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Discussione: Amor fati

  1. #1
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    Amor fati

    La locuzione latina “Amor fati” (amore del fato) deriva dall’antica filosofia stoica che considera l’individuo come parte del logos divino e ciò che gli accade dipende dal fato, dal destino, che gli è stato assegnato fin dalla nascita, perciò lo deve accettare con amore e non con rassegnazione.

    Il destino spesso è incomprensibile, a volte sembra l’opposto di quel che si vuole, invece è proprio quello che deve essere.

    Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, come nuovo stoico del XIX secolo ebbe verso l’amor fati un atteggiamento di accettazione attiva del proprio destino. Secondo Nietzsche l'individuo che riesce ad elevarsi ad “Oltreuomo”, fa coincidere la propria volontà con il corso degli eventi come essi si presentano.

    E’ conciliabile l’amor fati con la religione cristiana ? Mi sembra di si. L’amor fati cristiano è in un verso del “Pater noster”: “Fiat voluntas tua” (sia fatta la tua volontà). Il fato è la volontà di Dio declinata in modo impersonale.

    Fato o provvidenza divina ? Nell’amor fati collimano la libertà e il libero arbitrio, la vita individuale con i propri limiti e le proprie responsabilità, senza struggersi per essere altro e altrove, è amore metafisico per la realtà, è la serenità per gli inquieti, … o no ?
    Ultima modifica di doxa; 23-11-2019 alle 23:41

  2. #2
    Opinionista L'avatar di Arcobaleno
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    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio
    Fato o provvidenza divina ? Nell’amor fati collimano la libertà e il libero arbitrio, la vita individuale con i propri limiti e le proprie responsabilità, senza struggersi per essere altro e altrove, è amore metafisico per la realtà, è la serenità per gli inquieti, … o no ?
    Dipende da che destino abbiamo. Come si fa a fare un discorso generalizzato, quando ci sono destini tanto diversi. C'è chi viene abortito e chi campa cent'anni; c'è chi muore di fame nell'infanzia e chi vive tutta la vita nell'agiatezza; c'è chi riesce a realizzare i propri obiettivi e chi li vede naufragare miseramente; c'è chi è soddisfatto della vita che vive e chi preferirebbe morire…
    Forse nessuno ha una vita facile, tutti incontriamo prima o poi grosse difficoltà, per un motivo o per un altro, ma i destini rimangono diversi e molti sono inconciliabili tra loro.
    Chi ha un destino grosso modo soddisfacente può accettarlo serenamente; chi ha un destino molto avverso, difficilmente lo accetterà serenamente e probabilmente se ne uscirà con un "Ma va a fa'n c."
    Fate l'amore, non la guerra.
    Lavorare tutti, lavorare meno.

  3. #3
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    Alle tre Parche era affidata la nascita, la vita e la morte, insomma erano loro che tessevano in destino umano.
    Poiché le divinità antropomorfe rappresentarono presto un problema per le generazioni future, il concetto di nascita, vita e morte vennero raggruppate in un'unico concetto: il destino.
    Ma come dissi in precedenza credere al destino è solo ignoranza umana, poiché il destino non è altro che gli effetti delle cause che lo hanno provocato. Conoscendo le cause possiamo cambiare il destino , ma quest'ultimo è un destino che non si è mai presentato poiché ne abbiamo modificato le cause.
    In sostanza siamo sempre a correre dietro al nostro destino, ma non lo raggiungeremo mai perché è assurdo..
    Quindi non è "amor fati" ma "amore impossibile" poiché non potrai mai sapere quale non era il nostro destino.

  4. #4
    Opinionista L'avatar di xmanx
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    Carl Gustav Jung:
    "Rendi conscio l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino".

    Questa frase significa che se non rendiamo conscio l'inconscio, sarà il nostro inconscio (cioè le motivazioni radicate in noi e di cui non siamo consapevoli) a guidare le nostre emozioni e azioni. E, proprio perchè non siamo consci di queste motivazioni, ciò che ci accade lo chiamiamo destino. Ma, in realtà, è il risultato determinato dalle nostre motivazioni inconsce.

    Se invece rendiamo conscio l'inconscio, maturiamo una nuova consapevolezza. E sarà questa nuova consapevolezza maturata a darci la consapevolezza del nostro vero Destino (quello con la D maiuscola).
    E qual è il nostro vero Destino? La nostra "individuazione", cioè la realizzazione della nostra "individualità autentica"....della nostra "autentica specificità"....della nostra "unicità".
    Perchè noi nasciamo con una "individualità autentica" (la nostra unicità) che poi delinea anche il nostro Destino - che ovviamente non avviene automaticamente, ma va realizzato col nostro impegno.
    Il problema è che la nostra "individualità autentica" (la nostra unicità) viene offuscata e soffocata dalla nostra Ombra. Un'Ombra che va affrontata e superata proprio per poter realizzare il nostro vero Destino, cioè la nostra unicità.
    Lo stagista.
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  5. #5
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    Chi crede l’esistenza del destino individuale si rende conto che è incompatibile con la libertà e il libero arbitrio ?

    Se fato significa “quel che succede deve accadere” per volere di una ipotetica divinità, allora non c’è alternativa: “doveva andare così e così è andata, inoltre, così andrà”, qualunque sia l'evento.

    Il cristiano come fa ad accettare supinamente la frase nella preghiera “Padre nostro”: “sia fatta la tua volontà” ?

    Se il destino dell’individuo deriva dal volere di Dio, allora si deve pensare che anche Auschwitz era destino delle persone uccise ?

    Il cristiano cattolico non può credere in un dio cinico e baro, violento e giustiziere.

    Forse il fato è più accettabile dal credo calvinista della predestinazione ? Che è la versione cristiana della sottomissione musulmana ad Allah.

    Se esiste Dio e la sua volontà che condiziona il destino dell’umanità, il suo volere è in contrapposizione con il libero arbitrio dell’individuo.

    Per la filosofia stoica esiste la “Volontà cosmica” che tende al Bene, la persona saggia si adegua a tale Volontà, nonostante gli ostacoli sul proprio cammino. Tale accettazione non crea la discrepanza tra ciò che il “Cielo vuole” e il volere dell’individuo, facente parte dell’universo, perciò soggetto alla volontà del Creatore dell’universo.

    Nietzsche fa coincidere la volontà del superuomo col destino, con l’amor fati.

    Le scienze hanno evidenziato come la nostra specie sia meno libera di quanto credesse... Ho forse scelto io i miei geni? Ho scelto io di avere questo cervello e quindi questo carattere? Ho scelto io il clima e la zona geografica dove sono nato, i quali mi hanno influenzato fin dalla nascita?
    Sembrerebbe quindi che il determinismo sottostante queste verità ci privi della libertà e quindi ci costringa a una sorta di scientifico amor fati.

    Nel caso di una grave malattia perché lamentarsene se il destino, o chi per lui, vuole così ? Non c'è libertà !

    Invece non accettiamo il male, ci ribelliamo all’inaccettabile destino, reagiamo cercando le cure adatte per debellare la malattia.
    Lo stesso discorso vale per gli altri mali che affliggono l’umanità: morali, etici, ecc..

    La reazione dell’individuo all’ipotetico destino simboleggia la libertà umana.

    Non esiste il destino per volere divino né il libero arbitrio assoluto. Le nostre scelte influenzano la nostra vita.

    Credere nella predestinazione è autoassolutorio, nel bene e nel male: rende razionale una strage, una violenza.

  6. #6
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    Chi crede l’esistenza del destino individuale si rende conto che è incompatibile con la libertà e il libero arbitrio ?

    Se fato significa “quel che succede deve accadere” per volere di una ipotetica divinità
    Infatti.
    Allora l'augurio è: che il nostro fato sia sotto il governo di un buon Dio.
    Quindi mancanza di libertà a fin di bene.

  7. #7
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    Arcobaleno ha scritto
    Chi ha un destino grosso modo soddisfacente può accettarlo serenamente; chi ha un destino molto avverso, difficilmente lo accetterà serenamente e probabilmente se ne uscirà con un "Ma va a fa'n c."
    Salve Arcobaleno. Hai ragione ! Al cosiddetto “destino” non manca il senso dell’ironia nel beffeggiare l’umanità.

    Il destino viene immaginato come una forza sconosciuta incomprensibile, di fronte alla quale l’individuo è impotente. E questa “energia” dipende dall’amor fati o da un dio creatore e onnipotente ?

    Salute xmanx. Se non esiste il destino per volere divino ma dipende dalle nostre scelte, allora ha ragione Carl Gustav Jung che hai citato con il suo aforisma che afferma: “Rendi conscio l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino" ?

    L’idea dell’esistenza di un misterioso legame tra inconscio e destino era presa in seria considerazione da Jung. Questo psicoanalista ha anche aggiunto: “comunque si voglia designare ciò che sta in fondo alla psiche, certo è che queste energie forgiano il nostro destino”.

    Alcuni psicologi hanno ipotizzato che alla base di ciò che chiamiamo “destino” di un individuo ci sia la manifestazione di motivazioni inconsce, che tendono ad agire al di fuori della propria consapevolezza, perciò i loro effetti sembrano estranei alla persona e dipendenti dall’amor fati.

    Ma come si fa a trasferire la “sede” del fato dall’ultramondo all’inconscio e renderlo cosciente ?

    L’Io dovrebbe riuscire a comprendere le “voci” enigmatiche dell’inconscio per esprimerlo in modo cosciente e capacità di scelta.

  8. #8
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    Se l'energia non crea nulla di più o di meno ma si trasforma preferirei non essere che rinunciare a riconoscermi.

  9. #9
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    Crepuscolo ha scritto
    Alle tre Parche era affidata la nascita, la vita e la morte, insomma erano loro che tessevano in destino umano.
    Poiché le divinità antropomorfe rappresentarono presto un problema per le generazioni future, il concetto di nascita, vita e morte vennero raggruppate in un'unico concetto: il destino.
    Buongiorno Crepuscolo. Interessante il tuo riferimento mitologico alle Parche della mitologia romana, assimilate nella mitologia greca alle tre Moire, figlie di Ananke la dea del destino, della necessità inalterabile, del fatum: divinità della mitologia romana, a cui ci si deve adeguare e alla quale è inutile tentare di sottrarsi. Infatti era persuasione comune e radicata presso gli antichi che l’ umana vita fosse soggetta al destino, che al momento della nascita di ognuno già fossero decretate le vicende della sua vita fino al momento della morte.

    Il sostantivo “destino” allude alla predeterminazione fatale degli eventi, considerati al disopra dell’umana capacità di volere e di potere, perciò i detti popolari “subire il destino”, “rassegnarsi al destino”, “seguire il proprio destino”.

    Nel nostro tempo il termine fato è caduto nell’oblio, sostituito da “destino”. Nell’antichità, però, secondo alcuni autori, fatum e destino venivano usati entrambi perché differivano nel significato. Per i Romani Il fatum alludeva alla sottomissione dell’individuo ad una necessità che non si conosce, che appare casuale, che regola il susseguirsi degli eventi secondo un ordine non modificabile. Invece il destino era modificabile, l’individuo era il protagonista delle sue scelte, delle sue azioni, nel bene e nel male.

    Crepuscolo secondo te siamo predestinati, o siamo liberi? E se siamo liberi, quanto possiamo dirci responsabili delle conseguenze delle nostre azioni?
    Ultima modifica di doxa; 25-11-2019 alle 08:54

  10. #10
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    Esempio: Giulia è una bambina di 4 anni e vive in una famiglia "normale". Sua madre sta per partorire e, allora, mamma e papà decidono di "allontanare" Giulia e di affidarla temporaneamente alla zia. Giulia, ahimè, vive questa scelta apparentemente normale dei genitori come un "trauma": il "trauma" dell'abbandono. Avendo solo 4 anni, Giulia non comprende le motivazioni dei genitori e subisce un "trauma". Si sente "abbandonata". Questo trauma finisce nel sub-conscio e viene "dimenticato".

    Giulia cresce, ora è una donna. Ma quel trauma non l'ha mai abbandonata. Vive sempre l'angoscia dell'abbandono e questa angoscia profonda che lei avverte - senza capirne il motivo a livello razionale - la porta a esercitare la "mania del controllo". La mania del controllo è una reazione all'angoscia dell'abbandono. Tendiamo a "controllare" le persone...a voler sapere tutto quello che fanno, dove sono...perchè abbiamo paura che ci "abbandonino". La paura inconscia di rivivere quel trauma subito a 4 anni porta Giulia a vivere ossessivamente il controllo sulle persone che ha intorno a sè.
    Franco, il suo fidanzato, soffre di questa mania di controllo di Giulia...si sente "soffocato". E, dopo qualche tempo, la lascia.
    E Giulia dice tra sè: "Era destino che Franco mi lasciasse".

    Jung: “Rendi conscio l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino".
    Ultima modifica di xmanx; 25-11-2019 alle 10:42
    Lo stagista.
    Apprendista stregone.

  11. #11
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    Crepuscolo ha scritto

    Buongiorno Crepuscolo. Interessante il tuo riferimento mitologico alle Parche della mitologia romana, assimilate nella mitologia greca alle tre Moire, figlie di Ananke la dea del destino, della necessità inalterabile, del fatum: divinità della mitologia romana, a cui ci si deve adeguare e alla quale è inutile tentare di sottrarsi. Infatti era persuasione comune e radicata presso gli antichi che l’ umana vita fosse soggetta al destino, che al momento della nascita di ognuno già fossero decretate le vicende della sua vita fino al momento della morte.

    Il sostantivo “destino” allude alla predeterminazione fatale degli eventi, considerati al disopra dell’umana capacità di volere e di potere, perciò i detti popolari “subire il destino”, “rassegnarsi al destino”, “seguire il proprio destino”.

    Nel nostro tempo il termine fato è caduto nell’oblio, sostituito da “destino”. Nell’antichità, però, secondo alcuni autori, fatum e destino venivano usati entrambi perché differivano nel significato. Per i Romani Il fatum alludeva alla sottomissione dell’individuo ad una necessità che non si conosce, che appare casuale, che regola il susseguirsi degli eventi secondo un ordine non modificabile. Invece il destino era modificabile, l’individuo era il protagonista delle sue scelte, delle sue azioni, nel bene e nel male.

    Crepuscolo secondo te siamo predestinati, o siamo liberi? E se siamo liberi, quanto possiamo dirci responsabili delle conseguenze delle nostre azioni?
    Predestinata secondo me è la nostra parte che riguarda il male, anche oggi si dice che il male non paga anzi finisce male; mentre la parte migliore di noi, il buon seme prima o poi germoglierà.
    Sinceramente questa differenza tra fato e destino lascia molto a desiderare, perché come tutti i concetti che risultano mezze misure non convincono né di qua e né di là.
    Nessuno può dire se nel complesso siamo liberi o predestinati, comunque io penso che il male sia automatico per certe persone e quindi come una predestinazione il male prima o poi farà una brutta fine, il bene invece che non ci obbliga perché è un personale talento se non altro ti offre una remunerazione sentimentale.
    Il bene non è macchinoso ma è facoltativo, il male si secca, il bene fiorisce.
    Come hai detto tu riguardo al fato che ci accompagna dalla nascita in poi, non può che rappresentare un'idea primitiva quando il mondo era molto diverso da quello di oggi perché superstizioso.
    Oggi che sappiamo tutti i fatti che ci accompagnano dalla vita alla morte possiamo fare a meno delle parche romane fino alla morte di cui ancora oggi non sappiamo dove conduca; l'unica che resiste è quella che taglia il filo, ma mi sembra che non sappiamo andare oltre e procedere verso quello che ancora non sappiamo.
    Parlare dell'al di là non è certo elencare le tabelline o recitare una poesia mandata a memoria; se poi fosse a memoria di un numero o di un fatto avvenuto sappiamo che è indimostrabile ma con un po' di tenacia io penso sia intuibile.
    Io credo che Dio non si conosca ma si intuisca.
    Ultima modifica di crepuscolo; 25-11-2019 alle 12:12

  12. #12
    Opinionista L'avatar di crepuscolo
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    @Doxa

    Esempio: Giulia è una bambina di 4 anni e vive in una famiglia "normale". Sua madre sta per partorire e, allora, mamma e papà decidono di "allontanare" Giulia e di affidarla temporaneamente alla zia. Giulia, ahimè, vive questa scelta apparentemente normale dei genitori come un "trauma": il "trauma" dell'abbandono. Avendo solo 4 anni, Giulia non comprende le motivazioni dei genitori e subisce un "trauma". Si sente "abbandonata". Questo trauma finisce nel sub-conscio e viene "dimenticato".

    Giulia cresce, ora è una donna. Ma quel trauma non l'ha mai abbandonata. Vive sempre l'angoscia dell'abbandono e questa angoscia profonda che lei avverte - senza capirne il motivo a livello razionale - la porta a esercitare la "mania del controllo". La mania del controllo è una reazione all'angoscia dell'abbandono. Tendiamo a "controllare" le persone...a voler sapere tutto quello che fanno, dove sono...perchè abbiamo paura che ci "abbandonino". La paura inconscia di rivivere quel trauma subito a 4 anni porta Giulia a vivere ossessivamente il controllo sulle persone che ha intorno a sè.
    Franco, il suo fidanzato, soffre di questa mania di controllo di Giulia...si sente "soffocato". E, dopo qualche tempo, la lascia.
    E Giulia dice tra sè: "Era destino che Franco mi lasciasse".

    Jung: “Rendi conscio l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino".
    Se permetti ritorno al momento iniziale del trauma di Giulia.
    Io so benissimo che se faccio una carezzina ad un uccellino l'altro se la prende, allora devo dividere o moltiplicare la carezza per due.
    Spareggiare i figli e la cosa peggiore di un genitore.
    Questo è il tipico caso di una famiglia che per me normale non è, di genitori che hanno preferito la loro comodità a discapito della figlia, non ci siamo per quanto riguarda il comportamento dei genitori verso i figli, che per nessuna ragione hanno deciso di venire al mondo.
    Non è difficile intuire che determinati comportamenti possono nuocere; se poi non è solo un momentaneo abbandono ma un modo di fare dei genitori allora povera Giulia.

  13. #13
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    Se permetti ritorno al momento iniziale del trauma di Giulia.
    Io so benissimo che se faccio una carezzina ad un uccellino l'altro se la prende, allora devo dividere o moltiplicare la carezza per due.
    Spareggiare i figli e la cosa peggiore di un genitore.
    Questo è il tipico caso di una famiglia che per me normale non è
    invece, l'"errore" in buona fede dei genitori è normale, nel senso che avviene sempre, normalmente; la psicologia e la psicanalisi studiano, in modo un po' diverso, il modo in cui i comportamenti educativi vengono interiorizzati ed elaborati, sulla base di valutazioni amorali, come il principio del piacere di Freud, per cui il poppante elabora a modo suo la privazione della tetta come evento regolare e prevedibile, oppure come circostanza angosciosa, di morte;
    un messaggio sensato, del genitore fumatore che esorta a non imitarlo, viene poi interpretato come invito - involontario nel genitore, sia chiaro - all'emulazione; soprattutto nel momento in cui si vuole diventare adulti;

    il punto è che le circostanze traumatica sono la norma, entro certi limiti; perciò, diventa molto discutibile la necessità terapeutica, laddove l'ansia o la nevrosi sono anche trampolini di successo e creatività, forza reattiva; l'affetto stesso può essere un handicap in certi casi.
    c'� del lardo in Garfagnana

  14. #14
    Opinionista L'avatar di xmanx
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    Se permetti ritorno al momento iniziale del trauma di Giulia.
    Io so benissimo che se faccio una carezzina ad un uccellino l'altro se la prende, allora devo dividere o moltiplicare la carezza per due.
    Spareggiare i figli e la cosa peggiore di un genitore.
    Questo è il tipico caso di una famiglia che per me normale non è, di genitori che hanno preferito la loro comodità a discapito della figlia, non ci siamo per quanto riguarda il comportamento dei genitori verso i figli, che per nessuna ragione hanno deciso di venire al mondo.
    Non è difficile intuire che determinati comportamenti possono nuocere; se poi non è solo un momentaneo abbandono ma un modo di fare dei genitori allora povera Giulia.
    Vabbè...ma tu qui stai spostando l'attenzione sul comportamento dei genitori. Io invece volevo mettere in evidenza il comportamento di Giulia.

    Comunque....tornando ai genitori, tu hai ragione. Ma hai ragione adesso...adesso che siamo nel mese di novembre del 2019. Fino a 100 anni fa era del tutto normale "abbandonare" i figli (e non solo in occasione della imminente nascita di un fratellino o sorellina). Addirittura i bambini venivano mandati in fabbrica o in miniera a lavorare.
    Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che la tua "consapevolezza" di oggi - che ti porta a dire che il comportamento di quei genitori non è normale - è il risultato a cui sono giunti altre persone prima di te. Questa "consapevolezza", poi, è entrata, in qualche modo, nell'insegnamento e tu l'hai appresa nella tua fase di apprendimento. Ed è, quindi, diventata anche una tua consapevolezza. Una consapevolezza che tu hai avuto "gratis".

    Lo stesso vale per la scuola. Alcune menti "illuminate" e "consapevoli" hanno compreso che andare a scuola è, per un bambino, una cosa fondamentale per il suo sviluppo personale, mentale e per la sua maturazione di individuo. A partire da questa consapevolezza hanno creato il "sistema scolastico obbligatorio e universale". Ora...noi...questa consapevolezza ce l'abbiamo "gratis" grazie al lavoro di persone "consapevoli" che ci hanno preceduto.
    Quindi, oggi, per te è scontato mandare i tuoi figli a scuola e mai ti sogneresti di non mandarli a scuola e mandarli a lavorare a 6 anni.
    Anche questa è una consapevolezza che tu hai ricevuto "gratis".

    Ma esistono ancora tante...tantissime cose di cui siamo inconsapevoli e che richiedono il nostro lavoro individuale su noi stessi per crescere in consapevolezza.
    Ad esempio il concetto che la "materia non è materiale"....per parlare di qualcosa che non riguarda il "mondo interiore" ma il "mondo esteriore".
    Noi di questo fatto siamo ancora inconsapevoli, perchè non fa ancora parte del bagaglio culturale che ci viene trasmesso durante la fase di apprendimento (in cui, ancora oggi, ci viene insegnato proprio l'opposto).
    E non siamo nemmeno consapevoli di "rendere conscio l'inconscio, altrimenti sarà l'inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino"...perchè non fa parte del bagaglio culturale che ci viene trasmesso durante la fase si apprendimento.

    Non è che dobbiamo aspettare per forza che Einstein e Jung diventino materia di studio alle elementari, medie e superiori.
    Possiamo anche darci una mossa noi...invece di aspettarci sempre la pappa pronta e che qualcuno ci venga a risvegliare dal nostro sonno profondo.
    Lo stagista.
    Apprendista stregone.

  15. #15
    Opinionista L'avatar di crepuscolo
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    invece, l'"errore" in buona fede dei genitori è normale, nel senso che avviene sempre, normalmente; la psicologia e la psicanalisi studiano, in modo un po' diverso, il modo in cui i comportamenti educativi vengono interiorizzati ed elaborati, sulla base di valutazioni amorali, come il principio del piacere di Freud, per cui il poppante elabora a modo suo la privazione della tetta come evento regolare e prevedibile, oppure come circostanza angosciosa, di morte;
    un messaggio sensato, del genitore fumatore che esorta a non imitarlo, viene poi interpretato come invito - involontario nel genitore, sia chiaro - all'emulazione; soprattutto nel momento in cui si vuole diventare adulti;

    il punto è che le circostanze traumatica sono la norma, entro certi limiti; perciò, diventa molto discutibile la necessità terapeutica, laddove l'ansia o la nevrosi sono anche trampolini di successo e creatività, forza reattiva; l'affetto stesso può essere un handicap in certi casi.
    Sono d'accordo sul fatto di un assorbimento spontaneo, e ciò avverrà presumibilmente secondo la norma in età adulta.
    Più che partire dall'arrivo io sarei comunque per una partenza alla partenza. Cioè è inutile retrodatare quando il principio di un genitore è oltre l'affetto fare le cose nel migliore dei modi dimostrando che l'amore può essere anche saggio nella sua previdenza.
    Certo che peggio di Giulia è andato a quei bambini abbandonati a morire in auto sotto il sole.

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