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Rispondevo solo a Cono e non ho capito perché ti senti tirato in ballo e per cosa, che non ti ho proprio calcolato.
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Rispondevo solo a Cono e non ho capito perché ti senti tirato in ballo e per cosa, che non ti ho proprio calcolato.
Rifletti Laurina: Per una Famiglia con 3 stipendi, una casa in città e una al mare, un'assicurazione sulla Vita, 4 auto, 2 moto, BTP in banca e conti correnti on line, quanto spazio rimane per fare esperienza di Dio? Ristrettissimo, evidentemente. Si ha la certezza che tutto provenga dalle sole forze umane, no? Dal "saperci fare", dall'essere previdenti, dal saper investire, dalla lungimiranza e dall'intelligenza dei singoli.
Dio si rivela nel poco. Non so perchè abbia scelto di fare così, ma tant'è: Prende i 5 pani e 2 pesci e poi li moltiplica. Coi fatti. Come pare a Lui. Nei modi e nelle forme più disparate.....
Un po' classista come affermazione, ci sono molte famiglie molto agiate e molto praticanti, le quali spesso scelgono per i loro figli esclusivamente esclusivi istituti religiosi.
Si parlava di famiglia e demografia?
La famiglia che porti ad esempio almeno un famiglia l'ha potuta creare, se hanno quattro macchine forse hanno anche una prole che le guida, magari tutte le sere pregano per ringraziare o per chiedere che non capiti nulla che le mandi in rovina
in effetti la miserabilità è propizia alla bestemmiaCitazione:
Dio si rivela nel poco
Se anche oggi ti devi rifugiare nelle tiritere stai di nuovo confermando in modo implicito che non è possibile parlare in modo sereno e chiaro di come vivere con tanti figli, soprattutto se con uno stipendio e basta.
Tutti coloro che hai citato hanno mai fatto menzione al fatto che le coppie dovrebbero fare più di due-tre figli ciascuna?
Hai voglia a citare Pinco e Pallino che si lagnano dei bei tempi andati e della denatalità se poi nessuno di loro propina il tipo di famiglia di cui ti fai portavoce.
Quanto a quello che dici su soldi e beni, cosa sarebbe così scontato tanto che una famiglia che è più benestante non pensi a dio o lo faccia in modo più superficiale di chi è meno benestante?
Fra le righe si potrebbe pensare ad una certa vanità o superbia di chi è credente ed ha meno soldi di altri, un certo rosicare magari. Inoltre si potrebbe sempre dedurre che si voglia "giocare" a fare il povero, alla faccia poi di chi ci nasce o lo diventa davvero per disgrazie nella vita.
Poi dovresti esulare un pò dal discorso dio perchè se ti lagni della natalità, questa dovrebbe riguardare tutte le coppie, credenti, diversamente credenti, non credenti e quindi serve altro per motivare che non continui appelli sul credere e tiritere sul tuo dio.
Infine, se sbilanciandoti un pò, hai detto che ci sono momenti difficili e problemi in una famiglia numerosa, stai già dicendo che è difficile tirare a campare o lo si fa stando sempre o quasi a tirare la cinghia, sul filo del rasoio, dovendo forse ricorrere a soldi dei parenti ed alla beneficenza.
soprattutto, c'è questo pregiudizio - tipico delle società cattoliche, a prescindere dal fatto che chi lo esprime sia credente e/o praticante - per cui l'agiato sarebbe tendenzialmente privo di valori spirituali ed eticamente menomato, come se la condizione umana di fragilità a fronte di malattie, imprevisti, sofferenze varie, non fosse la stessa;
a guardar bene, la solidarietà sociale e lo spirito empatico-compassionevole sembrano essere una funzione della promiscuità tra ceti diversi, più che della ricchezza/povertà.
Ma, per certi cattolici, sofferenza e rinuncia sono punti per un paradiso eterno da cui, comparando una vita sofferente finita con una beata infinita, scelgono questa.
Chi non ha questo presupposto come vero e reale preferisce vie piu' intuitive.
Gesù Cristo non fa un discorso politico, Breakthru. E nemmeno economico, o sociale o di classe: Invita alla Fede! Chi dispone di molti beni, a quelli si affida, in quelli confida.
Chi dispone di poco, più facilmente si aggrapperà al Cielo.
Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio. In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».» (Luca 12 - Matteo 19)
Ti ho risposto il 2 febbraio alle ore 01.29 e poi anche il 10 alle 01.52 e il 19.02 alle 01.09 ma ti entra da un'orecchia e ti esce dall'altra. Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere. Di chi non vuole neppure prendere in considerazione l'ipotesi che Dio, alla fine, possa esistere per davvero.
Sì, ho letto i vangeli, anche in Marco c'è una variante di questa storia e sì, sicuramente chi non ha nulla ha solo più Dio (vorrei fare una battuta ma rimango seria), ciò non toglie che non sta a te valutare la "vicinanza a Dio" in base alla ricchezza della persona, primo non lo puoi sapere, al massimo lo puoi dedurre dai suoi comportamenti, ma solo se la frequenti, secondo è atto di giudicare, cosa che un buon cattolico, memore del fatto che sarà giudicato con lo stesso metro con cui giudica(Mt7), dovrebbe non fare.
Infine la percezione di "ricchezza" varia anche in base al luogo in cui nasci, quindi se valuti bene te stesso, la tua coperta, il tuo letto, i tuoi vestiti, i tuoi piatti... avrai mica un orologio? Temo che anche tu sia nei guai
Hai risposto con la tiritera di dio e della provvidenza più volte, che all'atto pratico si traduce in soldi che ti passa lo Stato per le tasse di tutti, detrazioni fiscali e rimborsi e quello che magari manca deve arrivare da un'latra parte, fino forse dover ricorrere alla beneficenza.
Hai anche detto che ci sono momenti difficili. Direi che parrebbe cosa quasi scontata. Ora perché una coppia dovrebbe seguire questa strada di far figli ad oltranza e soldi che non bastano?
Lo sappiamo tutti quello che serve per vivere e quanto costa, single o accoppiati con o senza prole. Venire a raccontare che tutto è possibile mi sembra cosa poco matura e sensata.
Per me si potrebbe dare uno stipendio alle casalinghe o dare di più a chi ha i figli, ma non dipende da me e alla fine bisogna fare i conti con le possibilità e con quel che ti passano nel posto dove si vive, considerando sempre le responsabilità verso i figli, che prima di camminare con le proprie gambe dipendono da chi li ha generati. Ed infilarli nelle difficoltà e nei problemi, mi spiace, non vedo come possa essere una strada a cui ispirarsi e seguire.
Non sono parole mie: Ho citato Gesù Cristo apposta....
Difficilmente non vuol dire sempre, è vero. Ma anche nella mia esperienza di Vita, posso dire che le persone semplici e povere siano terreno più fertile nell'accogliere il seme dell'annuncio evangelico, rispetto a quelle ricche e benestanti.
L'Uomo viene temprato dalle difficoltà: Cresce e matura imparando a lottare e ad affrontare i problemi della Vita. Nella bambagia si vegeta e basta.
Voltandoci indietro, possiamo dire senza esitazione che è stato proprio nei momenti più difficili che ci siamo compattati come Famiglia. E che proprio lì abbiamo toccato con mano la Provvidenza di Dio.
la vita di una persona non è monodimensionale, fatta solo di "bambagia" vs "difficoltà";
se ne sono accorti i ricercatori quando sono andati ad analizzare la tenuta psicologica dei coscritti in Vietnam:
contrariamente a quanto nel senso comune la maggior parte delle persone tendeva a credere, secondo quella logica della citazione, i borghesi reggevano molto meglio dei proletari e marginali, cresciuti nelle difficoltà, e proprio perché quella coscienza di classe dirigente offriva loro un motivo forte, ideologico, un ruolo, a compensare delle privazioni e dei rischi;
questa è anche la spiegazione di un solidarismo più diffuso nelle società ricche e/o negli strati più agiati della società, che si percepiscono in un ruolo di responsabilità e leadership, dove l'individualismo e la volontà di emergere sono - poco intuitivamente - prerogativa degli strati proletari e marginali; negli ultimi 30 anni, negli USA è stata abbastanza evidente l'adesione al Partito repubblicano dei latinos, e non solo gli esuli cubani, che hanno un motivo direttamente politico; sono i penultimi, i "caporali", che sgomitano per salire ancora nelle gerarchie sociali, ma individualmente.
Fai un discorso tipo questo ad un giudice se ci sono motivi di indigenza o comunque difficoltà economiche che si ripercuotono sui figli anche a livello psicologico e poi vedi che succede se questo fosse nella situazione di decidere un affidamento perchè vi separate o perché sono intervenuti i servizi sociali col rischio di mandarli in altre famiglie.
Non è che te ne puoi uscire con la scusa che altrimenti si diventa troppo viziati sai. I genitori hanno la responsabilità dei figli e del loro benessere.
La schiena dritta viene da altro, non da mettersi nella condizione di arrivare perfino a dover chiedere la carità o rivolgersi alla chiesa. Che educazione e che insegnamento è?
Che senso ha per una coppia, ben sapendo dove si va a cascare, infilarsi in una situazione di possibile continuo bisogno di risorse e che arrivano da terzi per mettere su famiglia?
I tuoi esimi sociologi e psicologi, parlano poi realmente di fare tutti più di due o tre figli?
Aricaschi male.
Non voglio avere, sapere, programmare tutto prima
I tuoi discorsi generali non possono essere fatti quotando qualcuno a caso e sparando dove ti pare.
Naturalmente siccome sono parole scritte nel vento, non mi applico più di tanto a ripetermi.
La bellezza dei Forum è proprio questa: Si continua a stimarci e a discutere civilmente anche se la si pensa in modo diverso :)
"Speranza: Ecco la parola che volevo scrivere. Il resto del mondo desidera, brama, rivendica, esige. E chiama tutto ciò, sperare. Perchè non ha nè pazienza, nè discernimento, nè onore. Vuole solo godere. Il mondo moderno vive veramente troppo in fretta. Non ha più tempo di sperare, alza le spalle all'idea di questo casto fidanzamento con l'avvenire....
I poveri sperano al suo posto: La tradizione dell'umile speranza, è tra le mani dei poveri."
GEORGES BERNANOS
Parlano di denatalità arrivata ormai alle soglie di una vera e propria emergenza sociale, Laura. Di una chiusura alla Vita aprioristica e narcisistica. Aldilà del numero (un Figlio, due, cinque, sette eccetera) si è proprio perso il gusto dell'esistenza, la bellezza del donarsi. Tipo questa Coppia:
Valentina e Livio hanno creato una famiglia speciale poiché, al fronte del fatto che la genitorialità non si manifesta solo fisicamente, hanno deciso di donare il loro amore adottando dei bambini.
"io e mio marito Livio abbiamo tre figli: Antonio 14 anni, Ivana 11 e Francesco 5."
Tu e Livio avete tre figli adottati. Andiamo al sodo: cosa significa accettare di adottare dei bambini già grandicelli?
"Significa accogliere dentro di sé un bambino già profondamente segnato, e rigenerarlo con amore, accettando le sue radici e tenendo presente la sua storia. Significa che una coppia è così ricca d’amore e di risorse umane che “non sa dove metterle”, dove incanalarle e sceglie di farlo accogliendo un figlio come depositario di questo amore. Non è un’opera buona, né un bisogno impellente o una necessità della coppia, né, tantomeno, una mancanza da colmare (per lo meno non dovrebbe esserlo). Si tratta dell’esatto contrario: una coppia, o una famiglia con figli, che sente di avere ancora molto da dare (e spazio da condividere) e di possedere le qualità per educare una persona, si rende disponibile ad accoglierne una che non è stata sufficientemente accolta da altri e in altro modo."
http://www.lacrocequotidiano.it/arti...-e-di-adozioni
Conosciamo molte altre famiglie numerose che, per Amore, si aprono poi anche all'adozione: Succede. Quando hai la Vita dentro, succede.
Si sperimenta l'indigenza? No: Si sperimenta la Provvidenza!
A Cono non piace malizia
A Cono non piace Letizia
A Cono forse piace segretamente la sfiga
Ci dirà mai che segretamente ha amato la figa? :v
Quando hai la vita dentro, LA VIVI
Per come ti senti di viverla, pienamente e per tutto il tempo che ti è concesso
Magari senza nessuna fretta, cara pure questa a te
Ma solo con la consapevolezza che oggi ci stai e magari domani no
Sii onesto prima di tutto profondamente con te stesso, Cono
E ricorda sempre che non tutti sono sul tuo stesso treno e hanno desiderio di andare nella tua stessa direzione
Abbi rispetto sempre delle direzioni altrui, delle quali tu sempre non hai ne’ considerazione e ne’ riguardi
E nella povertà non c’è nessuna virtù
C’è disperazione, rabbia, castrazione e odio
Che ognuno facesse i figli che può campare dignitosamente su sta terra
Senza sperare -magari?!?- che un solo stipendio basti per tutto il condominio
mi sento ovviamente "chiamato in causa". allora, il modo di intepretare la vita e di capirla, o provarci almeno, cambia da individuo a individuo. tuttavia la contrapposizione concettuale "bambagia/difficoltà", mi pare, come ogni "binomio", abbastanza ricca di significati, soprattutto in riferimento al c.d. "passaggio" dall'età adolescenziale all'età adulta. quando, e mi permetto di parlare dei fatti miei, andavo dallo psicanalista, quello mi diceva che, nonostante avesse più di 45 anni, la propria "dimensione adolescenziale", anche lui, e anche alla sua età, continuava a "coltivarla". per quanto mi è dato capire, il passaggio dalla bambagia all'età adulta comporta una serie di sentimenti che poi, arrivati a una certa età, si vorrebbe come dire "ritrovare", ma ovviamente si tratta di un autoinganno, e questo perché smettere di crescere e cominciare a invecchiare, e ovviamente averne la consapevolezza, sono cose che non fanno piacere come dire "a nessuno". allora sono portato a pensare che negli anni, sempre se tutto va bene, si comincia a dimenticare il "brutto" della vita, e soprattutto della "propria" e allora si comincia "riproiettare" il passato in maniera come dire "riveduta e corretta" a proprio uso e consumo. ecco, diciamo che di coni ce ne sono tanti, e grazie a dio.
ovviamente sai benissimo che esistono almeno "due modi" di combattere una guerra: da ufficiali e da sotto/ufficiali, trascurando quella che in gergo viene definita "carne da cannone". allora sia i generali, sia mettiamo i caporali la guerra la "combattono". ovviamente la differenza tra le due categorie è sempre relativa al tipo di selezione, cioè i generali hanno teoricamente una maggiore autorità nei confronti dei caporali, ma questo dipende dal fatto che il "caporale" si ferma a un certo grado, perché di più non riesce. il generale è generale non perché così, viene da una famiglia come tu dici "borghese", ma perché a livello di formazione, diciamo anche "formazione spirituale", che è quella "militare", la quale peraltro mi pare simile, se non altro nelle premesse, alla c.d. "iniziazione cattolica", riesce ad essere più "capace", cioè, in senso etimologico, più "profondo", e di arrivare a un grado di conoscenza, anche del modo di combattere una guerra, che non è quello del caporale. e infatti il caporale concepisce la guerra in un modo che mi verrebbe da definire più "rozzo" di quello di un generale, cioè come scontro armato, mentre quest'ultimo, cioè il generale, la concepisce soprattutto come "sofferenza" fisica, intellettuale, morale. in definitiva ad esempio a caporetto, ci furono generali che si spararono un colpo alla testa per troppa sofferenza, così come ci furono tanti caporali che persero la vita a causa delle pallottole, delle mine, delle granate, ecc. quale è la morte migliore? direi nessuna: la morte sempre morte è.
guarda ti dico solo questo: pensare che i generali o i caporali o comunque chi fa parte di un "corpo armato" abbia vissuto guardando "happy days", e venendo coccolato e viziato dalla "famiglia", non è qualcosa che si possa accettare a livello di concetto. cioè tutti coloro che fanno parte di un gruppo sociale a struttura "gerarchizzata", quale può essere un "esercito", un ordine monastico, una chiesa, ad esempio quella cattolica ma anche altre, o quello che ti pare, sono chiamati a ricevere un tipo di formazione e a fare un tipo di vita che non può, per forza di cose, essere quella stessa vita che fanno i civili. e questo perché chi appartiene a una delle suddette organizzazioni gerarchizzate, ha una quantità di responsabilità che non è quella di un "chiattillo" a napoli, o di un truzzo o un pariolino a roma. di questo puoi essere sicuro. poi se mi citi qualche documento a conforto della tua "affermazione", allora credo che ne possiamo discutere.
ecco. l'atteggiamento borghese, il quale mi pare sia di assoluto "privilegio", è qualcosa che, se contrapposto al desiderio di elevazione sociale dei ceti "minori", determina, se adeguatamente "generalizzato", che il borghese "giace sugli allori", mentre il povero diavolo cerca di migliorare la propria condizione e come dire si fa "il culo". ora, con un mannheim, che evidentemente piace anche a te, mi pare si possa dire che l'atteggiamento del borghese è quello di conservare lo staus quo, anche a livello "ideologico", cioè in sostanza "motivare" la propria situazione di privilegio, sempre al fine di incrementare ricchezza e privilegio; l'atteggiamento del proletario o che dir si voglia è esattamente la stessa cosa: conquistare, mantenere, e giustificare ideologicamente una posizione di privilegio. ma dato che il proletario non ha, almeno nell'immediato, la concreta possibilità di mutare a proprio favore l'ordine sociale, allora l'atteggiamento del proletario non è giustificativo della propria condizione, ma è "desiderativo" di qualcosa, cioè un mutamento delle proprie condizioni economiche sulla base dei propri "valori", mutamento che all'atto pratico non esiste nella realtà, e che quindi, anche se provvisoriamente, è "utopia". ecco perché mannheim contrappone a livello "sociologico" i concetti di "ideologia/ceti dominanti" e "utopia/ceti subalterni" per descrivere in qualche modo il "divenire" dei fenomeni di ascesa e decadenza sociale.
ti ricordo che in usa ci sono i "ghetti" per i latinos, e magari nel migliore dei casi un lavoro da lavapiatti in un ristorante, il quale lavoro mi pare che, date le condizioni di partenza, mettiamo di un messicano, sarebbe come dire, sempre nel giudizio di un messicano, il "paradiso". non mi pare che negli ultimi 30 anni le cose siano molto "migliorate" in questo senso, ovviamente a parte le dovute eccezioni.
Forse fra scelte personali e problematiche sociali c'e' l'oceano.Citazione:
Parlano di denatalità arrivata ormai alle soglie di una vera e propria emergenza sociale, Laura. Di una chiusura alla Vita aprioristica e narcisistica. Aldilà del numero (un Figlio, due, cinque, sette eccetera) si è proprio perso il gusto dell'esistenza, la bellezza del donarsi.
Ovvero non si condiziona la propria vita per fare statistica globale, dettata pure da altri e sollecitata per proprie vedute ideologiche.
Se il problema e' sociale va semmai risolto solciamente rimuovendo le condizioni contrarie.
Anche per avere 8 milioni di baionette s'e' capito che si doveva investire moneta e non parlare di rinunce e sacrifici, nemmeno buoni per avere carne da cannone.
Ora pur di dire qualcosa ti attacchi anche alle adozioni. Le quali poi non vengono certo date a chi già traballa. Anche in un affido temporaneo viene messo sotto il microscopio chi si offre per un sostegno a bambini e ragazzi per vedere se è idoneo.
Cartucce da sparare non ne hai, almeno di nuove. Puoi solo ripetere a pappagallo le stesse cose, egoismo, narcisismo, crisi di valori...:v
Su un altro forum ho trovato un tale che attribuiva questa decadenza al fatto che una volta ci si poteva sposare solo in chiesa. Per un attimo ho pensato che fosse Cono, ma poi ho visto che si chiamava Marco...
Fossi solo io a dirlo....
Oramai si è raggiunta l'unanimità delle analisi, Laura. E partendo da retroterra culturali diversissimi fra loro: Filosofi illuminati e tradizionali, sociologi di estrazione liberale e marxista, psicanalisti freudiani e junghiani, scrittori e giornalisti di destra e di sinistra. Tutti concordi nell'affermare che questa nostra Società è caratterizzata e dominata da un profondo egoismo di fondo. In tutti i campi. In tutti i settori. Poi semmai sulle cause che hanno portato a ciò, vi sono posizioni eterogenee, ma il fondale è quello.
Per quanto riguarda le adozioni, i tribunali e gli organismi competenti affidano i Bambini valutando tantissimi criteri. Non certo solo il conto in banca del nucleo familiare. I Bambini, più che dei comfort, hanno bisogno d'Amore.
Ragazze e ragazzi, amiche ed amici...mi sa che mi state veramente sopravvalutando :sisi:
Analisi secca, senza sfumature: «Per riempire le culle non bastano bonus o asili nido gratis. Bisogna lavorare sul tessuto sociale e ricostruire un’idea di comunità». Il sociologo Giuseppe De Rita, fondatore del Censis ed ex presidente del Cnel, attribuisce il crollo delle nascite a «una dinamica culturale malata». Prende in mano i dati sulla natalità a partire dagli anni 70 e li mette a confronto con quella che chiama la «cetomedizzazione» dell’Italia.
Qual è la tendenza in corso?
«In Italia la denatalità è un dato ormai strutturale. Ciò provoca un danno anche economico. Per anni la dottrina tradizionale riteneva l’elevata natalità un moltiplicatore delle possibilità di povertà».
Poi cosa è cambiato?
« Ora la prospettiva sociologica si è capovolta: la denatalità diminuisce la ricchezza sociale attraverso effetti negativi sulla mobilità economica e sulla psicologia collettiva. Le culle sempre più vuote sono il risultato di un Paese impaurito,ripiegato sul presente, incapace di pensare al futuro».
Problema solo culturale?
«Non solo. C’è un narcisismo di massa che fa temere al ceto medio un progressivo impoverimento. Non si è più disposti a fare sacrifici per proiettare in avanti, attraverso i figli, le proprie speranze. Il crollo delle nascite nell’ultimo decennio sarebbe stato ancora più verticale se l’Italia non avesse goduto dell’effetto compensatorio della fecondità delle straniere».
Cosa deve fare la politica?
«C’è un quadro di incertezza occupazionale ed economica che contribuisce a una profonda revisione anche dei modelli culturali relativi alla procreazione. E’ un paradigma sociale segnato dalla tendenza a rinviare i momenti di passaggio alla vita adulta, soprattutto la scelta coraggiosa di diventare genitori».
Qual è l’alternativa?
«Si preferisce divertirsi o mettere da parte risorse in vista di qualche investimento o nel timore di esigenze future. Quello che entra in cassa viene messo a risparmio invece che a consumo. Fare figli è ritenuto un salto nel buio».
Quanto ha inciso la crisi economica di questo decennio?
«La crisi ha pesato su tutto, anche sulla voglia di avere figli. Ma non è detto che le coppie sarebbero più propense ad allargare la famiglia se migliorassero gli interventi pubblici. E’ un problema più profondo, di mentalità e di dittatura dell’io. Una società che non sa più dire “noi” non fa figli. Si è perso l’equilibrio nei rapporti sociali necessario per stare bene insieme, uno accanto all’altro. Per uscire dall’inverno demografico occorre rimboccarsi le maniche. Servono umiltà, volontà di fare, capire, migliorarsi. Altrimenti è la decadenza».
Cosa è cambiato dal 2008 ?
«Il ceto medio di natura impiegatizia ha peggiorato la propria condizione, si è precarizzato e ha introiettato insicurezze e rabbia che prima non aveva. Invece di un salto di qualità c’è stato un balzo all’indietro generalizzato».
E ciò a cosa è dovuto?
«L’egolatria dei social riduce gli orizzonti mentali e impedisce di accettare la sfida della genitorialità. Sono cresciuti timori, risentimento, autoreferenzialità. Tutti dicono che in Italia non c’è più un euro, ma non è vero. Aumentano i depositi bancari, le polizze vita, il risparmio nei fondi d’investimento, i soldi provenienti dall’economia sommersa e nascosti nel materasso. Lo conferma il fatto che in giro sono introvabili le banconote da 200 euro. Se non si fanno figli è soprattutto perché non si vuole ridimensionare tenore di vita, abitudini e comodità. I figli costano e obbligano eterni Peter Pan a uscire dal loro egoismo». ».
Tanti vanno all’estero…
«Le nuove generazioni, quelle in età fertile, vanno a studiare o lavorare all’estero e lasciano il Paese al suo declino. La metafora della mucillagine rende bene l’idea: monadi scomposte che si riaggregano in poltiglie indistinte, senza un collante che le unisca in nome di un bene comune o di un progetto familiare. Non c’è più la speranza di migliorare, di crescere».
in “La Stampa” del 12 febbraio 2020
https://francescomacri.wordpress.com...-italia-cause/
Giuseppe De Rita (Roma, 27 luglio 1932) è un sociologo italiano. Nel 1964 è tra i fondatori del Censis (Centro studi investimenti sociali), di cui è stato consigliere delegato per dieci anni e poi segretario generale dal 1974, diventandone, infine, Presidente nel 2007. A partire dal 1967, le attività di ricerca e gli spunti di analisi dell'istituto vengono condensati nel Rapporto sulla situazione Sociale del Paese - giunto nel 2015 alla 49ª edizione[2][3][4][5].
È stato presidente del Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) dal 1989 al 2000. È membro della Fondazione Italia USA e membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Courmayeur di cui, attualmente, ricopre la carica di presidente[6]. Contribuì a fondare, nel 1991, l'Osservatorio permanente sui giovani e l'alcool.
Svolge intensa attività di pubblicista, è editorialista del Corriere della Sera e partecipa ai più importanti convegni e dibattiti sulle condizioni e le linee di sviluppo della società italiana.[7] Il 13 dicembre 2004, l'università Iulm gi ha conferito la laurea honoris causa in Scienze della comunicazione.
:rotfl: l'unanimità di quei 4 o 5 citati a ruota :rotfl:
quando un valore è tale, per definizione vi è una stragrande maggioranza che tale lo ritiene e vi si conforma; es.:
non rubare, o non passare col rosso;
nel momento in cui qualcuno si indigna per ciò che avviene nella "società" nel suo indirizzo complessivo, non c'è un'immoralità, disvalore, ma solo una moralità/valore diverso, per definizione; non certo a gusto mio;
:rotfl: i tuoi illuminati pensatori sarebbero in grado di indicare una società mai esistita di cui non si possa dire lo stesso ?
perché se quelli non possono, siamo evidentemente alla chiacchiera da bar di paese, in cui dire le stagioni non sono più quelle di una volta fa un figurone in termini di analisi puntuale della realtà.
Un pensiero cosi' diffuso necessita di campi di rieducazione coatti, se ne possono organizzare di diocesani tipo corea, vietnam, laos, cuba, dove si inculcava con vari metodi il giusto pensiero sociale.Citazione:
Originariamente Scritto da conogelato
Tutti concordi nell'affermare che questa nostra Società è caratterizzata e dominata da un profondo egoismo di fondo. In tutti i campi. In tutti i settori
In fondo cio' che fai tu a livello piccolo piccolo ed inefficace con la ripetizione continua delle tue omelie.