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Discussione: Viaggio in Toscana

  1. #1
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    Viaggio in Toscana

    Nell’inserto “Domenica” del quotidiano “Il Sole 24 Ore” del 22 giugno scorso c’è una pagina dedicata all’artigianato toscano.

    L'articolo informa che dal 12 al 14 settembre a Firenze, nel Giardino Corsini, ci sarà la mostra titolata: “Artigianato a Palazzo”. Parteciperanno con i loro manufatti numerosi artigiani della regione.

    Ancora a Firenze, in piazza Santa Croce, nel primo weekend di ottobre, la “Fiera internazionale della ceramica, con la partecipazione di ceramisti italiani ed europei.

    A Lucca, dal 3 al 5 ottobre, è prevista la rassegna di artigianato e creatività. Verranno esposti gioielli, abiti e altri manufatti. Per saperne di più: visittuscany.com


    Fin dal Rinascimento in Toscana il confine tra artigianato e arte è fluido. Numerosi “maestri di bottega” con la loro conoscenza dei materiali, l’abilità manuale e la tecnica riuscirono, e riescono, a creare opere d’arte.

    Nel 1951 a Firenze, nella Villa Torrigiani, ci fu la prima sfilata di alta moda italiana, naturale evoluzione dell’arte manifatturiera (le pelli, i tessuti, la cura dei dettagli) e inizio del “Made in Italy”, simbolo di stile e qualità.

    Nel capoluogo toscano, sul Ponte Vecchio le “botteghe sospese sull’Arno” mostrano oggetti preziosi che da secoli unisce oro, argento e gemme.

    Anche Arezzo è un importante centro orafo internazionale, noto per la produzione industriale e semi-industriale di gioielli e semilavorati.

    Echi rinascimentali ci conducono a Montelupo Fiorentino, Comune in provincia di Firenze, da secoli riferimento per la ceramica artistica e tradizionale. E’ da visitare il locale Museo della ceramica.

    Dalle ceramiche policrome al bianco marmo delle cave di Carrara. Quei grandi blocchi vengono scolpiti con abilità e trasformati in sculture.

    La lavorazione del ferro. Il crepitio del fuoco e il rumore del martello nelle botteghe dei fabbri ci raccontano l’arte del ferro battuto, che viene modellato in forme sinuose. A Stia, nel Casentino, la tradizione della lavorazione del ferro è attiva e induce l’amministrazione comunale ad organizzare la “Biennale dell’arte del ferro battuto” e il “Campionato del mondo della forgiatura”.

    In Toscana la versatilità artigianale e artistica viene espressa anche nella lavorazione del pellame. Il distretto conciario più importante si estende nelle province di Firenze e Pisa, in particolare nei Comuni di Montopoli Val d’Arno, San Miniato e Fucecchio. Vengono realizzati prodotti in pelle di alta qualità per la moda e il design.

    Lavorazione artigianale pure nell’ambito cartario e nella rilegatura artistica. I distretti cartari di Lucca e Val di Pescia vantano questa tradizione fin dal XV secolo e sono ancora oggi specialisti della “carta a mano”, che si piò vedere a Pescia nel Museo della carta.

    Da non dimenticare è l’arte del ricamo e del merletto: necessita di pazienza e precisione. Anghiari (in provincia di Arezzo) è nota per il merletto a tombolo. Ogni anno gli viene dedicata una mostra. Nella vicina Sansepolcro c’è lo “Spazio del merletto”. Anche Pistoia ha la tradizione del merletto. I manufatti si possono ammirare nel Museo del ricamo, ospitato nel nobile Palazzo Rospigliosi. A Barberino Tavernelle (prov. di Firenze) viene ancora realizzato un tipo di merletto ad ago denominato “punto Tavernelle”, creato all’inizio dello scorso secolo.

    Per quanto riguarda i tessuti il riferimento è Prato, distretto laniero fin dal XII secolo. La città vanta anche una storica vocazione all’economia circolare, trasformando gli scarti in “lana rigenerata”. Il locale Museo del tessuto permette di comprendere l’evoluzione di questa industria tessile.

    L'iridescenza dell’alabastro conduce nei laboratori di Volterra (prov. di Pisa).Qui l’alabastro gessoso, con la sua compattezza e trasparenza, viene estratto dalle cave e scolpito da artigiani che tramandano una tradizione di oltre duemila anni.

    Pure la lavorazione della scagliola è un’arte antica. La tecnica decorativa imita l’intarsio marmoreo, con un composto a base di selenite. Maestri artigiani creano opere policrome, levigate e lucidate, illusioni ottiche e tattili realizzate con perizia medievale.

    p. s. Vega e Cono cosa c’è da aggiungere a quanto ho scritto ?

    segue

  2. #2
    Opinionista L'avatar di Vega
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    Direi che a Stia c'era la lavorazione della lana, da cui il famoso "Panno Casentino", un tessuto ruvido e riccioluto con cui ancora oggi si fanno soprattutto cappotti. C'è anche il Museo della Lana da visitare.

    Poi nell'area Fiorentina, storicamente la zona di Signa, i cappelli di paglia. Anche qui museo da visitare sull'arte della fabbricazione dei cappelli.
    Pienamente funzionante e programmata in tecniche multiple

  3. #3
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    Grazie Vega per le tue informazioni.

    Arrivano nel momento giusto. Stavo elaborando il post sul cosiddetto "cappello di paglia di Firenze".

    Che ne pensi se a Cono per il suo compleanno io e te gli regaliamo un cappello di paglia (= rafia) simile a questo ?


    Si ripara la testa dal sole mentre lavora nella “vigna del Signore”.


    Un articolo nella pagina del quotidiano che ho citato nel mio precedente post informa che nel 1714 un bolognese, l’imprenditore Domenico Sebastiani Michelacci, si trasferì a Signa (vicino Firenze) e mise a punto un’innovativa tecnica di coltivazione della paglia da intreccio.

    La sua intuizione fu quella di seminare il frumento non per scopi alimentari, ma solo per la produzione di paglia per creare cappelli.

    Cercò di ottenere la materia prima migliore, con la coltura del grano “marzuolo”: veniva raccolto in anticipo sui tempi di maturazione per ottenere steli molto fini e la paglia morbida e resistente, con la quale realizzare trecce sottili e cappelli di alta qualità.

    La paglia veniva raccolta e lavorata con maestria dalle “trecciaiole”.

    Così Signa divenne centro promotore insieme alle località vicine della produzione di paglia per cappelli poi esportati in tutto il mondo da Livorno.

    L’importanza di questa industria era tale che Leopoldo di Lorena nel 1840 fece costruire la ferrovia per facilitare e incentivare il commercio dei cappelli di paglia, esportati soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dove venivano denominati “Leghorn”, nome inglese di Livorno. Dal porto livornese quei cappelli “salpavano” per raggiungere le coste americane e le capitali europee.

    Fin dalle origini le produzioni dei cappelli di paglia erano gestite dalle donne, che non esitarono a battersi per i propri diritti. Nel 1896 furono protagoniste del primo sciopero documentato. Andarono in piazza per protestare contro la svalutazione del loro lavoro.

    Dopo un lungo periodo di prosperità l’attività delle trecciaiole iniziò ad essere sottopagata, in parte a causa della concorrenza, anche dalla Cina. L’80% della popolazione di Signa era coinvolta in questo mestiere e la minaccia di un deprezzamento del lavoro motivò le donne ad organizzarsi in cooperative, che durarono pochi anni, perché all’inizio degli anni ’50 dello scorso secolo cominciò il declino del conformismo sociale maschile di indossare il cappello.

    Comunque ci sono ancora 25 aziende storiche attive e la paglia è presente nella memoria collettiva della piccola città anche per merito del locale "Museo del cappello di paglia di Signa".

    Il cappello di paglia fu un elemento ricorrente nell’arte dei Macchiaioli. Per quei pittori toscani fu strumento narrativo e pittorico. Le ampie falde creavano zone d’ombra sui volti, esaltando i contrasti.

    “Il cappello di paglia di Firenze” è anche il titolo di un’opera lirica scritta dal compositore musicale Nino Rota.


    Signa, Museo della paglia e dell’intreccio
    Ultima modifica di doxa; Ieri alle 17:51

  4. #4
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  5. #5
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    Empoli è famosa per l'arte vetraria, per l'abbigliamento e per i gelati. Anni fa venne il professor Paolucci a fare questo documentario (nei primi 15 minuti potete vedere anche la nostra parrocchia)

    https://youtu.be/87AjhpYb_5M?si=fhBN7dvdg4GTdBtn
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