
Originariamente Scritto da
Qfwfq
Ah, discorso quantomai complesso: e nuovamente, come l'angelo di Sant'Agostino, mi ritrovo a dover affrontare il mare armato soltanto di una tazza. Che nel tuo caso stia diventando un'abitudine ?

Preliminarmente vorrei soffermarmi su di una questione terminologica che potrebbe sembrare solo a prima vista oziosa. Eresia ed eterodossia sono utilizzati generalmente come sinonimi interscambiabili; a mio avviso il secondo assume invece un più sfumato significato alla luce della contrapposizione all'ortodossia dichiarata. Se l'eresia, infatti, dall'etimo
àiresis da te giustamente ricordato, si qualifica come una scelta radicale a beneficio di un sistema filosofico-dogmatico ben definito, l'
eterodoxìa, in qualità di opinione deviante o differente rispetto alla retta opinione (
orthodoxìa), evoca una derivazione più sottile ed in sé non sussistente rispetto all'originaro filone di pensiero da cui prende le mosse. Per tale ragione sarei propenso a definire le cosiddette eresie del IV-VI secolo come dottrine eterodosse che affondano profondamente le loro radici nelle dispute cristologiche ed ipostatiche contrassegnanti il cristianesimo tardo-antico: inscindibili, insomma, dal processo di contaminazione culturale cui il cristianesimo andò incontro a contatto con lo gnosticismo ellenistico e le sue concezioni radicalmente dualistiche.
La distinzione fra spirito e materia, sviluppata dal manicheismo sino alle sue più estreme conseguenze, non poteva non riverberarsi sulle accese dispute attorno alla natura ipostatica del Cristo: e poichè per il dualismo gnostico la materia e conseguentemente la carne sono sempre e comunque imperfette e fonte di corruzione (e per rendersi conto di ciò è sufficiente scorrere i testi gnostici tradizionalmente raccolti sotto il nome di
Corpus Hermeticum), sostenere l'umanità del Redentore avrebbe significato comprometterne la divinità e la relativa perfezione ed infallibilità. Da questo filone di pensiero prendono le mosse e si sviluppano l'arianesimo, il nestorianesimo, il monofisismo, il monotelismo. Si principia dalle posizioni proprie dell'arianesimo circa la subordinazione della natura di Cristo a quella di Dio, ritenendo che il Figlio non esistesse ab origine ma fosse stato creato dal Padre essendo, come ogni creatura, conseguentemente inferiore al suo creatore: e spingendo pertanto il Concilio di Nicea, convocato per sconfessare le dottrine di Ario, a definire Cristo
"filium Dei unigenitum. Et ex patre natum ante omnia saecula. Deum de Deo, lumen de lumine, Deum verum de Deo Vero. Genitum, non factum, consubstantialem Patri". Consustanziale, ovvero compartecipe della natura ipostatica del Padre, equivoca traduzione latina del termine
homooùsios (identico) utilizzato dal Concilio e destinata ad ingenerare ancor più dispute fra cristiani occidentali ed orientali.
Si approda quindi al nestorianesimo, propugnatore dell'esistenza in Cristo di due persone distinte, umana e divina, non consustaziali a formare un'unica ipostasi; e quindi al monofisismo, che nega infine recisamente l'umanità del Redentore sostenendo che natura terrena e divina, ambedue originariamente presenti, si fossero fuse nell'unica natura divina al momento dell'Incarnazione. Dottrina quantomai gravida di conseguenze, giacché portava a speculare che Cristo non fosse mai realmente morto in quanto vero uomo, né che fosse realmente risorto vincendo da vero Dio i vincoli della sua vera carne, ma che si fosse semplicemente spogliato del suo simulacro mortale. Inducendo pertanto a negare, implicitamente, la possibilità da parte dei fedeli di salvarsi
"de ore leonis" (per citare il famoso testo di Venanzio Fortunato) mediante Lui. E si giunge quindi al tentativo di compromesso tanto dogmatico quanto politico fra monofisismo ed ortodossia rappresentato dal monotelismo: dottrina fortemente voluta dall'imperatore Eraclio e codificata nell'Ekthésis sergiana, propugnante l'esistenza di due nature distinte in Cristo, umana e divina, che tuttavia di estrinsecavano in un'unica azione od operazione (
thélema) guidata da un'unica volontà.
L'intersecazione di tali dottrine, la loro parziale sovrapposizione non soltanto dogmatica ma anche cronologica e sovente la loro stessa convivenza ci spingono a considerarle più propriamente manifestazioni di quel dibattito attorno al Mistero della Trinità ed alla sua natura ipostatica, triplice ed allo stesso tempo unica, che attendeva ancora una stabile e soddisfacente codificazione formale. Ma non è certo opportuno, ed anzi è storicamente e dogmaticamente errato, sostenere che le Chiese che nacquero da queste dottrine eterodosse, divenuti movimenti ereticali solamente in seguito alla conquista di più ampi margini di autonomia da Costantinopoli, non possano essere definite cristiane. Lo sono a tutti gli effetti pur non essendo pervenute alla medesima definizione del dogma della Trinità cui sono approdati cristiani cattolici ed ortodossi. E non è semplice questione di lana caprina, discettare in merito alla loro inclusione nella grande ecumene cristiana poiché, e qui debbo contraddirti, tali esperienze continuano ad essere vive nella realtà contemporanea a quasi duemila anni dalla loro prima comparsa giacché l'attuale Chiesa copta ortodossa d'Egitto, per quanto costituita da uno sparuto numero di fedeli, aderisce a tutt'oggi al credo monofisita.