L’universo proibito alla mente umana
C’è un universo che ci circonda e ci attraversa, un universo che crediamo di poter comprendere con gli strumenti della ragione e della scienza. Eppure, ogni passo avanti nella conoscenza sembra rivelare non tanto una conquista, quanto una nuova forma di ignoranza. L’universo appare così come una realtà proibita alla comprensione totale della mente umana: ogni tentativo di spiegazione genera nuove domande, ogni teoria apre orizzonti che sfuggono al controllo della logica.
Dalla fisica del microcosmo a quella del macrocosmo, dalle più sottili strutture della matematica alle creazioni dello spirito — arte, musica, poesia, filosofia — nessun campo può dirsi completamente compreso. La conoscenza umana procede per frammenti, approssimazioni, metafore. Ogni volta che crediamo di aver raggiunto un principio fondamentale, ci accorgiamo che quel principio poggia su una rete più profonda di relazioni e incertezze.
Non passa giorno in cui la ricerca scientifica non metta in discussione i suoi stessi fondamenti. Le scoperte contemporanee — dalla fisica quantistica all’astrofisica, dalla biologia molecolare alla teoria dell’informazione — mostrano che la realtà è molto più complessa e intrecciata di quanto la nostra mente sia in grado di concepire. Si ipotizza persino che processi biologici come la fotosintesi clorofilliana possano implicare fenomeni di entanglement quantistico: un legame invisibile che collega particelle anche a distanza, come se la natura operasse con principi che sfidano la nostra intuizione spazio-temporale.
Ma ciò che più sorprende è che ogni scoperta non risolve l’enigma: lo moltiplica. Ogni teoria, per quanto elegante, genera nuove incongruenze. Ogni spiegazione porta con sé l’ombra di un nuovo mistero. Il mondo, lungi dall’essere un sistema chiuso e conoscibile, si rivela come un continuum dinamico in cui la certezza si dissolve nell’ignoto.
La nostra conoscenza, allora, non cresce in linea retta verso una verità ultima, ma procede in modo asintotico: tende a un limite che non può mai raggiungere. Più sappiamo, più comprendiamo quanto resta da sapere. La consapevolezza aumenta, ma insieme ad essa cresce la percezione della nostra ignoranza.
Forse questa è la condizione propria dell’intelligenza umana: un’intelligenza finita che tenta di abbracciare l’infinito, di comprendere un tutto di cui essa stessa è parte. Ogni conquista, ogni passo avanti nella scienza o nel pensiero, è dunque anche un atto di umiltà: riconoscere che l’universo non è fatto per essere posseduto dalla mente, ma per essere contemplato, interrogato, amato nel suo mistero.
L’uomo, in fondo, non è il padrone del sapere, ma il suo pellegrino.
Allora mi pongo un ultimo quesito.. tutto ciò ci avvicina a DIO o ci allontana da Lui.