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Discussione: "Sincero, per favore”: una formula manipolativa travestita da richiesta etica

  1. #1

    "Sincero, per favore”: una formula manipolativa travestita da richiesta etica

    Frasi come “Sii sincero, per favore” o “Rispondi sinceramente” sembrano, a prima vista, inviti alla chiarezza e alla verità.
    Si presentano come espressioni eticamente neutre o addirittura moralmente elevate, in quanto associate a valori universalmente condivisi: verità, autenticità, trasparenza.
    Tuttavia, una lettura più attenta e meno ingenua mostra come simili formule siano spesso strumenti manipolativi sottili, carichi di presupposti impliciti e strutturalmente gerarchizzanti.

    Il primo effetto manipolativo ( o manipolatorio? ) riguarda la ridefinizione implicita dei ruoli all’interno dell’interazione comunicativa: chi pronuncia “Sii sincero, per favore” non formula solo una richiesta, ma assume, senza dichiararlo esplicitamente, la posizione di giudice della sincerità altrui.
    Dal punto di vista filosofico, questa dinamica richiama l’analisi foucaultiana del potere come dispositivo diffuso e impersonale che si esercita attraverso la produzione di verità.
    La frase “sii sincero” è un esempio di dispositivo di potere che maschera la propria autorità dietro una domanda morale.
    Chi la pronuncia si appropria del diritto di stabilire cosa sia vero, come e quando.
    E lo fa non reprimendo, ma invitando a “confessare” secondo regole non negoziate.

    È l’atto di far passare per neutra una posizione di controllo. Un “parlami” che in realtà è un “confessami”. E chi confessa, si sa, non è mai alla pari.
    In questo contesto, chi chiede sincerità si auto-legittima come “veridico” per definizione. La sua stessa posizione di domanda lo esenta dal dovere di sincerità: egli non deve essere sincero, perché la sua funzione è quella del giudizio, non della confessione.
    L’altro, invece, viene posto nella condizione dell’imputato, il cui comportamento dev’essere vagliato. L’asimmetria è già tutta nell’atto linguistico: l’uno domanda la verità, l’altro è chiamato a fornirla.

    Il secondo elemento manipolatorio è di tipo presupposizionale. “Sii sincero” vuol dire, in modo obliquo ma efficace: “So che di norma non lo sei.”:é un richiamo alla verità che funziona proprio come lo sguardo del doganiere che ci chiede se abbiamo qualcosa da dichiarare.
    Tale meccanismo è ben noto nelle teorie della comunicazione assertiva e nelle analisi della retorica ostile: si tratta di una tecnica detta "presupposizione colpevolizzante": si presuppone la colpa per rendere difensiva la risposta.
    In termini comportamentali, questo richiama le dinamiche tipiche della comunicazione passivo-aggressiva, in cui l’aggressività non viene espressa direttamente ma insinuata nella forma della richiesta.
    L’interlocutore, posto sotto accusa preventiva, è privato della possibilità di una risposta neutra: anche rispondere sinceramente appare come una conferma del sospetto iniziale.

    Un paradosso interessante emerge quando si riflette sull’identità di chi pronuncia la frase. Chi sente il bisogno di chiedere sincerità non solo presuppone che l’altro tenda a mentire, ma rivela implicitamente che, per lui, la menzogna è una possibilità costante e concreta. Proiettando sull’altro il sospetto, confessa involontariamente di conoscere bene la logica della dissimulazione.

    Questo meccanismo è ben noto nella psicologia del comportamento difensivo, in particolare nei processi di proiezione. Secondo la teoria psicoanalitica, ciò che un soggetto rifiuta di ammettere in sé tende a essere attribuito ad altri.
    Da qui l’ipotesi: il bisogno di chiedere sincerità nasce da una familiarità personale con la menzogna, che viene esorcizzata assegnandola all’interlocutore.
    Anche in prospettiva etico-filosofica, possiamo richiamare la distinzione aristotelica tra ethos e pathos: chi possiede un ethos virtuoso non sente il bisogno di rivendicarlo. Invece, chi invoca verità troppo frequentemente rischia di mostrare la propria incapacità a sostenere la verità nel proprio comportamento, e quindi la sua sfiducia nella possibilità che essa emerga spontaneamente anche negli altri.

    Va infine notato che “sii sincero” è una frase performativa condizionante: chiede di essere qualcosa (“sincero”), ma in un contesto già contaminato dalla richiesta stessa. In filosofia del linguaggio, si parlerebbe di un "paradosso performativo": l’autenticità, per definizione, non si comanda. Chiedere sincerità è come dire “sii spontaneo”: l’atto di comandarla la inquina.
    La vera sincerità è un atto che nasce dalla fiducia reciproca e dalla libertà di espressione. Quando diventa una risposta obbligata, vigilata e giudicata, si trasforma in un’esibizione forzata. Il soggetto non è più libero di scegliere cosa rivelare, ma deve rispondere al bisogno di rassicurazione dell’altro. Ciò crea un ambiente tossico in cui la verità non è ricercata ma imposta.

    Conclusione
    “Sii sincero, per favore” non è una frase anodina, un modo di dire (come affermo' a suo tempo un'illustre quanto sporadica frequentatrice del forum che la usava spesso). È una micro-struttura di potere, una retorica del sospetto, una trappola comunicativa. Finge di evocare l’etica, ma (quasi sempre) serve a manipolare, colpevolizzare e sottomettere. Chi la pronuncia si autoinveste del ruolo di giudice morale, mentre rivela, inconsapevolmente, il proprio coinvolgimento in una logica di diffidenza, controllo e potenziale menzogna.
    Comprendere la natura di queste espressioni è un primo passo per neutralizzarne l’effetto, e per tornare a concepire la verità come uno spazio condiviso e non come un tribunale.

    Si, vabbé. E, concretamente?

    Leggere il prossimo post.
    Gratuito

  2. #2
    Senza la pretesa di esporre una "Lectio magistralis" sul tema, qualche "idea operativa spicciola": banalità frutto di buon senso. (Per questo, aggratisse et amore dei )
    Una volta svelata la natura manipolativa della frase “Si sincero/a, per favore”, che si fa? Non sta bene urlare “Manipolatore!”, come un giullare monellaccio e screanzato. O, almeno, non subito. Né scappare. Né mettersi in ginocchio compuntamente e rispondere, chiedendo preventivo perdono. Ma qualcosina, classicissima e banale, si può fare.

    Ecco il "Vedemecum del/la sincero/a interrogato/a"

    1. Smontare e disattivare il "trucchetto retorico"

    Basta una frasetta tipo ( notare il tono sereno e distaccato da milord/milady che prende il thé ):
    “Interessante che tu senta il bisogno di chiedermi sincerità: c’è qualcosa che ti fa pensare che non lo sia già?”
    Con una domanda del genere si sposta l’asse: non più “io mi giustifico”, ma “tu mi spieghi la tua posizione”.
    La forza del meccanismo manipolativo sta nel non dichiararsi tale; quindi basta portarlo alla luce, con tono neutro, perché perda efficacia.
    2. Riportare l’interazione su un piano paritario
    Quando il gioco è gerarchico, bisogna rimettere le pedine sullo stesso piano. E bisogna "metter la pressione".
    Si può usare una formula come:
    “Certo, posso dirti come la penso. Ma solo se anche tu sei disposto ad ascoltare senza aver già deciso, come al solito, cosa sia vero per te.”
    Qui non si nega la richiesta, ma si rilancia l’equilibrio. Non è sfida, è riequilibrio dei ruoli. Chi chiede sincerità diventa co-responsabile dello spazio di verità, non suo sorvegliante.

    3. Non accettare la premessa implicita
    Spesso la trappola è nella presupposizione di colpa. Allora, con tono calmo e gentile, da calma prima della tempesta:
    “Mi sembra che tu stia partendo dal presupposto che io menta. Possiamo chiarire prima questo, se vuoi.
    In questo modo si rimette in discussione la base della conversazione, evitando di legittimare il gioco a carte già distribuite. Si chiede un mazzo di carte nuovo e sigillato

    4. L’arma segreta: l’ironia sottile
    Un pizzico d’ironia permette di destabilizzare e di riprendere il gioco in mano. Il manipolatore aduso (bello, vero? ) a questo genere di trucchetto é spesso privo di senso dell'humour.
    “Solo se tu prometti di credermi anche se dico qualcosa che non ti piace.”
    "Già Pasqua, per la confessione?"
    “Ah, oggi è il turno della sincerità? Bene, allora incominciamo da te.”
    e similari
    Lo scopo é mostrare che il gioco é scoperto. Quindi, inutile.

    In sintesi: davanti a una richiesta di sincerità manipolatoria, basta ricentrare il quadro, e chiedere conto della dinamica prima ancora di entrare nel merito.
    Non partecipare allo spettacolo senza aver scelto il ruolo ed il costume.

    Urlare "Manipolatore"! come un giullaraccio irriverente qualsiasi e gettare pummarole fraciche....perché no, alla finfine?
    Ultima modifica di restodelcarlino; 07-06-2025 alle 15:16

  3. #3
    Opinionista
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    sincerità e verità sono dei "valori". tu quale alternativa proponi?

  4. #4
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    Alla descrizione aggiungerei - sempre che non mi sia sfuggita - anche la creazione di una finta confidenza tra chi chiede sincerità e chi dovrebbe fornirla, sempre secondo i canoni dell' altro.

  5. #5
    Opinionista L'avatar di Adalberto
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    Avete mai morso un favo con il miele dentro?
    Quello è un sapore autentico.
    Certamente tocca masticare la cera per poi sputarla. Poi ne rimane sempre un po' appiccicata ai denti, ma è questo che la rende un'esperienza originale, completa, perché NON è sin-cera. E allora perché mi piace?
    Perché masticando separi la cera dal miele: è il processo di separazione che è qualificante.

    Cosicché oserei anche aggiungere che non si è mai completamente sinceri, perché a ben vedere, se ben ci conosciamo, rimane sempre un qualcosa in ombra e qualcosa di valorizzato un po’ più del dovuto quando comunichiamo o semplicemente ci esprimiamo.
    L’aspetto qualificante in un rapporto, anche in quello con sé stessi, è accettare di scandagliare oltre, Non per cercare chissà quale verità, bensì per riconoscere nelle nostre contraddizioni uno stato autentico.
    Ci son dei giorni smègi e lombidiosi...
    ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi.
    (Fosco Maraini)

  6. #6
    Citazione Originariamente Scritto da Bauxite Visualizza Messaggio
    Alla descrizione aggiungerei - sempre che non mi sia sfuggita - anche la creazione di una finta confidenza tra chi chiede sincerità e chi dovrebbe fornirla, sempre secondo i canoni dell' altro.
    https://discutere.it/showthread.php?...07#post1904507

  7. #7
    Opinionista L'avatar di Ale
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    La peggio roba per me è quando qualcuno mi dice, devi dirmi la verità, la partirebbe in automatico una testata nei denti...
    ...fortunatamente sono un tipo pacifico e mi limito a rispondere, io devo solo morire
    ...se poi insiste arriva la balla e glielo dico pure che è tale, e che se l'è cercata

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