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Quando Dark, detta anche la Mantide Irreligiosa, decise di mettersi in cammino, e mise piede sul selciato polveroso del Cammino di Campostela ( stivali neri, zaino nero, occhiali da sole neri, cappuccio nero opaco con ciocca rossa ribelle che sfugge sulla fronte, maglietta nera con scritta: “Mantide in Cammino. Non toccare, sto espiando.” ed un piccolo disegnino,
e un’insospettabile borraccia rosa shocking), tutti capirono che si trattava di un evento storico, da dover dire "Io c'ero! "
Così partì anche la Carovana degli Sponsor, degna del Tour de France
Ale apriva la carovana in una Panda 4x4 artigianale, rivestita di post-it con su scritto : "Se non ti fermi, non ti ritrovi" e contenitori di IPA e ape. Guidava con casco da ciclista, occhiali da sole sportivi e microfono da animatore da villaggio, con cui trasmetteva massime tipo:
“Cammina con gioia, ma col gel per le vesciche ! Rallenta, respira e metti la crema solare”.
Dietro di lui, sul tetto della Panda, un altoparlante diffondeva musica dei Queen, misti a podcast filosofici e registrazioni di Dark che si lamentava per la stanchezza e la mancanza di trombettieri che dessero la carica.
Kurono, umorista cibernetico, viaggiava su una tiny house mobile, nera opaca e collegata a pannelli solari e a un satellite meteoropatico artigianale.
Dentro, un computer quantistico e una galleria di opere digitali realizzate con IA “addestrate male apposta”: santi inesistenti, madonne ellittiche, autoritratti pixelati di divinità azteche. Il copilota era Calaf, un algoritmo artistico semi-autonomo, addestrato con poesia errata, sarcasmo e archivi medievali digitalizzati e resi incomprensibili. In cammino per Campostela per dimenticare Bauxite.
Intratteneva la carovana con battute fulminanti, ripetendo spesso: “L’umanità non è pronta per la verità, figuriamoci discuterepuntoit, ma forse per una beta sì.”
E lanciava biscotti e bytes a piene mani.
LadyPojana, in decappottabile d'epoca cabrio rosso ciliegia piena di foulard svolazzanti e specchietti da borsetta. Sul cruscotto: sette tipi diversi di crema solare e un oracolo tascabile per i dilemmi sentimentali da rifugio.
Ogni chilometro, suonava il clacson e lanciava volantini con su scritto: “Pellegrina sì, sciatta mai”.
Dotata di megafono e ironia severa, lanciava consigli estetico-spirituali dalla postazione trucco: “Non si arriva a Santiago con le sopracciglia trascurate”.
Intanto recensiva gli alberghi dei pellegrini con stelle basate sul profumo del cuscino.
Vega, in tutina psichedelica da sci estivo e occhiali da trail-running, era su una bicicletta da corsa iper-tecnologica, con un sistema di ricarica a dinamo per il suo smartwatch zen. Correva su e giù per il gruppo monitorando in tempo reale la percentuale di ossigenazione spirituale nei muscoli del polpaccio e percorreva i sentieri con pendenze insensate solo per dire: “Nella salita, riconosci chi sei”.
Poi passava, gridava qualcosa di incomprensibile (“quantico e cardiopolmonare!”), e spariva in una nuvola di polvere e fiato corto.
King Kong, si era accampato su un carro trainato da due buoi sardi, imbellettati con fiori e collane tibetane attrezzato come studio fotografico ambulante, firmato Leica.
Camicia di lino, cappello in stile Cartier-Bresson, e uno sguardo paziente, poetico. Seduto su cuscini giganti, leggeva Tagore
Fotografava solo in bianco e nero, preferibilmente persone che piangevano in silenzio o contemplavano rovine. Ai pellegrini che chiedevano di essere ritratti, rispondeva: “Non sei ancora pronto. La tua luce non ha digerito l’ombra.”
Poi, scattava.
Breakthru, giurista silenziosa e implacabile, viaggiava in un van sobrio e ordinatissimo, colore tortora istituzionale.
Sul parabrezza: una bilancia dorata.
Distribuiva Codici miniati e sentenze morali in forma di aforismi.
“Il peccato non è cadere. È non verbalizzare la responsabilità.”
Curava le dispute tra pellegrini, giudicava con voce bassa e definitiva.
Se ti assolveva, ti sentivi sollevato.
Se taceva, ti portavi dietro la condanna come uno zaino in più.[B]
(continua)