doppio
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Io sono nato per disperazione e puntiglio.
Anestetizzarsi nei confronti dei sentimenti, alla lunga, non è mai una buona cosa
Se i padri non sono stati inclusi nello studio non ci sono gli elementi per affermare quale sia la loro responsabilità. Non cercare quello che non c'è. Se si fa uno studio per stabilire chi stringe migliori relazioni contrapponendo chi ha avuto un gatto e chi ha avuto un cane, l'elemento che emerge non è che i genitori non hanno un ruolo, ma solo che chi ha il gatto è fatto in un certo modo e chi ha il cane è in un' altro.
Nel bene o nel male qualsiasi studio sociologico sceglie quali dati analizzare e formalizza delle conclusioni su quei dati. Se si vuole fare delle proiezioni con pretesa di scientificità (in questo caso si parla perlopiù di scienza statistica, cosa che io personalmente non apprezzo per nulla, anche se nella vita di tutti i giorni è frequentissimo sentire le parole "è un fatto scientifico" seguite dall'esposizione di uno studio statistico) bisogna necessariamente stabilire un modello che tenga conto di alcune variabili e non di altre, ciò che è escluso resterà necessariamente nel limbo. Se si vuole tenere conto il più possibile di tutti gli elementi dell'equazione bisogna intraprendere un'altra strada, sapendo che le conclusioni a cui si giungerà non saranno definibili scientifiche, il che non le priva affatto di un valore gnoseologico (o almeno io la penso così, non a caso ho scelto come campo di studi la filosofia... lungi da me sminuire il valore del sapere scientifico, anzi, lo ritengo valido e in molti campi insostituibile, ma in questa sede si evidenzia molto bene come la scienza debba operare sempre su dei modelli dalla realtà, è così che funziona, dal metodo Galileiano fino ai più moderni e raffinati criteri).
Vabbe’, ma capisci che se uno fa una statistica sull’incidenza del comportamento del bidello sul successo o meno dell’allievo a scuola, senza tener conto dell’allievo stesso, dei suoi genitori, degli insegnanti, del preside, magari addossandogli tutte le responsabilità e togliendole agli altri, qualche dubbio legittimo nasce sulla ricerca, non credi?
Voglio dire, che senso hanno le statistiche al di fuori di ogni evidente ovvietà?
Le armate mercenarie al soldo del regno del Maschilismo marciano compatte contro ogni evidenza.:sisi:
Lo stai chiedendo alla persona sbagliata, io mi fermo a, che senso hanno le statistiche? Comunque non credo che lo studio in se addossi tutta la responsabilità alla madre e certo non ne toglie a nessuno (come ho detto non è che insinua qualcosa su quello che non analizza e di cui non parla, vuol solo dire che non è quello il suo oggetto), inoltre, corollario del fatto che di statistica si tratta, no si esprime certo per assoluti ("tutte le responsabilità"), ma solo tendenze più o meno marcate... puntare il dito e usare termini assoluti è il compito di certi divulgatori.
Non conosco lo studio nello specifico, perciò non saprei dire quali siano stati in effetti i dati analizzati, inoltre sono troppo impreparato nella scienza della formazione per andare oltre l'ipotesi azzardata che l'analisi abbia tra i suoi presupposti il fatto che nello sviluppo emotivo, sociale e relazionale la madre abbia un'influenza più forte di quella del padre (dato che mi sovviene così per reminiscenza di qualcosa, ma non saprei proprio quale sia la fonte, tanto meno se sia affidabile, ergo, dato che non vale gran che... se c'è qualcuno che ha qualcosa di più del mio scarso e poco affidabile nozionismo nel campo della psicologia batta un colpo).
Alla fine nulla è stato affermato nulla su come sia stata condotta l'indagine, ne di quali variabili abbia tenuto conto, certo se ha ragione Bio (ed è più che possibile che ce l'abbia) alla fine avrei quasi un moto di compassione per questa Claire Kamp Dush che ha investito 24 anni di vita per dimostrare quello che aveva formulato come ipotesi, ma dentro a quel "quasi riesco a farci stare pure un paio di "machissenefrega", perciò non penso proprio che mi sprecherò per cercare maggiori informazioni.
Mi limito a dire che di fronte a questo tipo di studi, soprattutto quando divulgati in maniera così superficiale è inutile cercare di leggere qualcosa che non sia esplicitamente scritto (nella fattispecie del caso in questione c'è scritto solo che le relazioni dei figli, i primogeniti più degli altri, tendano ad essere numericamente affini a quelle delle madri), perciò se non dice nulla dei padri non deve significare per forza qualcosa. L'ideale in realtà di fronte tanta superficialità sarebbe passare semplicemente oltre o, se interessati, fare una ricerca più precisa, c'è l'università c'è il nome della ricercatrice, non serve altro, come ho detto, io passo.
MA poi in effetti questo maschilismo dove lo vedete? La parte di citazione dell'autrice dello studio dice esattamente:
"Nel bene e nel male", perciò se vogliamo dire che viene data la colpa alla madre per le relazioni "cattive" dei figli dobbiamo ammettere che a loro è anche attribuito il merito per quelle "buone".
Semmai è il titolo dell'articolo, su cui la ricercatrice non ha colpe, a porre l'accento sull'accezione negativa, magari è anche per maschilismo, ma se volete la mia opinione "sfortuna" è più semplicemente accattivante di "fortuna", ergo più persone si identificheranno e compreranno il giornale.
La cosa dei primogeniti mi era nota. Comunque ci sono tanti modi più carini per darci degli sfigati eh.
A me ciò che veramente sconcerta, è qualcuno finanzi questo tipo di studi
in effetti, mi sembra un'ipotesi incommentabile, per l'inesistente spiegazione di un meccanismo di causa-effetto significativo;
può darsi che l'atteggiamento delle madri influisca sulla sicurezza, sulla percezione della propria fisicità come attraente, e questo a sua volta incida su un maggiore o minore equilibrio nelle scelte sentimentali, ma sempre assieme ad innumerevoli altre circostanze; mi sembra difficile evincere una relazione in base al numero di storie, dato che questo, quale che sia, può essere indice di equilibrio e serenità o, al contrario, di sofferenza.
Credo che l'unico modo sia fare il giornalista e ondeggiare come il salice piangente al vento. Ma quindi sei maschilista tu?
Ho ripescato il link http://www.ilgiornale.it/news/life/s...a-1602322.html
Comunque a me sembra abbastanza banale e intuitivo che il modo in cui viene vissuto il concetto di famiglia e di relazione in casa durante la crescita, influisca poi sul modo di vivere le relazioni da adulti. Poi che sia proprio colpa/merito di mamma, considerando dove è stato pubblicato l'articolo, direi che sia un modo per cavalcare l'onda di qualche rigurgito maschilista e acchiappare lettori.
Ma insomma la mamma è sempre la mamma.
Se hai vissuto in una famiglia con tradimenti resi noti hai sicuramente minori blocchi psicologici sia alla ricerca di un nuovo amore che alla scelta di separarti, forse perché i genitori ti hanno trasmesso l'idea, l'autorizzazione alla ricerca della felicità, rispetto a famiglie in cui si valorizza l'eroismo del sacrificio. Poi ognuno fa i conti con sé stesso e la propria costellazione familiare :D Il che potrebbe significare prendere decisioni radicalmente diverse da quelle della famiglia, per "saldare i debiti" in un senso o nell'altro.
Io in questo sono abbastanza incasinata e francamente non ho ancora una risposta attendibile.
No, ma troverei allettante la prospettiva di poter essere pagato per difendere la parte mediamente considerata "cattiva", pertanto più bisognosa di un arsenale dialettico. C'è un certo fascino nel fare i sofisti: a difendere una tesi avendo ragione (o almeno più ragione, non è tutto bianco e nero) bene o male son buoni tutti, ma farlo avendo consapevolmente torto e autentica malafede è quasi un'arte.
Magri dovrei fare il lobbista, pagano molto bene, spesso devi difendere l'indifendibile e il tuo lavoro è avere sempre ragione (Thank you for smoking docet).
Ho messo "cattiva" tra virgolette e ho sottolineato pure io che non possa essere considerato tutto bianco o nero, però credo che certi principi generali come la parità tra le persone o i diritti umani non siano più di tanto discutibili in buonafede, ergo cose come razzismo, sessismo, omofobia, fascismi vari, classismo, atteggiamenti fanatici, schiavitù etc. non possano nascondersi dietro al fatto che si tratta di opinioni e che ogni opinione ha lo stesso valore.
Il relativismo fino a un certo punto è anche accettabile, ma propugnare che qualcosa come l'aperta violazione dei diritti di un individuo sia un bene direi che è insostenibile al massimo può arrivare ad essere un male minore nelle giuste circostanze.
Quello forse è un serpente che si morde la coda, secoli di oppressione e svilimento (piaccia o meno, perpetuati soprattutto dalla cultura cristiana, si fa tanto parlare del maschilismo insito nella tradizione musulmana, ma Averroè cento anni prima che nella "nostra" cultura Tommaso D'aquino consolidasse la scolastica, sosteneva apertamente e con naturalezza che la donna fosse uguale all'uomo, potesse fare il soldato piuttosto che il califfo se ne aveva le qualità e l'inclinazione) lasciano il segno, non è strano che messe finalmente le donne nella condizione di poter alzare la testa e la voce potesse subentrare un atteggiamento estremizzante dal lato opposto, non lo trovo giustificabile, ma sicuramente comprensibile, passaggio successivo ovvio è la reazione... ostilità per ostilità. Niente di nuovo sotto il sole.
Sì sì è proprio così, ma trovo sia un grave errore da parte delle donne.
Ironia della sorte, il potere dà alla testa. :v
mah... a parte l'età, nel senso che ovviamente alla mia non ho più la stessa propensione alla relazione di un trentenne, con tutti gli eventuali problemi, io mi sento parecchio più a mio agio in questo momento storico, rispetto al passato; non vedo femmine incattivite, anzi...
non è una questione di cultura religiosa in sé, ma delle società che questa puntella, che spesso precedono la stessa religione;
una società rurale è gerarchica e patriarcale; una di caccia, pesca e raccolta, pirateria e commercio, e poi industriale avanzata tende più alla parità, perché si valorizzano doti di merito e competizione;
del resto, un concetto cristiano riformato come l'apostolato universale, riconosciuto come prodromo della democrazia egualitaria, ha attecchito in Nord-Europa proprio nella misura in cui quelle società avevano già o acquisivano quelle prerogative sociali dinamiche.
Mah, neppure io vedo tutte ste "femmine incattivite". Vedo donne indipendenti, che sanno stare da sole, che sanno quello che vogliono e che se lo prendono, senza bisogno che vi sia a tutti costi un uomo nella loro vita. Poi se c'è una relazione soddisfacente tanto meglio, ma l'indipendenza è una gran bella cosa. E secondo me ne risentono in modo positivo anche le relazioni, se dall'altra parte il terreno è fertile.
Poi non vedo perché si dovrebbe mettere gli uomini dalla parte "cattiva".
In quella categoria ci stanno gli uomini che usano violenza e soprusi, se proprio vogliamo metterci qualcuno. Ma pure le donne.
Per il resto siamo solo persone, con lati buoni e lati cattivi.