Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
Bé, ha scelto una frase piuttosto infelice, allora. Sullo stesso piano della famosa "...troppa frociaggine...".
Rileggi la frase, col cervello connesso. Ed analizzane il significato. Logico.
Libero, sempre, di immginare quello che preferisci
Rileggiamo pure, se vuoi

"Quando andavo a visitare i detenuti nel carcere di buenos aires, uscendo mi chiedevo: perchè loro e non io? Pensare a questo mi fa bene, poichè le debolezze che abbiamo sono le stesse. Perchè lui è caduto e non sono caduto io? Per me questo è un mistero che mi fa pregare e mi fa avvicinare ai carcerati"

È nel carcere romano di Regina Coeli, che lo scorso 17 aprile, Giovedì della Settimana Santa, il Papa 5 giorni prima della sua morte, in carrozzella, il volto provato dalla malattia, ha stretto la mano ai reclusi, ha firmato la Bibbia a chi gliela porgeva, ha consegnato a tutti un rosario, per tutti ha avuto una parola di consolazione. L’unico suo rimpianto – ha confessato uscendo – non aver potuto celebrare la Lavanda dei piedi come fece altre volte durante le sue visite dietro le sbarre nella Settimana Santa.

È come se Francesco avesse voluto chiudere un cerchio con la sua ultima uscita a Regina Coeli prima di tornare al Padre, per sottolineare come nel suo Pontificato i carcerati abbiano avuto un posto preferenziale nel suo cuore: non c’è stata visita apostolica dove non si sia recato in un penitenziario. La sua prima visita dopo essere stato eletto al soglio Pontificio fu proprio in un carcere, l’Istituto penale minorile (Ipm) romano di Casal del Marmo, il 29 marzo del 2013. Anche allora era un Giovedì Santo e Francesco, indossato il grembiule, lavò e baciò i piedi a 12 minori tra cui due musulmani e due ragazze. Ed è proprio al carcere di Casal del Marmo che il Papa ha donato prima di morire 200 mila euro del suo conto personale, destinati ad estinguere il mutuo aperto per allestire un pastificio nell’Ipm perché i giovani ristretti possano essere avviati ad un mestiere.

Un gesto in sintonia con l’apertura della seconda Porta giubilare nel carcere romano di Rebibbia, il 26 dicembre scorso: «La prima Porta Santa l’ho aperta a Natale in San Pietro» ha detto Francesco ai detenuti che lo hanno accolto commossi «ma ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi tutti che siamo qui, dentro e fuori, avessimo la possibilità anche di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude». Dieci anni prima, nel 2015 in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia, Francesco dispose che dietro le sbarre si aprissero migliaia di porte sante: «Nelle cappelle delle carceri i detenuti potranno ottenere l’indulgenza, e ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, possa questo gesto significare per loro il passaggio della Porta Santa, perché la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà».

Nella sua visita a Torino il 21 giugno 2015, nel Bicentenario di don Bosco e per l’ostensione della Sindone, ha voluto tra i suoi commensali in Arcivescovado accanto ai poveri, anche 11 ristretti nel carcere minorile «Ferrante Aporti» accompagnati dal cappellano don Domenico Ricca. Per questo nella cappella dell’Ipm torinese, per ricordare l’invito a quel pranzo straordinario, l’Arcivescovo Cesare Nosiglia aprì una delle quattro Porte Sante della diocesi.

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