Dalia.
[QUOTE] Ma del resto...a chi piace soffrire? chi preferisce per s
Dalia.
[QUOTE] Ma del resto...a chi piace soffrire? chi preferisce per s
Secondo me le persone che non hanno mai sofferto non sono forti come le persone che invece sanno cos'è la sofferenza... tanto per dire che la sofferenza, anche se minima, tempra le persone.
Poi se uno conduce una vita proprio tranquillissima buon per lui...
[I][B][FONT="Century Gothic"][COLOR="Navy"]"...Cose errate che paiono giuste dapprima, ma per quanto ci
1)mai detto che il suidcidio è un atto d'amore per la vita in quanto tale, ma per la vita che appunto si vorrebbe. Per completare l'affermazione di prima riprendendo le parole della domanda iniziale di Xil, allora la vita potrebbe essere amore per la vita che si vorrebbe e odio per quella che si ha.
2)attenti a non equivocare sull'uso dei termini: non intendevo amore in una prospettiva cristiana, mentre mi pare che tu ti sia rifatta al motivo francescano della perfetta letizia. Sostituisci pure amore con attaccamento...
3)non ho mai detto che il suicidio sia un atto edificante, ma che semplicemente non lo condanno: i miei interventi sono tutti a pagina 4... leggendoli noterai che non lo condanno più che altro per empatia... la mia infatti era più un analisi sul suicida nella fattispecie che non sul suicidio.
Per il resto infatti mi trovo abbastanza d'accordo con Schopenauer, ossia che il suicidio è
ben lungi dall’essere una negazione della volontà, esso è invece un fenomeno di forte affermazione della volontà. Perché la negazione ha la sua essenza in ciò, che si aborriscono non già i mali della vita, ma i beni. Il suicida vuole la vita, ed è scontento solo delle condizioni che gli sono capitate. Egli non rinuncia pertanto in alcun modo alla volontà di vivere, ma soltanto alla vita, distruggendone il singolo fenomeno. Egli vuole la vita, vuole la libera esistenza ed affermazione del corpo; ma l’intreccio delle circostanze non glielo consente, e gliene deriva un grande dolore.
Un esempio: è capitato che dei ragazzi obesi si suicidassero. Magari, questi stessi ragazzi, non avessero avuto problemi di obesità, avrebbero vissuto volentieri, e quindi nel loro suicidio non possiamo leggere una negazione totale della volontà di vivere.
4)
edit: rettifico, non avevo capito cosa intendesse evalorn per democrazia della morte, ossia "l'annullamento che coinvolge chiunque e riporta ogni cosa ad un principio unico"... cmq sono d'accordo con evalorn, l'agonia e il dolore sono ancora una parte della vita...Originariamente Scritto da dalia
Ultima modifica di Agatone; 20-02-2006 alle 19:44
[QUOTE=Zazzauser]Secondo me le persone che non hanno mai sofferto non sono forti come le persone che invece sanno cos'
[QUOTE] Citazione:
Originale inviato da evalorn
Dalia.
C'
Ti quoto Iena... forse il suicidio, inteso come tentativo di sfuggire al destino sociale dell'uomo, qualcosa di egoistico ce l'ha, però, penso che se io dovessi decidere di suicidarmi e lo confessassi, ad esempio, ai miei amici, nei loro tentativi di dissuadermi non mancherebbe questa affermazione (sono domande sì, ma direi un po'retoriche date le circostanze): "e a noi non pensi? come faremo senza di te? non pensi al dolore dei tuoi amici e dei tuoi familiari?"... ebbene, in questo senso loro non sono certo meno egoisti di me, che sto per suicidarmi, in quanto hanno come prima cosa considerato la mia vita non in quanto tale, ma in funzione delle loro, considerato il mio suicidio come torto, danno a loro stessi prima ancora che a me medesimo, considerato il gesto del suicidio come fonte di dolore per loro senza indagare e le ragioni intime che mi hanno portato alla decisione, ossia le ragioni del mio di dolore...
Ultima modifica di Agatone; 20-02-2006 alle 22:16
e poi, una cosa che non ho mai capito: perché tentare di condannare il suicidio per mezzo di una lezione di moralità pragmatica, ossia condannando gli effetti e le conseguenza del suicidio, prima ancora del suicidio stesso? certo, considero questa lezione di moralità in sede etica e filosofica ancor prima che pragmatica, se a muovere questa critica è una persona che, come Aristotele, pensa all'uomo come animale sociale, ossia che non può essere se non in una società, se non in un contesto di convivenza con i suoi simili, rifiutando l'alienazione e la destorificazione... ma, ad esempio, da una affermazione di Xil, contrario al suicidio, mi pare di aver capito che ritiene possibile l'alienazione, e quindi la sua la considero appunto una lezione di moralità pragmatica... quindi, Xil, ad esempio: prima di considerare le conseguenze del suicidio, prova a giudicarne solo l'atto stesso: perché è sbagliato abbreviare arbitrariamente la propria vita? oppure, come ho fatto notare prima, perché molti moralisti condannano la presunzione di abbreviare la propria vita, mentre non hanno niente in contrario al tentativo di allungarla, tant'è che sono contrari all'eutanasia?
credo in dio,metto in conto ke potrebbe esistere ma non ci credo fermamente.
Questo discorso filosofico e'paradossale ma ci puo'anke stare.
Preferisco guardare la cose da un punto di vista razionale,ovvero il suicida e'una persona debole ke non sa affrontare i problemi e non sa scovare il lato positivo della vita.Penso ke qualsiasi cosa,qualsiasi vita abbia dei lati positivi quindi il suicidio e'per gente ke pensa poco,ke ha paura e ke non ragiona.Altro ke amore per la vita!!!
TRUST NO1
http://www.myspace.com/dabooo85
secondo me no... forsePenso ke qualsiasi cosa,qualsiasi vita abbia dei lati positivi
queste riflessioni sono di un semplicismo desolante... come ho detto prima, si giudica il suicidio in base a una moralità pragmatica: nel tuo caso, ciò che condanna il suicidio non è nulla di essenziale, ma sono valori relativi, terreni, sociali... anche questi contano, ma prima forse sarebbe meglio parlare di un ontologia del suicidio, cercare di capire perché è sbagliato o no l'atto in sé di togliersi la vita con un gesto arbitrario...Originariamente Scritto da sweetie85
Molti di voi hanno individuato le cause che portano al suicidio nella debolezza, nell'incapacità di affrontare i problemi e le sofferenze della vita...
Allora, cosa ne pensate del ad esempio del suicidio stoico?
Ultima modifica di Agatone; 21-02-2006 alle 16:38
Questa concezione del "non saper affrontare i problemi" non posso fare a meno di trovarla fastidiosa, non so perchè. Sembra quasi che si voglia colpevolizzare una persona perchè non è all'altezza della situazione, perchè è "inferiore" rispetto all'uomo medio che affronta i problemi piuttosto che suicidarsi. Per una questione di sensibilità (mia personale ovviamente ) non posso accettare questo ragionamento, che come detto in un precedente post secondo me è uno dei responsabili dell'aumento dei casi di suicidio: le persone hanno una gran paura di essere giudicate, anzi, ne hanno un vero e proprio terrore, e per questo spesso ci si ritrova a non voler affrontare i problemi proprio per paura di sbagliare e diventare "lo zimbello" di turno.Preferisco guardare la cose da un punto di vista razionale,ovvero il suicida e'una persona debole ke non sa affrontare i problemi e non sa scovare il lato positivo della vita.
E poi, giudicare lo trovo troppo facile, troppo di comodo, è facile dall'alto di un piedistallo guardare chi sta in basso e dire: <Guarda quello, che ci fa lì per terra? Che aspetta ad alzarsi, ha paura?>. E' un'atteggiamento che in certi casi si può considerare perverso, di persone che si fanno forti della debolezza altrui.
Quello che invece tutti dovremmo reimparare a fare e a capire le persone, metterci nei loro panni, e non per dire "come sarei bravo io a sbrigarmela se fossi nella sua stessa situazione", ma per dire "come mi comporterei io se fossi lui, con i suoi stessi pregi e le sue stesse debolezze", provare a riprodurre dentro di noi quella situazione e per un attimo provare la sua stessa frustazione e il suo stesso dolore, e poi tornare in noi stessi, sul nostro piedistallo, e sfruttare la nostra situazione di vantaggio per porgere una mano a questa persona e aiutarla ad alzarsi. Questo è un vero atto di forza, non quello di prima.
Mi spiace, ma penso sia esattamente il contrario, una persona che non pensa è una persona che non ha dubbi, e una persona che non ha dubbi è una persona felice, al contrario della persona colta, perennemente tormentata dai propri crucci esistenziali.Penso ke qualsiasi cosa,qualsiasi vita abbia dei lati positivi quindi il suicidio e'per gente ke pensa poco,ke ha paura e ke non ragiona.
Ultima modifica di Iena; 21-02-2006 alle 16:56
...suicidio stoico
...
Ehm... :goccia: :goccia: :goccia:
...
Cos'
[QUOTE]Secondo me le persone che non hanno mai sofferto non sono forti come le persone che invece sanno cos'