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Protovangelo di Giacomo
Va beh, anziché il silenzio è meglio scrivere dei post sul tema natalizio.
Oggi voglio argomentare sul “Protovangelo di Giacomo”.
Il sostantivo “protovangelo” (usato in teologia e nella letteratura) è composto da “proto-“ (= primo) + “vangelo” (= buona notizia): significa “primo annuncio” o “prima buona notizia”.
Il nome “protovangelo” fu coniato dal linguista francese Guillaume Postel (1510 – 1581) per significare l’antecedenza cronologica degli eventi in esso narrati nel confronto con i quattro vangeli canonici.
Quel Giacomo autore del protovangelo dice di essere l’apostolo Giacomo il Giusto, "fratello del Signore", morto nel 62. Gli studiosi, però, sono concordi nel considerare falsa tale attribuzione, infatti lo stile letterario e la carente conoscenza di usi civili e religiosi giudei, ne rendono impossibile quella paternità.
Fu il filosofo e teologo cristiano Origene (noto anche come Origene Adamanzio, nato ad Alessandria d'Egitto nel 185 d.C. circa e morto a Tiro nel 254 d.C.) a menzionare per primo il cosiddetto Protovangelo di Giacomo nel suo “Commentario al Vangelo di Matteo”, scritto tra il 246 e il 248.
Nel “Decretum Gelasianum”, noto anche come “Decreto Gelasiano de libris recipiendis et non recipiendis”, redatto nel VI secolo e tradizionalmente attribuito al papa Gelasio I, che pontificò dal 492 al 496, c’è un elenco di testi considerati canonici e un altro elenco di testi considerati apocrifi.
Il Protovangelo di Giacomo fu redatto nel secondo secolo d. C., tra il 140 e il 170. E’ dedicato alla nascita e all’infanzia di Maria e di Gesù di Nazaret; è il più antico testo cristiano che afferma la verginità di Maria, prima, durante e dopo il parto di Gesù.
È uno dei vangeli apocrifi (cioè non incluso nel canone biblico: nell’ambito ebraico e cristiano non è nell’elenco dei testi biblici considerati ispirati da Dio, perciò sacri), ma la tradizione cristiana ha accolto alcune delle informazioni in esso contenute, in particolare relativamente alla vita di Maria e dei suoi genitori, Anna e Gioacchino.
L’autore di questo protovangelo utilizzò fonti diverse. Tre sono le fonti principali:
le tradizioni extra-canoniche per la descrizione della nascita di Gesù in una stalla o grotta;
l’Antico Testamento nella redazione della ”Septuaginta” (= la Bibbia dei Settanta), versione del Vecchio Testamento in lingua greca, tradotta dall’ebraico da 72 saggi ad Alessandria d’Egitto per la locale comunità ebraica;
i racconti dell’infanzia di Gesù contenuti nel Vangelo di Matteo e nel Vangelo di Luca, riguardanti la nascita e l’educazione di Maria e la natività di Gesù.
Del Protovangelo di Giacomo (capitolo 18) mi piace la descrizione della scena fantastica nel momento delle doglie di Maria: “Trovò quivi una grotta: ve la condusse, lasciò presso di lei i suoi figli e uscì a cercare una ostetrica ebrea nella regione di Betlemme.
Io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai nell'aria e vidi l'aria colpita da stupore; guardai verso la volta del cielo e la vidi ferma, e immobili gli uccelli del cielo; guardai sulla terra e vidi un vaso giacente e degli operai coricati con le mani nel vaso: ma quelli che masticavano non masticavano, quelli che prendevano su il cibo non l'alzavano dal vaso, quelli che lo stavano portando alla bocca non lo portavano; i visi di tutti erano rivolti a guardare in alto.
Ecco delle pecore spinte innanzi che invece stavano ferme: il pastore alzò la mano per percuoterle, ma la sua mano restò per aria. Guardai la corrente del fiume e vidi le bocche dei capretti poggiate sull'acqua, ma non bevevano. Poi, in un istante, tutte le cose ripresero il loro corso”.

Giotto, Natività di Gesù, affresco, 1303 – 1305 circa, Cappella degli Scrovegni, Padova.
La scena è compresa nelle “Storie di Gesù” del registro centrale superiore, nella parete destra guardando verso l’altare.
Come fonti per dipingere le scene Giotto usò i Vangeli, il Protovangelo di Giacomo e la Leggenda aurea di Jacopo da Varazze.
Il paesaggio roccioso fa da sfondo alla scena della Natività.
Maria è distesa su un declivio, coperto da una struttura lignea, ha partorito Gesù, e lo mette, già fasciato, nella mangiatoia con l’aiuto di una donna (è la levatrice ebrea ?).
Sulla sinistra ci sono il bue e l'asinello. Giuseppe sta seduto ed ha l’ espressione sognante, tipica dell'iconografia che vuol evidenziare il suo ruolo non attivo nella procreazione di Gesù.
Il Protovangelo di Giacomo ha avuto un ruolo importante nella tradizione cristiana e nella storia dell’arte, influenzando le rappresentazioni della “Sacra famiglia”.
p.s. se le moderatrici vogliono, possono spostare il topic nella sezione "arte e letteratura"
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Pur non facendo parte delclan dei colti in materia, posso aggiungere che, a memoria di passate letture, il Protovangelo di Giacomo non è accettato come testo canonico dalla Chiesa copta, ma ha esercitato una forte influenza sulla sua tradizione liturgica e mariologica.
In particolare: i nomi di Gioacchino e Anna, Maria consacrata al Tempio da bambina, la verginità perpetua intesa anche post partum, la figura di Giuseppe come anziano custode. Non come "dogmi", ma come risultanti dalla "Tradizione". Sottile differenza...
Sempre se la memoria non mi inganna.
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Ciao Carlino, ti dedico questo post domenicale 
Mi piacerebbe partecipare al fermo immagine del creato immobile, descritto nel citato Protovangelo di Giacomo, avvolto dal silenzio, pochi secondi di quiete, incanto che non si ripete.
Alla nascita di Gesù tutto si ferma, il creato “s’affigge” nello stupore e nel silenzio. Dopo “tutte le cose ripresero il loro corso”.
Anche l’apocrifo “Vangelo armeno dell’infanzia”: racconta episodi miracolosi della nascita e dell’infanzia di Gesù. L’ottavo capitolo è dedicato al censimento di Augusto; Giuseppe parte con Maria da Nazaret a Betlemme, dove la donna ha le doglie. Si rifugiano in una grotta adibita a stalla. Giuseppe cerca una levatrice. Il tempo si ferma…“Nell’attimo del parto della Vergine santa, tutti gli elementi rimasero come immobili nella loro posa”.
Nel poema “De partu Virginis” scritto da Jacopo Sannazzaro e pubblicato nel 1526, l’autore descrive il concepimento, la nascita e il destino Gesù. Il parto della Madonna è il tema principale: “Parte alla celeres sistunt vaga flumina cursu” [= In un’altra parte (al suo passare) i fluenti fiumi fermano il loro celere corso].
Per la tradizione popolare quel gesto del pastore che alza la mano per percuotere le pecore, ma la sua mano rimane immobile in aria, è presente nel presepe napoletano col ““pastorello meravigliato”.
Carlino ma questo pastore è anche detto Benino ? Oppure è un altro personaggio ?
Il presepe napoletano è come una rappresentazione teatrale, ogni personaggio interpreta una parte ed è in relazione con gli altri.

Maestro di Tolentino, Annuncio ai pastori, terzo decennio del ‘300, Cappellone di San Nicola da Tolentino, nell’omonima basilica a Tolentino (prov. di Macerata).
San Nicola da Tolentino era un frate agostiniano, vissuto dal 1245 al 1305, noto per la sua santità e i miracoli compiuti.

Maestro di Tolentino, il cosiddetto “Cappellone”, nella basilica di San Nicola da Tolentino, prov. di Macerata.
Questo ciclo pittorico rappresenta una delle testimonianze più significative della diffusione della pittura giottesca nelle Marche.
Il Maestro di Tolentino è il nome convenzionale un anonimo pittore, attivo nel primo trentennio del Trecento.
L'identificazione del Maestro di Tolentino è stata oggetto di dibattito tra gli storici dell'arte. Alcuni studiosi propendono per l'identificazione con Pietro da Rimini, un pittore giottesco attivo nello stesso periodo, morto nel 1345 circa. Questa ipotesi si basa su affinità stilistiche tra gli affreschi nella chiesa a Tolentino e altre opere attribuite a Pietro da Rimini.
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