Primo Tempo
Kanyu era un’anima d’altri tempi. Non d’epoca, ché l’epoca era meschina, ma d’altro tempo proprio: uno che la luna la guardava davvero, uno che offriva la mano, non per convenzione, ma per sollevare l’essere amato sopra il fango dell’umanità mediocre.
Portava con eleganza il suo completo estivo in lino cachi, panciotto color vino dei colli Euganei, un anello antico al mignolo sinistro, e un’espressione composta da secoli di letture e sogni.
Rhum pregiato nel calice, sigaro cubano tra le dita, la mente perennemente assorta tra i versi del Guinizzelli e un'immagine: la Donna.
Non una bipede qualunque ed abituale, querula petulante di genere femminile .
La Donna.
Fu così che riconobbe in Regina d’Autunno, la poetessa di Bisceglie dal portamento melanconico e dagli occhi verdi dal color dell'uva ("regina pugliese", ovviamente), la sua Beatrice tardiva.
Lei, per quanto concreta e teneramente ironica, si sentiva vista come mai prima. Kanyu non la idolatrava per gioco, ma perché credeva che la bellezza dell’anima potesse ancora avere un trono.
Si parlò presto di nozze. Non di quelle da catalogo, ma di una vita insieme fatta di raccolte di gelsomini e funghi prataioli in campagna e colazioni silenziose davanti a paesaggi umbri.
L’entusiasmo era contenuto, ma profondo. Regina già immaginava i versi per la loro unione: “dove lui mi pensa, io sono intera”.
Ma l’idillio durò quanto può durare un sogno in in una notte insonne.
Una pojana bianca, fiera e composta, piombò sulla terrazza dove i due stavano progettando un giardino d’inverno. Si trasformò, tra vapori perlati, in una lady in vesti vittoriane, occhi chiari come vetro soffiato. Portava un messaggio urgente:
“Kanyu, l'onore ti chiama. Vega, l’amica dei razionalisti, è stata fatta prigioniera da un’entità arcana: la draghessa YR3, che nidifica sopra Volterra. Con lei, un Uovo d’ombra e fuoco: se schiuso, porterà sventura all’intero genere umano. Uno stregone col saio l’ha maledetta, e solo un cuore nobile potrà spezzare il vincolo.”
Kanyu ascoltò in silenzio. Poi si alzò, raccolse il suo mantello, e posò un bacio sulle dita di Regina.
“Più che l'Amor, poté il Dovere . Tornerò.”
Parti', senza voltarsi, che il cuore non avrebbe retto.
Regina trattenne le lacrime finché poté. Poi, quando lui scomparve tra le ginestre, corse da Breakthru, la giurista, l’amica più lucida che aveva. L’aveva sempre detto, Regina: “ogni fiaba ha bisogno di un avvocato”.
La luce si abbassava. Il rhum era rimasto intatto. Anche il sogno. Ma aveva smesso di essere un sogno a due.
Secondo tempo
Il sentiero verso la torre toscana era ripido, incorniciato da cipressi cupi e polvere antica. Kanyu, armato solo della sua rettitudine e di un bastone da passeggio inciso col testo de " Il maestro e Margherita", raggiunse la vetta al tramonto.
La torre pareva fatta di ossa pietrificate, e un vento strano ululava tra le fessure, come se soffiasse direttamente da un tempo preumano.
Lo accolse la draghessa YR3, creatura di squame perlacee, sguardo torvo e voce fatta di tuono con accenti da latino liturgico.
"Tu osi venire, cavaliere della parola vana, per spezzare il mio incanto?"
Ma lo sguardo di Kanyu non tremò. E con voce ferma replicò:
"Io non combatto contro te, ma per colei che il tuo incanto ha vilipeso. Se tu fossi davvero bestia, t’avrei compianta. Ma tu sei menzogna in carne di drago."
E allora la draghessa mutò. Le squame si sciolsero in fumo, e al loro posto apparve lui: il Monaco , col saio impillaccherato (bello, vero?) di maionese, volto arcigno e mani ossute, custode dell’uovo e del rancore.
"Ti stupisce che io, custode del Decoro, mi travesta da mostro? L’umanità lo è più di me!"
Kanyu non alzò la voce. Sollevò lo sguardo, e parlò come chi sa di essere l’ultimo baluardo contro il cinismo:
"Tu hai usato la paura per mascherare la tua codardia. Hai vestito il controllo da zelo, e la misoginia da teologia. Ma il Vero onore è custodire, non imprigionare. È liberare, non soggiogare."
Il Monaco sibilò, bofonchio' "'orco giullare maledetto, chetepossino.. ". Ma fu come una coppa svuotata: nulla rimaneva.
Con uno strappo nel cielo, gli spuntarono ali nere di pece, e si levò in volo portando con sé l’Uovo.
Stretto tra le braccia come un discepolo.
"2024 volte vi maledico! Tornerò come YR4, più furente, più sacro, più terribile! Come piaga e dèmone, come furia e agnello! Come tromba dell’Apocalisse e ultima sigilla dell’Ira! Distruzione, Giudizio e Pena Eterna !"
E sparì tra i nembi.
Vega, libera, corse da Kanyu.
"Hai fermato l’incanto, ma non il pericolo. Il ciclo non è finito. Tu hai visto ciò che pochi sanno vedere. Resta con me, vigila. Il tuo spirito nobile può ancora salvare l’universo intero. Noi siamo, ora, l'ultimo baluardo dell'Universo. Monaco e Monaca Guardiani, Sacerdoti della Vigilanza."
Kanyu chinò il capo. Accettò. Ma quando Vega gli volse le spalle, si voltò, una lacrima antica gli solcò il volto.
Pensava a Regina, a ciò che avrebbe potuto essere , ma non sarebbe stato.
Il destino suo e di Vega ,ora, era vigilare, insonni ed indefessi per Salvare il Mondo.
Altrove, in una casa di pietra, sugli scogli a picco sul mare azzurro di Puglia,dietro i vetri appannati, Regina d’Autunno guardava fuori dalla finestra. Una nebbia fine si posava sugli ulivi della collina retrostante. Il cuore pesante, le dita strette su una tazza di infuso ai fichi aromatizzato ai fiori di arancio.
Un tempo la sera era promessa, ora era solo tristezza.
Poi, un suono: trillio di campanelli di bicicletta. Un clangore festoso, fuori luogo.
Comparve Ale, danzatore errante in veste medioevale, copricapo piumato e sorriso da acrobata pentito. Aveva errato tra monti e laghi per guarire da amori mai nati e passioni troppo reali.
"Mia signora, si danza in questa valle o si piange soltanto?", disse, scendendo dalla bici con acrobatico elegante volteggio e togliendosi il cappello a larga tesa con un ampio e riverente gesto
Regina rise, piano, come non faceva da settimane.
I due parlarono, poi tacquero, poi si capirono.
Nessuno prese il posto dell’altro, ma qualcosa danzava tra loro.
Sul prato, senza dirlo, iniziarono un passo a due. Prima classico, poi forsennato. Dal Lago dei Cigni alla pizzica, tra braccia tese, giri, rincorse, e risate.
Il dolore si fece movimento, e il passato una coreografia lontana.
Un nuovo futuro, sereno e felice si schiudeva, roseo.
In tribunale, Breakthru, dalla sua scrivania, sorrise leggendo nelle pandette del diritto romano:
“Non costituisce rottura di fidanzamento l’improvvisa, perentoria partenza per salvare il Mondo”
Poso' con forza il timbro : "Pratica chiusa per inconsistenza giuridico-sentimentale"
Domani é un altro giorno, senza dover dire "Mi spiace", se Sam non puo' suonarla ancora, in quanto nessuno é perfetto.
Fine