46

Elia - Elia pregava per il pentimento di Israele — Sui monti di Galaad, a oriente del fiume Giordano, al tempo del re Acab, abitava un uomo devoto e fedele, che avrebbe agito coraggiosamente per arginare la dilagante apostasia d’Israele. Pur vivendo lontano da ogni città importante e senza avere nessuna posizione di rilievo, Elia di Tisbe accettò la missione affidatagli, fiducioso che Dio lo avrebbe guidato e gli avrebbe assicurato il successo. Egli pronunciava parole forti, che esprimevano la sua fede, e tutta la sua vita fu consacrata a un’opera di riforma. La sua era la voce di chi grida nel deserto, per condannare il peccato e opporsi all’ondata straripante del male. Pur presentandosi al popolo per rimproverarlo del peccato, trasmetteva anche un messaggio di speranza a tutti coloro che desideravano essere incoraggiati. Mentre Elia vedeva Israele sprofondare sempre più nell’idolatria, la sua anima si angosciava e sentiva crescere dentro di sé una profonda indignazione. Dio era intervenuto potentemente in favore del suo popolo: lo aveva liberato dalla schiavitù e gli aveva dato la terra di altri popoli. . . perché osservassero i suoi comandamenti e ubbidissero alla sua legge. (Salmo 105:44, 45) Ma gli obbiettivi dell’Eterno erano stati quasi dimenticati. L’incredulità stava rapidamente separando la nazione eletta dalla fonte della sua forza. Considerando questa apostasia, Elia, dall’alto del suo rifugio montano, si sentiva sopraffatto dal dolore. Con l’animo angosciato implorò Dio di frenare la malvagità del popolo e di punirlo, se fosse stato necessario, affinché orientasse diversamente la sua vita e fosse in grado di valutare il suo allontanamento da Dio. Elia desiderava ardentemente che Israele si ravvedesse, prima di sprofondare sempre più verso il basso, tanto da costringere il Signore a distruggerlo completamente. La preghiera di Elia fu esaudita. Ripetuti appelli, rimostranze e avvertimenti non avevano portato Israele al pentimento. Era perciò giunto il tempo in cui Dio doveva parlare agli israeliti, evidenziando le conseguenze dei loro errori. Siccome gli adoratori di Baal affermavano che i tesori del cielo — la rugiada e la pioggia — non venivano dall’Eterno, ma dalle forze che regolavano la natura, e che tramite l’energia creativa del sole la terra veniva arricchita e poteva produrre abbondanti raccolti, la maledizione di Dio doveva colpire il suolo contaminato. Alle tribù apostate d’Israele doveva essere dimostrata la follia di confidare nel potere di Baal, per ottenere vantaggi terreni. Fino a quando non si fossero pentiti, riconoscendo Dio come fonte di ogni benedizione, non ci sarebbe stata nel paese né rugiada né pioggia. — Prophets and Kings, 119, 120
Il timore di Dio scarseggiava sempre più in Israele. La loro cieca idolatria offendeva il Signore sempre di più, e non c’era nessuno che avrebbe osato opporsi apertamente contro questo stato di cose. Oltre a Baal, adoravano il sole, la luna e le stelle. Avevano consacrato templi e boschi, in cui costruivano gli altari per il culto. I benefici che Dio dava al suo popolo non risvegliarono in loro la gratitudine verso il Donatore della vita. Ogni dono ricevuto dal cielo, come i ruscelli, i fiumi d’acqua viva, la dolce rugiada, la pioggia che nutriva i loro campi, era attribuito ai loro dei.
L’anima di Elia era addolorata. La sua indignazione era grande. Egli era geloso della gloria che spettava solo a Dio. Vide che Israele era sprofondato in una spaventosa apostasia. Era sopraffatto e stupito dall’atteggiamento del popolo verso il Signore, mentre ricordava loro le grandi opere, che Egli aveva fatto. Ma tutto questo era stato dimenticato dalla maggior parte della gente. Elia, invece, continuava a camminare davanti a Dio con l’animo straziato dall’angoscia. Pregò, affinché Dio salvasse il Suo ingrato popolo, e se questi doveva essere castigato, privasse il paese della rugiada e della pioggia, i tesori del cielo, in modo che l’Israele apostata dimenticasse i suoi idoli d’oro, di legno e di pietra, il sole, la luna e le stelle, e tornasse a Lui pentito. E Dio udì la preghiera di Elia: avrebbe trattenuto la rugiada e la pioggia fino a quando il popolo non fosse tornato a Lui pentito. — Review and Herald, September 16, 1873
Durante gli anni della siccità e della carestia, Elia pregò con fervore affinché gli israeliti abbandonassero gli idoli e si rivolgessero a Dio. Il profeta attendeva pazientemente questo risveglio, mentre l’Eterno colpiva la terra. Pensando alle sofferenze e alla miseria dei suoi compatrioti, provava un profondo dolore e avrebbe desiderato realizzare una rapida riforma fra gli idolatri. Ma Dio stesso attuò il suo piano: il profeta doveva soltanto perseverare nella preghiera e attendere il momento in cui sarebbe entrato coraggiosamente in azione. — Prophets and Kings, 133