Originariamente Scritto da
axeUgene
a parte tutti i discorsi di tipo logico e metafisico di interpretazione delle scritture, l'intento di Lutero nell'elaborazione del servo arbitrio e di un abbozzo della predestinazione serve a sottrarre al credente questa prospettiva negoziale e paganeggiante, in cui alligna un sentimento opportunista e meschino, immaturo ed infantile, di dipendenza;
Lutero vuole che l'uomo sia talmente partecipe della volontà divina da aderirvi a prescindere da qualsiasi remunerazione, se non quella della virtù come premio a se stessa; cosa che più tardi Kant descriverà come imperativo categorico - faccio perché devo, sapendo che è giusto; a prescindere dalle conseguenze che si determineranno per me;
quindi, ha bisogno di affermare che in qualsiasi caso la salvezza o la dannazione sono già decise, e l'uomo può sperare che le sue opere buone abbiano successo, come testimonianza del favore divino nella sua buona fede; ma deve escludere che queste opere siano pensate e soprattutto sentite - nonostante le sgradevolezze di paolo e Agostino, ritorna la centralità del sentimento - come mezzo , ma che lo siano esclusivamente come manifestazione di genuina gratitudine per una salvezza che è già in atto, e consiste nel disporre di quella stessa coscienza che può valutare la legge divina;
cioè, pensare la Grazia come la capacità empatica attuale - il paradiso è qui, ora ! - che è anche, di converso, quella di percepire la compassione altrui al momento della propria croce, e l'inferno, che è la condizione di chi sia escluso da questa possibilità, ma di cui nessuno può sapere o giudicare, se non Dio stesso;
in questo senso, nell'incognita, il servo arbitrio diventa un'attestazione di pietà per il malvagio, chiamato comunque ad assecondare un disegno divino, ma il cui destino è legato al suo sentimento, non alle sue azioni; come nel caso di Pietro, che rinnega, predestinato, come già noto a Gesù; ma si salva perché è affranto, non vorrebbe, non accetta l'idea; giustificato dalla sola fede, cioè dal suo sentimento; non dalle opere, tre volte colpevoli.