Questo caldo pomeriggio del primo giorno del mese di giugno preannuncia l’estate e mi fa pensare sia al dipinto di Vincent Van Gogh titolato “Méridienne” sia la poesia di Eugenio Montale “Meriggiare pallido e assorto”
Vincent Van Gogh, La Méridienne (La siesta), olio su tela, 1890 circa, Musée d’Orsay, Parigi
(Méridienne deriva da "meridies" = mezzogiorno).
Questo dipinto, ispirato da un’incisione di Jean-François Millet, raffigura in un campo di grano la scena di riposo di due contadini, un uomo e una donna, adagiati vicini sullo strame adiacente al pagliaio. Lui si è tolto le scarpe (gli zoccoli ?), ha le mani dietro la testa e il cappello calato sopra gli occhi. Sulla sua sinistra ci sono due falcetti.
Verso il fondo si vedono un carro trainato da buoi e covoni di grano posati in terra.
I colori dominanti sono le sfumature dorate degli steli del grano e il blu degli abiti dei contadini. Il cielo senza nubi contribuisce a comunicare nell’osservatore un senso di pace e immobilità.
Pace e immobilità anche nella poesia di Eugenio Montale, titolata: “Meriggiare pallido e assorto” della riviera ligure di levante, che lo scrittore conosceva bene perché trascorreva le vacanze nella casa paterna di Monte Rosso, nelle Cinque Terre.
Testo
“Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora si intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”.
Piacerebbe anche a me trascorrere questo pomeriggio assolato e sonnolento nella casa sulla collina davanti al mare, vicino al caldo muro dell’orto, e ascoltare il verso dei merli, vedere le file delle formiche rosse. Osservare tra le fronde degli alberi le onde del mare e udire il frinire delle cicale sui vicini colli privi di vegetazione.
Nella quarta strofa (parte riflessiva) il poeta esprime le considerazioni sull'esistenza umana: vivere è come camminare lungo una muraglia invalicabile, irta di cocci aguzzi di bottiglia, che assurgono a simbolo delle difficoltà insormontabili della vita.