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Discussione: Lo Sciupafemmine: Funzione Sociale del Predatore Elegante in un’Età di Cartavelina

  1. #1

    Lo Sciupafemmine: Funzione Sociale del Predatore Elegante in un’Età di Cartavelina

    Nel tempo in cui gli uomini si sciolgono come ghiaccioli sotto il sole di un "ti devo parlare", e la virilità ha la consistenza dell’ovatta bagnata, riemerge una figura antica e denigrata, ma in fondo insostituibile: lo Sciupafemmine.
    Non il volgare raccoglitore seriale di consensi ormonali, ma il raffinato antropologo del desiderio, il sacerdote dell’attenzione temporanea. Quello che, una volta sparito, ti lascia il segno come un graffio sottile sulla psiche, non come un pugno maldestro sull'autostima.

    Zygmunt Bauman, nell’individuare la "società liquida", non sospettava che l’uomo stesso avrebbe finito per diventare un fluido di gestione emotiva difficile.
    Oggi l’archetipo maschile dominante oscilla tra il diluito emotivo e l’assorbente sentimentale.
    Il primo si adatta a tutto ma non sostiene nulla. Il secondo si inzuppa di bisogni altrui fino a marcire.
    Entrambi sono, per dirla con il sociologo Bicalcato Gallimberta "maschi biodegradabili": si decompongono alla prima intemperie sentimentale.

    Di fronte a questa pandemia di “cartavelina emotiva”, la donna contemporanea, soprattutto quella dotata di spirito critico e coscia allenata, si trova a fronteggiare partner il cui massimo slancio passionale consiste nel “sentirsi inadeguati” ma con empatia.
    È qui che entra in scena lo Sciupafemmine: figura liminale, irregolare, spesso disprezzata in pubblico e invocata in privato.
    Non un eroe, ma un catalizzatore.

    Lo Sciupafemmine , sia ben chiaro, non ama. O meglio, ama l’amare. Il suo orizzonte non è la conquista, ma la tensione della possibilità.
    È l'uomo che sa guardare senza possedere, toccare senza stringere, alludere senza consumare. E anche quando consuma, lo fa con la leggerezza del dilettante esistenziale, consapevole che ogni godimento, per essere tale, deve sapere di fine imminente.
    Come sosteneva il filosofo neoromantico Jean-Michel Séducteur, “lo Sciupafemmine è l’unico uomo che prende le donne sul serio, proprio perché non le prende per sempre”.

    Lo Sciupafemmine non promette eternità, e proprio per questo lascia un ricordo duraturo.
    Il suo gioco è onesto nella sua disonestà, trasparente nel suo opaco ondeggiare.
    Dove l’uomo liquido si dissolve al momento del bisogno, lo sciupafemmine incarna la forma fluida, come una scultura di vapore.

    È provocatorio (nonché estremamente rischioso) dirlo, ma lo Sciupafemmine svolge una funzione didattica nella maturazione dell’identità femminile postmoderna.
    La sua presenza-assenza stimola il confronto con l’immaginario, con la proiezione, con il limite.
    È un allenatore di illusioni, un personal trainer del disincanto, un mecenate dell'autonomia affettiva.
    Molte donne (e qui citiamo la sociologa Maura van Hysteria) dichiarano di “aver capito chi erano” proprio grazie all’incontro con uno Sciupafemmine.

    Non è stato un amore, ma un esame orale ben condotto.
    La sua capacità di ascoltare mentre sorseggia disinteresse apparente è, in realtà, uno specchio in cui la donna si riflette nella sua versione migliore e peggiore.
    E quando lui sparisce, come fa sempre, come deve, lascia una ferita pulita, chirurgica, utile. Una microchirurgia identitaria.

    Ogni sistema vitale ha bisogno di una forza oppositiva che ne stimoli la crescita. Lo Sciupafemmine è il parassita necessario della foresta emotiva: destabilizza, sì, ma fa fiorire.
    È un vaccino esistenziale, somministrato in dosi eleganti.
    Dove l’uomo cartavelina si frantuma nel “dimmi cosa vuoi che io sia”, il nostro eroe offre il mistero, la sfida, il rischio della non conferma.

    Non per crudeltà, ma per funzione epistemologica (parolone domenicale : check): attraverso di lui, si impara che l'altro non è mai decifrabile del tutto.
    E che il desiderio, per esistere, deve essere frustrato almeno un po’.
    Se la relazione è una liturgia, lo Sciupafemmine è il prete eretico che la celebra a modo suo, per rivelarne le crepe e i dogmi.

    Certo, lo Sciupafemmine non gode di buona stampa. È accusato di irresponsabilità, narcisismo, colonizzazione affettiva.
    Ma chi lo accusa spesso lo confonde con il tamarro compulsivo, collezionista da discount del cuore.
    No, il vero Sciupafemmine è lo stilista dell’ambiguità, e la sua etica è quella dell’intensità temporanea.
    Non promette, non illude, non costringe.
    Fa solo ciò che fa il fuoco: scalda, e poi brucia, ma non pretende di diventare termosifone.
    La sua utilità è invisibile: come un trauma costruttivo, rivela verità attraverso il dolore, o meglio, attraverso il piacere che non torna.

    In un mondo dove tutti vogliono essere solidi, presenti, responsabili e prevedibili, in un mondo, cioè, dove nessuno ha più il coraggio di dire di sedurre senza voler salvare, lo Sciupafemmine è la scintilla del caos benefico.

    Non c’è bisogno di imitarlo, né di glorificarlo. Basta riconoscerne la funzione: senza di lui, molte donne si accontenterebbero di uomini buoni come biscotti integrali, senza sapere che esiste anche il piccante.
    E allora, con tutto il rispetto per la cartavelina, utile a incartare i fiori, ma a strapparsi sulle spine, diciamolo forte:
    "SIA BENEDETTO LO SCIUPAFEMMINE ! "
    Ogni tanto serve qualcuno che ti guardi come se fossi un mistero da non risolvere, ma da complicare con stile.
    Ultima modifica di restodelcarlino; 08-06-2025 alle 14:10

  2. #2
    Annesso Filosofico-Sociologico: Lo Sciupafemmine come Figura-Limite nella Costellazione Relazionale Postmoderna

    Nel tentativo di comprendere il ruolo dello Sciupafemmine oltre la caricatura, è necessario introdurre una lettura più strutturata, che lo situi all'interno delle coordinate esistenziali contemporanee, come figura-limite tra eros, identità e struttura sociale.
    Per farlo, ci affidiamo a una triangolazione concettuale che comprende:
    1. Lo pseudo-Bauman
    2. Il filosofo simulazionista Alvise Dettaglietti, e
    3. La sociologa psico-ironista Eloisa D’Imprevisto.

    I. Lo pseudoBauman e la liquefazione delle promesse

    Nel mondo liquido dello pseudo-Baumann, il legame affettivo è diventato una connessione a tempo determinato, dove l’obsolescenza è programmata quanto quella degli smartphone. I partner, per lo più, non sono altro che interfacce relazionali con scadenza latente. La coppia come istituzione viene sostituita da unità di consumo reciproco. In questo paesaggio, la figura del “compagno stabile” diventa un modello utopico, mentre quella del “supporto emotivo freelance” dilaga.

    Il problema, secondo lo pseudo-Bauman, è che l’amore, per reggere, richiede impegno, ma l’impegno è incompatibile con l’algoritmica dello scrolling. In questo disallineamento sorge lo Sciupafemmine: non come difetto del sistema, ma come prodotto coerente del suo inconscio. Egli è il "portatore sano di temporaneità".

    II. Dettaglietti e il paradigma dell’irrisolto funzionale

    Alvise Dettaglietti, nel suo trattato “Seducere ergo sum”, sostiene che “la figura del seduttore è il solo residuo spirituale che l’Occidente ha mantenuto dalla tragedia greca”. Per Dettaglietti, lo Sciupafemmine non è tanto un soggetto, ma una strategia epistemica (parolone in saldo: approfitto). La sua instabilità ontologica (idem) funge da antidoto alla deriva terapeutica della relazione, ovvero a quell’infantilizzazione del rapporto per cui tutto deve essere parlato, negoziato, rassicurato.

    Invece, il nostro eroe resta in silenzio, lascia vuoti, crea mancanze. Insegna che non tutto si può processare emotivamente. Lo Sciupafemmine è un maestro dell’ambiguità fertile, colui che non chiarisce, ma feconda il dubbio.

    III. Eloisa D’Imprevisto e la teoria dell’empatia intermittente

    La sociologa Eloisa D’Imprevisto ha studiato per anni i "rapporti emotivi asincroni", ovvero tutte quelle situazioni in cui una parte ama di più e l’altra sa parlare bene durante i silenzi. Nel suo saggio "Ti penso, quindi sparisco", introduce il concetto di empatia intermittente, cioè la capacità di entrare in sintonia emotiva solo a intervalli, spesso nei momenti meno utili, ma più intensi.

    Secondo D’Imprevisto, questa forma irregolare di connessione è esattamente ciò che rende lo Sciupafemmine interessante e formativo: la donna (o l’uomo, nei casi invertiti) è costretta a imparare a tollerare l’assenza, a dare senso alla mancanza, a smettere di dipendere dalla continuità affettiva come garanzia di valore. È un addestramento alla non-dipendenza.

    IV. Il paradosso emancipativo
    Paradossalmente, proprio colui che viene accusato di “usare e gettare” può funzionare, per alcuni soggetti relazionali, come veicolo di emancipazione.
    Il rapporto con lo Sciupafemmine, se affrontato con consapevolezza, obbliga al superamento del mito della reciprocità permanente e all’approdo verso una forma più radicale di autonomia: quella che non pretende, non trattiene, non rimprovera, ma sceglie, e poi lascia andare.

    In questo senso, lo Sciupafemmine è una tappa di formazione. Non è colui che si prende cura, ma colui che costringe l’altro a curarsi da sé. È un non-terapeuta erotico, la cui irresponsabilità strategica produce una responsabilizzazione affettiva.

    V. Conclusione: oltre il bene e il male relazionale
    Non è necessario amare lo Sciupafemmine. Non è neppure necessario assolverlo. Ma sarebbe ingenuo non riconoscere che, nella società delle relazioni ansiogene, lui opera come contro-modello utile. È la scossa, la crisi, il vuoto.

    È la crepa che mostra quanto fosse fragile la struttura, non colui che l’ha distrutta.
    Ultima modifica di restodelcarlino; 08-06-2025 alle 13:32

  3. #3
    Penso che passero' la notte in veglia penitenziale, con le mani giunte e il cuore ancora sconvolto.
    Scrivo con il labbro stretto e lo chignon tremante, dopo essere incappata (mio malgrado!), per uno di quegli sventurati click che la tecnologia oggi ci infligge, nella discussione “Elogio dello Sciupafemmine” , che altro non è se non un’apologia della perdizione mascherata da filosofia da barbiere libertino!

    Vi confesso che ho letto, sì, perché io credo nel'importanza della conoscenza , ma sbirciando dal buco della serratura, come quando si assiste alle immoralità lussuriose frutto di libidine.
    E ne sono uscita provata, turbata, e, oso dirlo… gonfia di indignazione!
    Ora, io sono una donna d’altri tempi.

    Una che piega le tovaglie, raddrizza le cornici e crede ancora che la decenza sia una virtù, non un’opinione.
    Una che ha cresciuto figli educati, pettinati, ben stirati e con la cintura sempre allacciata, figli, tutti educati a dire “per favore” anche al frigorifero, e a non nominare mai la parola “desiderio” se non seguita da “di pentimento”.
    Moglie devota di Marito esemplare, Padre dei miei figli, autorevole ma non autoritario, uomo dabbene e collezionista di santini.
    La mia vita è semplice, ordinata, e strutturata attorno a tre pilastri non negoziabili: Casa, Famiglia, Chiesa (non necessariamente in quest’ordine).

    E ora voi venite a raccontarmi, con tutta la vostra finta eleganza para-filosofica, che un tale "sciupafemmine", un dissipatore di virtù, un ballerino del caos con camicia sbottonata e sguardo da metonimia sessuale, un seduttore seriale sarebbe… una figura sociale utile?

    Secondo voi, questo individuo, che cambia compagnia come si cambiano i calzini corti con i sandali, aiuterebbe addirittura la donna a “scoprire se stessa”!
    Ma signori miei, c’è già lo specchio, il parrucchiere e il pranzo della domenica per farlo! Non c’è bisogno di un “maestro di ambiguità fertile” (ma che vuol dire?) che dissemina caos relazionale sotto mentite spoglie di stimolo esistenziale.

    Non posso restare in silenzio di fronte a una tale orgia concettuale di ammicchi e allusioni, un turbine di parole profumate di zolfo e disordine matrimoniale! Ma come osate insinuare che una donna possa "maturare interiormente" dopo l'incontro con un uomo che non le offre né anello né mutuo condiviso?
    Vergogna! Vergogna e vituperio!

    Dove sono finiti i sani ideali della patriarcale Famiglia ottocentesca? Quella dove l’uomo, silenzioso e panciuto, legge l'Osservatore, mentre la moglie prega per la sua costanza nel non commettere adulterio, rammendando mutande e calzini, appena fatto il bucato, nella casa tirata a specchio, mentre il ragù pippia?

    E poi...si citano filosofi finti con nomi da shampoo francese e sociologhe che probabilmente si vestono di velluto rosso anche a colazione. E non parliamo poi di questi filosofi dal nome improbabile, come “Dettaglietti”!

    Basta con questi personaggi che non offrono né stabilità, né garanzie, né una spalla su cui appoggiarsi, ma solo un concetto confuso di libertà, scritto in corsivo e con troppe metafore.
    Siete, con ogni probabilità, strumenti inconsapevoli del declino morale, araldi postmoderni dell’ambiguità sentimentale, e propagandisti della precarietà affettiva.

    Concludo affermando che non cadrò nelle vostre trappole retoriche.
    Non mi lascerò abbindolare da quei giri di parole che profumano di dopobarba e relativismo.
    La decenza non è un’opinione. È una postura — e io la mantengo





    Fondatrice del Comitato “Sante sì, sciupate no”

  4. #4
    ...la domandina di riserva del tenente Colombo, sulla porta

    Una Donna (di genere femminile) che abbia interagito con uno 'sciupafemmine', è da considerarsi, ipso facto, "sciupata”?


    Domanda legittima, seppur viziata dalla premessa. Perché “sciupata”, esattamente? Come? E da cosa? E in base a quale metrica/riferimento sartoriale, meccanico o mistico-domestico, si misura (o si dovrebbe misurare) tale "sciupamento" (o "sciupio"? )?

    Partiamo da qui: la parola “sciupata” appartiene a quel lessico da magazzino dell’anima, in cui l’essere umano viene trattato come oggetto d’uso, e per di più monouso. È il linguaggio delle stoviglie emotive: una volta che si è “toccata” la donna, essa andrebbe scartata, come se il suo valore fosse tutto nella superficie e nella tenuta agli urti.

    Ma qui non siamo in una dispensa, né in un catalogo IKEA dei sentimenti. Né nel "pezzo toccato, pezzo giocato" degli scacchi o "Pane toccato, pane acquistato" del supermarket

    Siamo nel territorio della Persona: Essere senziente, mutevole, complesso, che è capace di scegliere, apprendere, metabolizzare, e persino sbagliare senza per questo decadere a “materiale non più conforme”. Casualmente, donna (di genere femminile)

    Chi definisce la donna “sciupata” dopo una interazione (se fossimo in fisica quantistica, direi "misura" ) con uno “sciupafemmine”, rivela non solo una visione sessista (termine tecnico), ma soprattutto una teoria passiva della coscienza. Secondo questa visione, molto in voga nei salotti dell’800 e nelle "api-urs" dei bar di moda, la donna sarebbe una pagina bianca su cui l’uomo scrive la sua storia. E ogni passaggio maschile lascierebbe una macchia.

    E invece no: la donna (di genere femminile...ed anche no), come ogni essere umano, non si consuma, si trasforma.

    Interagire con uno “sciupafemmine”, figura controversa, certo, ma non priva di potenzialità pedagogiche indirette, può rivelarsi un’esperienza destabilizzante, sì, ma anche un’occasione di messa a fuoco. A volte ci si accorge di ciò che non si è, o di ciò che non si vuole essere, proprio confrontandosi con ciò che brilla e poi sparisce.

    La donna, in questo incontro, non si perde, semmai si misura. E misura lui.

    E se cambia, non è perché “sciupata”, ma perché viva.
    E chi è vivo si modifica. Chi evolve non è mai un oggetto.

    Chi cresce non si butta via.

    Manco una donna, di genere femminile.
    Ultima modifica di restodelcarlino; 08-06-2025 alle 17:16 Motivo: ortografia

  5. #5
    Opinionista
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    Ciao tisana, siamo quasi in estate e tale bevanda è meglio ghiacciata anziché “bollente”.

    Dici che credi “nell’importanza della conoscenza”, che sei una “moglie devota” e che tuo marito è un “collezionista di santini”. Allora non puoi esimerti dal conoscere meglio il nick “Cono”, uomo di chiesa e di virtude, è lo “sciupafemmine” addetto al centro di ascolto ecclesiastico per “cuori infranti”.

    E’ rispettoso dei tuoi stessi valori: anche lui è tutto dedito a “casa, chiesa e famiglia”. Non basta tale triade, lui aggiunge “Dio, patria e famiglia”.

    Il suo immaginario erotico non è contrapposto al ragionamento logico. Quando è attratto da una donna le sue fantasie sessuali non trovano ostacoli. Si accresce in lui l’energia e la forza propulsiva, che dirotta verso la preghiera o i sogni ad occhi aperti. Le emozioni gli fanno fantasticare scenari, personaggi e situazioni che necessitano di realizzazione.

    Dopo quanto ti ho detto passerai questa “notte in veglia penitenziale, con le mani giunte e il cuore ancora sconvolto" ?

  6. #6
    Opinionista
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  7. #7
    la viaggiatrice L'avatar di dark lady
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    Mmm, per quanto mi riguarda, dipende da come "lo sciupafemmine" si pone.
    Se uno si pone sinceramente, come qualcuno che non vuole una relazione, direi che fa benissimo.
    Può essere una bella tappa di vita, si può avere uno scambio che dura il tempo che deve durare e che comunque lascia qualcosa.
    Ma se uno illude e poi sparisce, dire che è formativo per la donna... anche no.
    O meglio. Sì, è formativo, nel senso che capisci che proprio con certa gente non ci vuoi avere a che fare.
    “Io e il mio gatto... siamo due randagi senza nome che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene” [cit. Colazione da Tiffany]

    Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità [cit: Manifesto futurista] .

  8. #8
    Sintesi della svanverata, senza sonaglini, per lettori/lettrici che non hanno tempo da perdere:


    Lo “Sciupafemmine” è figura ambigua, spesso ridotta a stereotipo del seduttore frivolo, ma potenzialmente interpretabile come catalizzatore relazionale: non costruisce legami duraturi, ma costringe a riconsiderare desideri, illusioni e limiti.
    Definire la donna che vi interagisce come “sciupata” implica una visione oggettuale dell’identità femminile, dove il valore è funzione dell’integrità-presunta di un “prima”.
    Al contrario, la relazione, anche effimera, non degrada ma modula: agisce come occasione di esperienza, non come usura.
    La persona non si consuma; si evolve.

    La donna non è un oggetto toccato, ma un soggetto che decide, reagisce, apprende — e cresce.
    Lp "Sciupafemmine", lui...vassapé.

  9. #9
    la viaggiatrice L'avatar di dark lady
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    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Sintesi della svanverata, senza sonaglini, per lettori/lettrici che non hanno tempo da perdere:


    Lo “Sciupafemmine” è figura ambigua, spesso ridotta a stereotipo del seduttore frivolo, ma potenzialmente interpretabile come catalizzatore relazionale: non costruisce legami duraturi, ma costringe a riconsiderare desideri, illusioni e limiti.
    Definire la donna che vi interagisce come “sciupata” implica una visione oggettuale dell’identità femminile, dove il valore è funzione dell’integrità-presunta di un “prima”.
    Al contrario, la relazione, anche effimera, non degrada ma modula: agisce come occasione di esperienza, non come usura.
    La persona non si consuma; si evolve.

    La donna non è un oggetto toccato, ma un soggetto che decide, reagisce, apprende — e cresce.
    Lp "Sciupafemmine", lui...vassapé.
    E che ci dici della "sciupauomini"? Esiste anche questa, di figura? O esiste solo al maschile?
    “Io e il mio gatto... siamo due randagi senza nome che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene” [cit. Colazione da Tiffany]

    Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità [cit: Manifesto futurista] .

  10. #10
    Citazione Originariamente Scritto da dark lady Visualizza Messaggio
    E che ci dici della "sciupauomini"? Esiste anche questa, di figura? O esiste solo al maschile?
    https://discutere.it/showthread.php?...47#post1904547

  11. #11
    Astensionista L'avatar di nahui
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    Mah, a me sembrano soggetti da segnalare al WWF, inserire in night-parchi protetti, con pupazze robot dotate di IA per non farli annoiare Perchè le donne li considerano sempre più spesso come oggetti, li lasciano prima del termine entro il quale volevano lasciarle loro, e questo li confonde, li stressa. Dopo la prima inoculazione impari a conoscerli, ormai fanno tenerezza, il repertorio è usurato. Sono carini, però, divertenti: se impari a sfruttare il love-bombing fanno anche tanto bene alla pelle
    Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
    (George Bernard Shaw)

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