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Risultati da 1 a 15 di 28

Discussione: Provincialismo e società di massa

  1. #1
    Opinionista
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    Provincialismo e società di massa

    Ormai viviamo nella società di massa. Che fine ha fatto il provincialismo ? Questo sostantivo a cosa allude ?

    Nel passato dicevamo: “sono dei provinciali !”, per indicare chi abitava nelle piccole città o paesi, oppure, in modo spregiativo, chi aveva la mentalità, il modo di fare, il conformismo e gli atteggiamenti considerati tipici di chi viveva in provincia, nelle piccole località con reali o presunte arretratezze: economica, sociale e culturale, causa gli scarsi contatti con centri e ambienti culturalmente più aggiornati.

    Nel nostro tempo abitare in provincia (la vita in paese o nella piccola città) cosa significa ?

    Molte persone, stanche della grande città, vorrebbero trasferirvisi. Altri, che ci sono nati, non vogliono andarsene. Forse perché non conoscono alternative, forse perché ci stanno bene davvero. Qualcuno non ci tornerebbe neppure sotto tortura. Altri – e sono i più numerosi – vanno via in cerca di occasioni e di tanto in tanto, quando il vento gli riporta un odore noto o una musica lontana, ne sentono la mancanza. Così aspettano le vacanze e organizzano un viaggio al paese o nella piccola città dove hanno trascorso l’infanzia o ne hanno un buon ricordo.


    Treviglio

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  2. #2
    رباني L'avatar di King Kong
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    Nato in un paesino della pianura, sempre soggetto alla sorveglianza e al giudizio di parenti, vicini e istituzioni, ho voluto scrollarmi di dosso lacciuoli e catene per poter respirare.
    Ne é seguito un lungo girovagare, quasi da nomade, in Paesi vicini e lontani fino a stabilire le mie basi in una grande città, multiculti, tollerante, liberale, confusa e colorata. Ora non importa più a nessuno se esco in ciabatte e felpa o camicia e cravatta. Forse chi vive nei paesini si sente più al sicuro, circondato da elementi familiari e prevedibili. Valori che ho sacrificato in cambio dell'anonimato e della libertà, anche se mi ha costretto a risolvere ogni problema da solo o in ambiti ristrettissimi.


    Immagine di repertorio
    Aut hic aut nullubi

  3. #3
    Opinionista L'avatar di Ninag
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    Argomento interessante, nei piccoli centri la gente non ha bisogno dello psicologo, sanno anche quante volte al giorno ti lavi i denti, nei grandi centri vice 8 non ovunque l'anonimato, ma c'è sempre qualcuno che controlla, il postino, la signora anziana che scruta i passanti dal balcone. Anche io come King ho vissuto in tanti luoghi, città, paese, campagna, paesino, la campagna è quella che preferisco, possibilmente con vicini almeno a una decina di chilometri. Sarò una "provinciagna". Ora come ora mi sposto di continuo, a sapere dove sarò domani...

  4. #4
    L' essere umano ha come "strumento" di sopravvivenza (come individuo e come "razza") la "socialità".
    Come la coniuga/declina/esprime/vive/sfrutta...é anche "senziente". Fa come meglio crede.
    La città/paese/borgo.... é come la "famiglia": indispensabile, ma (a volte/spesso) "pesa".
    Si chiama "vita".

  5. #5
    Opinionista
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    King, Ninag e Carlino grazie per la vostra partecipazione e per la testimonianza delle vostre esperienze di vita

    Secondo voi il provincialismo e i provinciali ancora esistono nella società di massa ?

    Spesso in provincia si commette l’errore di ritenersi al centro del mondo anche se si rappresenta una marginalità, un punto invisibile nella cartina geografica.

    La provincia è un immenso patrimonio culturale, ma la difesa campanilistica di un territorio spesso è negativa, perché indica chiusura, un limite nella percezione del tutto, del grande nel confronto col piccolo. Sarebbe come dire: è bello solo ciò che mi riguarda.

    Io credo che la società di massa, la produzione di massa, la cultura di massa, i mass media e il consumismo abbiano emarginato o eliminato il provincialismo e i provinciali. Infatti l’attuale società tende ad uniformare comportamenti e modelli culturali di riferimento.



    Sono state le trasformazioni economiche, sociali, culturali e politiche a determinare la formazione della società di massa.

    Il sociologo Luciano Gallino scrisse che “la società attuale è anche detta di massa perché i prodotti, i servizi, le opportunità, i consumi sono potenzialmente fruibili dall’intera collettività. Nella società detta di massa, una sempre più ampia porzione di popolazione ha facoltà di partecipare alla vita collettiva: sociale, politica, culturale”.

    La società di massa nasce con l’industrializzazione e l'urbanizzazione. Nelle nazioni industrializzate gran parte della popolazione si trasferisce dalle campagne, dai paesi alle città e così si formano le metropoli con milioni da abitanti.

    Le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche hanno indotto la cosiddetta “seconda rivoluzione industriale” modificato la produzione industriale e il commercio, innescato un processo irreversibile di modificazione della mentalità e del comportamento delle masse.

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    Ultima modifica di doxa; 24-07-2025 alle 06:55

  6. #6
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    Dello scrittore e attore Riccardo Conte voglio farvi leggere un articolo pubblicato il 19 febbraio 2021 sulla rivista “Vanity Fair”, col titolo: “Gioie e dolori della vita di provincia”.

    "Da quando mi sono trasferito a Milano, ogni volta che mi chiedono dove sono cresciuto io rispondo sempre a Roma. La risposta corretta sarebbe che sono cresciuto nella provincia ad almeno trenta minuti di macchina dalla capitale, ma io resto sempre sul vago. I motivi?

    1) perché è inutile specificare un luogo che con alte probabilità nessuno conosce;

    2) perché se dico che vengo da Roma penso di fare più bella figura rispetto un paesino oppure una città di 73 mila abitanti (Benevento);

    E anche questo è un pensiero provinciale.

    Pur avendo la provincia dentro di me, ho sempre pensato di non appartenere alla provincia: sin da ragazzino ho avvertito un’energia, mista alla curiosità e l’entusiasmo di scoprire realtà e conoscere ogni giorno persone diverse che, nonostante i migliori sforzi, un contesto così piccolo e ristretto soddisfa a fatica.

    Crescere in provincia ? Non c’è la frenesia della metropoli e nemmeno lo sconforto di una landa desolata con le balle di fieno: è una terra di mezzo. Crescere in provincia può essere un sogno o una condanna a seconda della persona che sei o diventi.

    La provincia è rassicurante: è un luogo che si ripete, si rinnova a passo di lumaca, e generalmente cerca di soddisfare le esigenze di un gruppo ristretto ma se desideri una scelta alternativa, devi o creartela o cercarla altrove. La provincia cambia a fatica, e questo può anche confortare: quando sei adolescente e stai ancora cercando di capire chi sei è un luogo che non riserva sorprese e nemmeno cambi di programma così bruschi da destabilizzarti.

    Ripercorrere sempre la stessa strada e riconoscere le stesse facce, sapere che tua madre e tuo padre, i tuoi amici e tutte le persone che conosci vivono e respirano la stessa aria è qualcosa di comodo, facile, e famigliare. A lungo andare può essere anche noioso, ripetitivo, e terribilmente asfissiante.

    La provincia è croce e delizia. La croce subentra soprattutto quando non fai quello che fa il 90% delle persone intorno a te: niente di che, ma se ipoteticamente sei queer, sovrappeso e non te ne frega assolutamente nulla di portare avanti diete dimagranti; sei donna e sessualmente libera; sei di pelle non bianca, crescere in provincia può avere la sua buona dose di difficoltà, a seconda del caso.

    Crescere diverso (dalla media) in provincia rischia di farti sentire terribilmente solo, con una costante sensazione di scomodità e disagio, temendo nei momenti peggiori di essere sbagliato e inadeguato, e con un costante desiderio di andartene via al più presto e trovare un posto nel mondo in cui sentirti accolto, che sia a trenta minuti di macchina o in un altro continente. Questo ha anche il suo effetto collaterale: rischi di sentirti “speciale e unico al mondo", e ti credi quasi di essere superiore a chi si ritrova in quella piccola e confortevole realtà. Sei un po’ come quella spocchiosa di Belle che si sente la più intelligente del villaggio solo perché legge qualche libro. Anche meno.

    Se crescere in un contesto chiuso può essere più o meno avvilente, al contempo è bene ricordare che:

    1)esiste un luogo per te e non c’è nulla di sbagliato in chi sei;

    2)alcune persone stanno bene anche senza tuffarsi in una metropoli lontana dalla realtà famigliare, e anche in questo non c’è nulla di sbagliato.

    Quando ritorno in provincia ritrovo tutto come l’ho lasciato, si aggiungono giusto qualche ristorante, una nuova birreria, e altri parrucchieri. Ripercorro le stesse strade che attraversavo quando avevo sedici anni con una sicurezza che credevo di non raggiungere mai, e una fiducia in chi sto diventando che mi fa ridere in faccia ad ogni forma di bigottismo o nuovo pettegolezzo. Ma guardo anche con inaspettato affetto e devozione questo luogo che non ho mai sentito mio e al contempo mi ha formato e cresciuto, restando una parte di chi sono. Bene o male, me lo porto dietro ogni volta che me ne vado".

  7. #7
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    La vita di provincia ? Ininterrotta interrogazione esistenziale.

    A molti sta stretta e vorrebbero fuggire. “Qui non c’è niente” dicono i giovani. Non sopportano le beghe di paese, il pettegolezzo, la noia. E’ difficile resistere alla voglia di andare a vivere nelle grandi città, approdo ed emanazione di destini, di sogni e disincanti.

    Vivere in un paese o una piccola città: croce e delizia, può essere gabbia o evanescente afflato poetico. Comunque quando si vive in provincia si viene “inquadrati”, significa occupare una precisa posizione nell’ambito della locale rete sociale.

    Da bambino e da adolescente trascorrevo le vacanze estive dai nonni paterni: a Vasto, località abruzzese sulla “costa dei trabocchi”.

    Ricordo che numerose donne anziane per godere della brezza marina si riunivano all’esterno delle loro abitazioni che prospettano sulla Loggia Amblingh. Si mettevano all’ombra chiacchieravano e lavoravano: riparavano le reti da pesca usate dai coniugi oppure facevano altri lavori. Quando passavo in quella zona a volte mi chiedevano quale fosse la mia famiglia. Avevano la necessità nella loro mente di collocarmi in una precisa posizione all’interno della rete sociale.


    Veduta di un piccolo tratto della Loggia Amblingh.

    Il posizionamento dell’individuo è il concetto cardine della provincia e in generale delle comunità più piccole.

    Sapere la collocazione familiare degli estranei era ed è importante, permette di sapere le case, le proprietà e in generale gli spazi di pertinenza di ciascuno.

    Nel passato il posizionamento era collegato con le gerarchie sociali. Steccati invalicabili. Oggi la scala sociale (apparentemente) è meno ripida. Ma in ogni piccola comunità è ancora possibile individuare le famiglie notabili (in alto), quelle perbene (un gradino più sotto), quelle semplicemente oneste, quelle “sanza infamia e sanza lode” e quelle decisamente oscure.

    In provincia è molto importante la reputazione, che scaturisce solo in parte dal posizionamento. L’appartenenza a un gruppo familiare può condizionarla, ma in buona parte dipende dalla storia personale o di ciò che la comunità pensa di sapere di te.

    Spesso la conoscenza è basata sul pettegolezzo: può essere lusinghiero o malevolo. Le cosiddette “etichette sociali” e i soprannomi che attribuiscono rimangono per sempre.

    La stima sociale in provincia è amplificata se si è ricchi.

    Un'ultima annotazione. Nel passato nelle piccole località quando si usciva per la passeggiata serale non c’era la scelta del tragitto, era sempre lo stesso, il corso nel centro storico, di breve lunghezza. E si camminava avanti e indietro, con la costrizione di salutare più volte le stesse persone. Erano le cosiddette “vasche”.
    Ultima modifica di doxa; 24-07-2025 alle 11:42

  8. #8
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    Caro Cono, diletto “peccatore di provincia” perché non dai conforto alle mie elucubrazioni raccontando vizi e virtù che prevalgono tra gli abitanti di Empoli ?


    Vizi e virtù della provincia: un po' bigotta, sempre pettegola.


    Il lavoro giornalistico offre alla mansueta e gentile moderatrice dark lady un osservatorio privilegiato per scrutare i vizi e le virtù degli abitanti di Cremona e dintorni. Chissà se ha voglia di raccontarci qualche aneddoto.


    Cremona, duomo e battistero

    Lo scrittore statunitense Ezra Pound (1885 – 1972) scrisse: “Il provincialismo è volontà di uniformità. E’ una malevolenza latente, attiva...".

    Essere provincia significa quotidianità che amplifica pettegolezzi, vizi e virtù, da cui si cerca di fuggire con i trasferimenti per lavoro o studio, e il “provinciale” assiste sorpreso all’Italia che cambia, sospettoso e al contempo permeabile al nuovo. E’ come un’onda anomala che lo sorprende, lo sballotta, qualcosa che ribalta i suoi valori, confonde le procedure, scompagina le gerarchie.

    Il provincialismo può indurre a mistificare la realtà, a distorcerla, e la nostra epoca, detta della “globalizzazione”, non è ancora riuscita ad eliminare questo limite.

    In Italia ci sono migliaia di paesi o città medio-piccole e se non sbaglio la maggior parte di voi abita in queste tipologie. Quali sono le caratteristiche che vi accomunano ?

    I supermercati di noti marchi ?
    Ultima modifica di doxa; 24-07-2025 alle 07:58

  9. #9
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    L’ambiente sociale di provincia è un affare serio e difficile da spiegare.

    Vivere in provincia non è facile per chi è abituato alla varietà e alla grandezza delle metropoli, ma chi vi si trasferisce, col tempo capisce se è considerato parte della comunità di arrivo, se è stato integrato come "uno di loro".

    Nei luoghi non turistici i forestieri vengono guardati con curiosità e diffidenza. Nei luoghi turistici, invece, i forestieri sono presenze abituali, purché di passaggio. Non suscitano curiosità finché si limitano a scattare foto, comprare prodotti, assaggiare la cucina locale e andare via.

    Se non è un turista, ma uno che ha deciso acquistare casa e abitare in paese, subito suscita un atteggiamento di circospezione. Non è incapacità di accoglienza, quanto piuttosto impossibilità di posizionare l'estraneo e in una storia nota. Per superare la diffidenza bisogna attendere che il forestiero si collochi nella comunità, che costruisca una sua storia in paese. Resterà però per sempre con l'epiteto: “il torinese” “la francese” “il marchigiano” anche dopo trent’anni di permanenza: viene etichettato, però è come dirgli: “ora sei uno di noi”.

    La provincia è conservatrice. Vivere in provincia significa spesso votarsi alla nostalgia del tempo che fu. Perciò dagli abitanti del luogo ogni cambiamento viene salutato, ma con amarezza, in particolare quando la cementificazione devasta paesaggi o sostituisce edifici storici di pregio. Altre volte lo scetticismo è immotivato e incapace di cogliere rapidamente vantaggi e miglioramenti.
    Ultima modifica di doxa; 24-07-2025 alle 14:42

  10. #10
    Opinionista L'avatar di PACE
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    La gente vive ormai quasi tutta nelle grandi città; ma appena può - nei fine settimana, nei ponti, nelle vacanze - ne fugge. Forse non è la dimensione umana, la città
    "Tutti sotto lo stesso tendone blu, il Cielo di Dio, credenti di qualsiasi religione e non credenti, con la certezza che l

  11. #11
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    Ciao Pax.

    Tramite Internet leggo che in Italia ci sono 7954 Comuni, dei quali 5.521 hanno meno di 5 mila abitanti,

    Il Piemonte è la regione che ha il maggior numero di piccoli Comuni. Ne conta 1.047, cioè il 18,96% del totale nazionale, seguita dalla Lombardia con 1.028.

    La maggior parte della popolazione italiana vive in Comuni di medie dimensioni (da 5.001 a 250.000 abitanti) e grandi dimensioni: oltre 250.000 abitanti.

    Hai detto che vivi in un Comune dell'Umbria. Piccolo, grande ? Ti va di raccontare qualche aneddoto sui vizi e le virtù dei tuoi compaesani ?

    Ultima modifica di doxa; 24-07-2025 alle 14:44

  12. #12
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  13. #13
    رباني L'avatar di King Kong
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    OT:
    Vasto, porta dei turchi, uno dei miei angoli preferiti

    Aut hic aut nullubi

  14. #14
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    Gentile King, sei un "giramondo", complimenti.

    Quel "portone" è denominato "Porta Catena", dal nome della vicina edicola sacra (poi trasformata in cappella che include l'edicola) dedicata alla "Madonna della catena".



    La denominazione "Porta dei Turchi" è un'invenzione della guida turistica

    Vasto che io amavo era quella da me conosciuta alla fine degli anni '50 e nel decennio del 1960 dello scorso secolo. Poi l'industrializzazione, l'inizio della cementificazione della costa, il turismo, alberghi, ecc. ecc..

    Causa l'emigrazione erano rimasti meno di 20 mila abitanti. Nel tempo da paese è diventata città. Ci sono scuole di ogni ordine e grado, l'ospedale, il tribunale, i supermercati. Ora gli abitanti sono oltre 40 mila, provenienti da varie parti d'Italia e dall'estero. Ancora vi abitano alcuni miei cugini e ogni tanto ci incontriamo.

    Ormai sono nella fase di distacco e definitivo allontanamento da quel luogo.

    Nella memoria ho i detriti della realtà perduta, frammenti di visioni, riverberi, risonanze, ricordi, rimpianti.

    Senza motivazione la mia mente si sintonizza altrove: dimentica, rimuove, censura.

    Il tempo va e “non tornano amori né passato” scrisse lo scrittore francese Guillaume Apollinaire (1880 – 1918) nella poesia titolata “Le Pont Mirabeau”, che è nella raccolta di sue poesie titolata “Alcools”.

    Il “Mirabeau” è uno dei ponti di Parigi che oltrepassa la Senna. Il poeta vi si recava spesso nel periodo in cui amava la pittrice Marie Laurencin: “Tu mio dolore e attesa mia vana / Odo il suono morente di un flauto lontano”.


    31 agosto 2023: Vittorio Sgarbi ammira il paesaggio del golfo di Vasto dal terrazzo di Palazzo d'Avalos.

    Vittorio Sgarbi era in visita a Vasto per organizzare una mostra.

    Ha passeggiato nel centro storico per vedere il Castello Caldoresco, la concattedrale dedicata a San Giuseppe, il Palazzo e i Giardini d’Avalos: erano dei prìncipi borbonici. A Napoli gli eredi hanno ancora il grande edificio nobiliare nel quartiere Vasto; ad Ischia c'è quello che era il loro castello, d'Avalos.

    Sgarbi ha continuato la sua visita culturale trattenendosi nella pinacoteca, poi è entrato nella chiesa di S. Maria Maggiore, ha percorso la panoramica via Adriatica e visto il residuo portale della chiesa San Pietro (distrutta nel 1956 da una frana), è entrato nella chiesa di Sant'Antonio da Padova ed ha concluso la sua passeggiata guardando i mosaici e i resti murari delle terme di epoca romana.

    Nei giorni sereni, senza foschia si vedono anche le isole Tremiti.

    Ultima modifica di doxa; 25-07-2025 alle 06:53

  15. #15
    Opinionista
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