commedia aristotelica l’ha collocata al centro del suo romanzo “Il nome della rosa”. L’omonimo film è del 1986, ambientato in un'abbazia benedettina del XIV secolo. Ci sono mistero e thriller con riflessioni filosofiche e teologiche.

    Il frate francescano Guglielmo da Baskerville (l’attore Sean Connery) con il novizio Adso da Melk (il giovane attore Christian Slater) indagano su alcuni omicidi avvenuti nel monastero.

    La morte dei clerici è collegata all’ipotetico secondo libro della Poetica, quello riguardante la commedia, nel quale vengono esaltati il divertimento e il riso, all’epoca inconcepibili, perché come dice Jorge, il bibliotecario: “il riso uccide la paura e senza la paura non ci può essere la fede”.

    La trama si svolge nel 1327 all’interno di un’abbazia benedettina medioevale, dove alcuni monaci muoiono.

    Causa la mentalità chiusa del tempo, condizionata unicamente dalla religione, quelle morti vengono attribuite all’intervento di forze demoniache e queste vengono percepite come presagi dell’Apocalisse.

    Vengono accusati degli omicidi una giovane ragazza (considerata una strega), Salvatore, un monaco mentalmente ritardato, e Fra' Remigio, un ex dolciniano (l’ordine dei dolciniani che predicava la povertà della Chiesa come quello francescano, fu dichiarato eretico). Eccetera...

    Ultima modifica di doxa; 23-05-2025 alle 07:57

  5. #20
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  6. #21
    Sovrana di Bellezza L'avatar di ReginaD'Autunno
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    Questa é una delle mie preferite.

    Tamerlano e il Mullah
    Un giorno fra il Mullah Nasruddin e il terribile Tamerlano alla corte di Aksehir divampó una discussione sul senso della parola "realtá".
    Tamerlano sosteneva che per realtá doveva intendersi la descrizione di un fenomeno accettata dalla totalitá delle persone.
    Il Mullah ribadí che questa spiegazione non era affatto soddisfacente e che se un fenomeno viene descritto allo stesso modo da tutte le persone, questo potrebbe essere indice di una capacitá critica limitata e, adducendo una scusa per accomiatarsi, promise a Tamerlano che il giorno seguente gli avrebbe dato dimostrazione di quanto affermato.
    Il giorno sucessivo Tamerlano era impegnato nel suo gabinetto di governo quando venne distratto da urla risa e schiamazzi provenienti dalla strada.
    Affacciatosi alla finestra vide il Mullah nel viale del palazzo avvicinarsi cavalcando un asino ma col viso rivolto verso il posteriore dello stesso fra il sollazzo e le grida sguaiate delle guardie e dei cortigiani.
    Sceso all'ingresso del palazzo, Tamerlano lo apostrofó cosí:
    "Oh Nasruddin, tu folle senza speranza, qual'é il motivo che ti fa cavalcare questa povera creatura al contrario?".
    "Oh tu, Grande Tamerlano, Signore dell'Oriente e dell'Occidente, non vi avevo forse avvertito? Ecco che Voi, i Vostri soldati, Ministri e cortigiani tutti convenite sul fatto di vedere il Mullah Nasruddin cavalcare il suo asino seduto al contrario. Oh gente dal debole intelletto e di nessuna capacitá critica e analitica, a nessuno di voi é passato per la mente che potrebbe essere l'asino sotto di me ad essere girato nel verso sbagliato?"
    E' una storia davvero molto simpatica King! Grazie a te per averla proposta, e a Doxa di aver aperto questa bella discussione sul ridere.
    Corteggiata da l'aure e dagli amori, siede sul trono de la siepe ombrosa, bella regina dè fioriti odori, in colorita maestà la rosa CLAUDIO ACHILLINI

    La regina del sud sorgerà nel giudizio. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone (Matteo 12:42)

  7. #22
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    Nel Medioevo dei noti proverbi evidenziavano che il riso fosse una caratteristica degli sciocchi: "risus abundat in ore stultorum".

    Anche negli affreschi del Medioevo e nei dipinti del Rinascimento di volti sorridenti ce ne sono pochi.

    Il riso era percepito come un’attività che perturbava la mente, perciò da non esibire troppo.

    Nel nostro tempo l’etologa Elisabetta Palagi, docente nell’Università di Pisa, insieme al neuroscienziato Fausto Caruana hanno elaborato e pubblicato il libro titolato: “Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale” (edit. Il Mulino).

    Questo testo argomenta sul ridere considerato da diverse prospettive: neuroscienze, etologia, filosofia, psicologia sociale e linguistica.

    I due autori inficiano alcuni luoghi comuni, secondo i quali il riso sarebbe una prerogativa esclusiva degli esseri umani o che il ridere sia connesso all’humor.


    Anche i cani possono emettere un suono simile a una risata, in particolare quando giocano. Il loro “ridere” è un ansimare, emettono un suono del tipo "hhuh, hhah" per invitare gli umani e gli altri cani a giocare.

    La risata dei cani è abbinata a un linguaggio del corpo che invita a giocare, come inchini, una zampa che si protende verso di te o salti con atteggiamento rilassato.
    Sono state osservate diverse specie animali che “ridono”.

    I ratti quando giocano o ricevono il solletico emettono vocalizzazioni a ultrasuoni che sono l’equivalente del nostro riso, secondo il neuroscienziato estone-americano Jaak Panksepp.

    I Bonobo sono scimmie appartenenti alla famiglia degli ominidi. Essi fanno giochi durante i quali ridono o sorridono anche durante le loro attività erotiche.

    La “iena ridens” (= iena maculata), carnivoro dell’Africa subsahariana, ha espressioni a bocca aperta simili alle risate, associate a suoni acuti. Esse regolano le interazioni ludiche in giovani e adulti.

    Ridere è una questione animale e le somiglianze riguardano anche le espressioni facciali: angoli della bocca all’insù, denti scoperti, guance "arricciate" che formano rughe attorno agli occhi.

    La risata è involontaria, incontrollata. Gli autori del su citato libro dicono che ridere non è soltanto un improvviso sfogo di energia da parte del sistema nervoso, a seguito di un rilascio di tensione. Il riso ha origini sociali e si sarebbe evoluto come strumento di condivisione non linguistica di stati d’animo tra compagni di gruppo, come quando un animale sbadiglia e presto tutti i suoi simili fanno lo stesso. Succede anche a noi umani e persino con specie diverse: provate a sbadigliare con il vostro cane!

    Anche la risata è contagiosa, il vantaggio è chiaro: faccio mio e ripeto ciò che vedo sulla tua faccia, così entriamo in sintonia e ci coordiniamo, nel gioco e in altre attività sociali.
    E’ interessante la risata di cortesia tra due persone che chiacchierano, senza che vi sia nulla di realmente comico in ciò che si stanno dicendo: è una sorta di punteggiatura del discorso che dà la cadenza, le pause, le sottolineature.

    Se capiamo una battuta significa che possediamo i codici culturali di decodifica dei nostri pari, e se non l’abbiamo capita, a volte ridiamo comunque per non sentirci esclusi.
    Ridere è l’espressione di uno stato emozionale ma anche comunicativo e sociale.

    L’interazione sociale tra due o più persone è una relazione sociale o relazione interpersonale di tipo cooperativo o competitivo, orienta le loro azioni e reazioni, caratterizzate dalla durata, l’intensità e la ripetitività nel tempo.

    L’interazione sociale è determinante nelle relazioni umane e nella costruzione delle identità individuali e collettive. Attraverso essa, le persone trasmettono e ricevono informazioni, esprimono emozioni, stabiliscono norme e valori e sviluppano abilità sociali. Inoltre, l’interazione sociale può avere effetti sia positivi che negativi sul benessere psicologico ed emotivo delle persone. Essa non si limita solo alle relazioni personali, ma comprende anche fenomeni più ampi come i processi di socializzazione, il conformismo sociale, l’influenza di gruppo e le dinamiche di potere. Inoltre, l’interazione sociale può variare ampiamente in termini di natura e contesto, informale o formale, individuale o di gruppo, e può comportare diversi livelli di intimità e vicinanza interpersonale.

    The end

  8. #23
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