Originariamente Scritto da
Mr. D.
Sono ateo, MA...
di Richard Dawkins
Di tutte le domande che ho ricevuto durante lo svolgimento del recente tour promozionale del mio libro*, le unice capaci di deprimermi profondamente sono state quelle inizianti per: "sono ateo, MA..."
Il seguito di tale incipit è quasi sempre inutile, nichilista o, peggio ancora, soffuso di una qualche esultante negatività. Notate, badate bene, la differenza rispetto ad un altro cavallo di battagli del genere: "una volta ero ateo, ma..."
E' uno dei trucchi più vecchi dell'insieme, usato, usato gli altri, da C. S. Lewis, Alister McGrath e Francis Collins. E' pensato per ottenere consenso popolare appena prima che l'autore discuta o parli di Gesù, e funziona anche bene.
Statevi attenti e non abbassate mai la guardia.
Ho trascritto cinque variazioni del sono-ateo-ma-blah-blah e le elencherò na per volta, sperando che altri possano a loro volta riconoscerle, essere armati per combatterle, e forse espandere la lista con i contributi della loro esperienza.
1. Sono ateo, ma la religione è destinata a sopravvivere. Pensate di potervi sbarazzare della religione? Buona fortuna, davvero! Volete sbarazzarvi della religione? Ma su quale pianeta vivete? La religione è una certezza, ormai. Lasciate perdere!
Potrei sopportare tutte queste baggianate, se fossero espresse in un qualche tono di dispiacere o preoccupazione pur che sia. Ma, al contrario, il tono di voce è quasi sempre allegro e seguito da un ghigno compiaciuto. Chiunque inizi un discorso con: "sono ateo, MA..." è quasi sicuramente uno di quei compari religiosi che, nell'acuto sarcasmo di Dan Dennett*, crede nel credere. Di per sé, possono tranquillamente non essere religiosi, ma amano l'idea che possano esserlo gli altri.
Questo mi conduce alla seconda categoia di denigratori,
2. Sono ateo, ma la gente ha bisogno della religione. Con cosa pensate di sostituirla? Come pensate di confortare i derelitti? Come soddisferete i bisognosi?
Me ne occupo nell'ultimo capitolo de "L'illusione di Dio", "Un salto necessario" e, più dettagliatamente in " Unweaving the Rainbow". Qui aggiungerò un ulteriore considerazione. Avete notato la paternale condiscendenza nella citazione suddetta? Voi ed io, ovviamente, siamo troppo educati ed intelligenti per necessitare la religione. Ma l'uomo della strada, diamine! il proletatio di Orwell, i semi-idioti Delta ed Epsilon di Huxley, loro hanno bisogno della religione. Beh, mi sforzo di avere maggior rispetto delle persone, rispetto a costoro.
Temo che il solo motivo per cui molti si attacchino alla religione sia che il sistema educativo li abbia traditi e che non capiscano quali altre opzioni siano loro offerte. Questo è certamente vero per molte persone che si cpensano "creazioniste". Semplicemente, non gli è stata insegnata l'alternativa. Probabilmente, queto è vero anche per il riduttivo mito sulla "necessità" della religione per le persone. Al contrario, sono tentato di dire: "io credo nelle pesone..." E questo mi porta al prossimo esempio.
3. Sono ateo, ma la religione è una delle glorie della cultura umana.
Ad una conferenza a San Diego a cui partecipai verso la fine del mio tour promozionale, Sam Harris ed io venimmo attaccati da due spacciatori di "sono ateo, MA...". Uno di essi citò Golda Meir, quando le fu chiesto se credesse in Dio: "Credo nel popolo eraico, e il popolo ebraico crede in Dio."
Il nostro critico ghignante lo parafrasò con: "Credo nelle persone, e le persone credono in Dio".
Probabilmente, pensava che la religione fosse una grandiosa opera d'arte. Molte opere d'arte, piuttosto, poiché le diverse religioni sono assai variegate. Mi ricordò l'accusa gravissima mossa da Nicholas Humphrey in una riproposizione estrema dell'argomento, citata nel capitolo 9 de "L'Illusione di Dio".
Humphrey stava commentando la scoperta nelle montagne del Perù dei resti congelati di una giovane ragazza Inca che, secondo l'archeologo che la trovò, fu vittima di un sacrificio religioso.
Humphrey descrisse un documentario televisivo durante la quale gli spettatori furono invitati a:
"... Meravigliarsi di fronte alla devozione spirituale dei sacerdoti Inca e a condividere con la ragazza, nel suo viaggio finale, il suo orgoglio e la sua emozione nell'essere scelta per il grande onore del sacrificio. Il messaggio di tale trasmissione fu in effetti che la pratica di del sacrificio umano fosse a suo modo una meravigliosa invenzione culturale - l'ennesimo gioiello sulla corona del multiculturalismo..."
Condivido l'indignazione espressa da Humphrey in maniera così eloquente: -
"Eppure, com'è possibile anche solo suggerirlo? Come osano invitarci - noi, nei nostri soggiorni, che guardiamo la televisione - a provare esaltazione nel contemplare un atto di omicidio rituale: l'omicidio di una bambina ancora incapace di provvedere a sé stessa, da parte di un gruppo di stupidi, boriosi superstiziosi, vecchi ignoranti? Come osano invitarci a scoprire il buono in noi contemplando un'azione immorale nei confronti di un altro?
Sarebbe scorreto accusare il nostro critico di San Diego di complicità in un simile, odioso atteggiamento verso la "fanciulla dei ghiacci" Inca. Ma spero che almeno ci pensi due volte prima di riproporre tale bon mot (come palesemente lo reputava): " Credo nelle persone, e le persone credono in Dio." Avrei anche potuto ignorare la paternale condiscendenza della sua affermazione, se non fosse risuonata di una deprecabile soddisfazione in merito all'attuale stato delle cose.
4. Sono ateo, ma predichi ai soliti quattro gatti, in fondo. Qual è il senso?
Ci sono vari motivi. Per esempio, i "quattro gatti" sono molti di più di quanto molti credano, specialmente in America. Ma, sempre in America, è un gruppo estremamente isolato e necessità di incoraggiamento per far sentire la propria voce. A giudicare dai ringraziamenti che ho ricevuto da un po' tutto il Nord America, l'incoraggiamento che persone come Sam Harris, Dan Dennett e me siamo in grado di dare è molto apprezzato. Così come lo è questo sito, come mi è stato detto più e più volte. I miei ringraziamenti, ancora una volta, a Josh.
A more subtle reason for preaching to the choir is the need to raise consciousness. When the feminists raised our consciousness about sexist pronouns, they would have been preaching to the choir where the more substantive issues of the rights of women and the evils of discrimination against them were concerned. But that decent, liberal choir still needed its consciousness raising with respect to everyday language. However right-on we may have been on the political issues of rights and discrimination, we nevertheless still unconsciously bought into linguistic conventions that made half the human race feel excluded.
There are other linguistic conventions that still need to go the same way as sexist pronouns, and the atheist choir is not exempt. We all need our consciousness raised. Atheists as well as theists unconsciously buy into our society's convention that religion has uniquely privileged status. I've already mentioned the convention that we must be especially polite and respectful to a person's faith. And I never tire of drawing attention to society's tacit acceptance that it is right to label small children with the religious opinions of their parents.
That's consciousness-raising, and atheists need it just as much as anybody else because atheists, too, have been lulled into overlooking the anomaly: religious opinion is the one kind of parental opinion that – by almost universal consent – can be battened upon children who are, in truth, too young to know what their opinion really is.
5. I'm an atheist, but I wish to dissociate myself from your intemperately strong language.
Sam Harris and I have both received criticism of this kind, and Nick Humphrey probably has too, for the quotation given above. Yet if you look at the language we employ, it is no more strong or intemperate than anybody would use if criticizing a political or economic point of view: no stronger or more intemperate than any theatre critic, art critic or book critic when writing a negative review. Our language sounds strong and intemperate only because of the same weird convention I have already mentioned, that religious faith is uniquely privileged: above and beyond criticism. On pages 20-21 of The God Delusion I gave a wonderful quote from Douglas Adams on the subject.
Book critics or theatre critics can be derisively negative and earn delighted praise for the trenchant wit of their review. A politician may attack an opponent scathingly across the floor of the House and earn plaudits for his robust pugnacity. But let a critic of religion employ a fraction of the same direct forthrightness, and polite society will purse its lips and shake its head: even secular polite society, and especially that part of secular society that loves to announce, "I'm an atheist, BUT . . ."
Off-topic!
Scusate, ma dato che mi si stanno incrociando gli occhi dal sonno, finisco di tradurlo domani.