E' da un p
E' da un p
Forse l'eterna utopia che ancora i politici ( esseri diplomatici che cercano di comporre, l
..poi, il freno ad una crescita civile globale, come hai auspicato tu, secondo me
Guarda, RZ3, che non stiamo affatto vivendo in un periodo "diverso" rispetto alle antiche ere... Anzi. Il processo è sempre quello.
Così come le culture del mediterraneo si sono influenzate vicendevolmente per secoli, così le economie dei paesi si sono accavallate e intrecciate. Tant'è che l'antica distinzione dei popoli che tu riferisci, nasce realmente solo col romanticismo e con l'affermarsi del concetto di "Stato-Nazione". Se ci fai caso, in Europa abbiamo avuto sopratutto Imperi e organizzazioni multi-culturali. Anzi, le ultime sono crollate solo durante la Grande Guerra...
بناهاى آباد گردد خراب
ز باران و از تابش آفتاب
پى افكندم از نظم كاخي بلند
كه از باد و باران نيابد گزند
از آن پس نميرم كه من زنده*ام
كه تخم سخن را پراكنده*ام
هر آنكس كه دارد هش و راى و دين
پس از مرگ بر من كند آفرين
Non è il processo la novità, ma il fatto che avviene globalmente ed a velocità impressionante
[QUOTE=errezerotre;790680]Non
بناهاى آباد گردد خراب
ز باران و از تابش آفتاب
پى افكندم از نظم كاخي بلند
كه از باد و باران نيابد گزند
از آن پس نميرم كه من زنده*ام
كه تخم سخن را پراكنده*ام
هر آنكس كه دارد هش و راى و دين
پس از مرگ بر من كند آفرين
L'unica globalizzazione che si realizzerà sarà la colonizzazione totale del terzo mondo da parte dell'occidente.
Moderatore Debate Square
[B][I]"Scherzi a parte, ma che problemi ha?
qualcuno lo conoscer
Mamma li Turchi!
بناهاى آباد گردد خراب
ز باران و از تابش آفتاب
پى افكندم از نظم كاخي بلند
كه از باد و باران نيابد گزند
از آن پس نميرم كه من زنده*ام
كه تخم سخن را پراكنده*ام
هر آنكس كه دارد هش و راى و دين
پس از مرگ بر من كند آفرين
La dinamica in atto di maggior interesse e maggiormente cruciale per noi europei è sicuramente rappresentata dalla crisi e dal declino dello Stato moderno; ovvero di quell'istituzione peculiare che per cinquecento anni (dal XVI al XXI secolo) ha dominato e continua sostanzialmente a dominare, ma sempre con minore efficacia, il panorama politico di un'Europa scivolata dalla posizione di palcoscenico centrale dei destini del pianeta ad area irrimediabilmente periferica. La dinamica era già in atto all'indomani della conclusione della Grande Guerra, che molto più del successivo suicidio mondiale ha sancito il tramonto non solo degli equilibri che per quattrocento anni, sin dalla Pace di Westfalia, hanno regolato i rapporti fra gli stati del nostro continente e disegnato la mappa politico-sociale dell'Europa; ma altresì provocato la crisi delle ideologie portanti di quell'autunno delle nazioni rappresentato dal quarantennio 1870-1910. Si propone il dilemma, ancora irrisolto e probabilmente irrisolvibile, già enunciato da Horkheimer: Al culmine del processo di razionalizzazione, la ragione è diventata irrazionale e stupida, coinvolgendo nella sua caduta ogni forma di ideologia-guida di stampo positivista o scientista, ed ipso facto la raison d'être dello Stato-nazione, cronologicamente ultima delle forme assunte dallo Stato moderno dopo il superamento, in età illuminista, del modello rappresentato dallo Stato confessionale. Ma tale processo è storicamente distinto dalla globalizzazione ed autonomo nelle sue cause; e quest'ultima, presumibilmente, ne sta solo accelerando il decorso sino ad esiti non ancora intuìbili.
Secondo me sì...un conto è avere un poeta greco; un'altro avere il tassista pakistano, la badante boliviana, il bracciante rumeno, il vucumprà senegalese, il medico indiano e guardare la tv cinese mangiando kebab. Non si tratta di contaminazione fra popoli vicini, ma dell'intersecarsi di praticamente tutte le culture globali. E non è un evento che abbia precedenti storici, certe cose possono accadere solo una volta.Beh, immagina come poterono viverlo i Greci, quando il mondo divenne de facto più grande. In fondo, sì. La magnitudine è aumentata, ma questo ha comportato realmente anche delle modifiche nel processo, secondo te?
Io ipotizzo un nesso abbastanza forte fra omogeneizzazione e perdita di significato delle nazioni. Certo è che come tu dici la fine della guerra (delle guerre, azzarderei a dire, almeno all'interno del'europa) ha reso meno necessario e meno giustificato il patriottismo, ma non è solo questo.tale processo è storicamente distinto dalla globalizzazione ed autonomo nelle sue cause; e quest'ultima, presumibilmente, ne sta solo accelerando il decorso sino ad esiti non ancora intuìbili.
Oggi mi sembra venga meno il classico "noi" e "loro" su cui si basa non solo il concetto di stato-nazione, ma quello di stato stesso.
Io sto parlando di perdita di significato degli Stati come enti sovrani, le nazioni sono tutt'altra cosa. La dicotomia "noi" / "altri"
(wiki):
Alla parola stato si riferiscono due concetti distinti:
* Stato comunità: popolo, stanziato su un territorio individuato, che è organizzato attorno ad un potere centrale (comunemente chiamato "stato - nazione").
* Stato governo: quel potere centrale sovrano, organizzato in possibili differenti modi, che detiene il monopolio della forza, e impone il rispetto di determinate norme nell'ambito di un territorio ben definito.
Alla luce di queste distinzioni, posso dire che una scomparsa dello stato-nazione delegittima lo stato-governo, non più necessario per la tutela della nazione.
Non mi ricordo molto della filosofia del liceo, ma non penso sia sbagliato dire che viene meno il concetto hegeliano di "stato al di sopra del cittadino" e si sente invece la necessarietà di uno stato al servizio del cittadino, cioè con minimi poteri ed ingerenza, ridotto ad organo amministrativo della cosa pubblica.
E mi chiedo anche come si organizzerà la gran massa di apolidi (magari non sul passaporto, ma nell'anima sì che si sta creando in questi anni. Soprattutto mi chiedo se è un male necessario quel "monopolio della forza" caratteristico di ogni governo, ma qui mi perdo in deliri anarchici poco realistici o comunque spinti troppo oltre nel futuro...libera associazione di individui o governo unico mondiale?
Non mi stancher
E' proprio il concetto dello stato come "contratto fra cittadini" (platonico, o sbaglio?) che mi interessa maggiormente. Nel mondo moderno cittadini diversi di diversi paesi possono contrarre, a mio umile parere, "contratti" molto meno lesivi della personalità individuale rispetto al classico "contratto coatto" che uno si vede a dover sottoscrivere alla nascita come cittadino di un determinato paese.
La libera associazione viene a sostituirsi al concetto di stato topograficamente determinato, per cui non sarebbero più gli abitanti di un versante o l'altro di una montagna a dover sottostare ad un determinato codice di vita, bensì coloro che hanno idee simili su diversi aspetti della vita.
L'unica alternativa (e forse più probabile) che riesco a vedere ad un panorama simile è uno stato globale, ancora di tipo hegeliano, nel quale si suppone "giusto" un tipo di umanità fatto di compromessi e luoghi comuni, e si castra l'individuo in nome della società.