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“Tàr” (2022) di Todd Field
Lydia Tàr è un Direttore d’Orchestra statunitense (desidera che venga declinato al maschile, come pure per Maestro) che a seguito di varie esperienze di direzione in patria ottiene il podio della Filarmonica di Berlino. E’ sposata con il suo primo violino, donna anche lei, con la quale ha adottato una bambina. E’ molto determinata nel lavoro, non vuole intralci e tende a liberarsi senza indugio di rapporti professionali e non, che possono crearle ostacolo. Preparando la quinta di Mahler si dimostra maniacale, ossessionata e paranoica, con la difficoltà sempre più accentuata di conciliare sfera professionale e privato, che però intrecciandosi alimentano situazioni che sottovaluta. Presentato a Venezia il film è stato accolto positivamente dalla critica e Cate Blanchett ha vinto la coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile. E’ comunque l’intero film ad essere ragguardevole da un punto di vista tecnico, regia/montaggio/fotografia più Mahler. Se recentemente ho apprezzato “Decision to leave” per la sua capacità di rimandare a un certo tipo di cinema del passato, “Tar” al contrario è sicuramente un film dei giorni nostri, non solo per la qualità con il quale è girato, ma per le tematiche trattate, quelle legate a un’epoca, la nostra appunto, in cui è possibile agguantare le migliori opportunità correndo però il rischio di vedere le nostre intenzioni stravolte.
Tàr ****
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“Armageddon Time” (2022) di James Gray
1980, poco prima che Ronald Reagan venga eletto Presidente degli Stati Uniti, un ragazzo viene costretto dai genitori a cambiare scuola, per lasciare quelle che per loro sono cattive compagnie, in particolare un ragazzo di colore ma anche per andare in una scuola più consona al loro livello sociale. Il ragazzo è interessato all’arte, in generale è molto curioso e non accetta il percorso che i genitori hanno già deciso per lui. Presentato a Cannes in concorso Armageddon Time è un filmetto che parla di razzismo in un periodo in cui l’America svolta a destra e lo fa con gli occhi di un ragazzo ma in maniera poco convincente e senza entrare in profondità.
Armageddon Time **
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"Bones and all" (2022) di Luca Guadagnino
A Venezia ha vinto il Leone d'argento per la miglior regia, premio strameritato. Ci ho visto un po di Hitchcock, di Kubrick e di Scorsese. Non per tutto il film, alcune scene e sequenze sono convenzionali coincidenti con i momenti in cui i protagonisti, affamati di cannibalismo, tendono a ricercare la normalità e qui il film si banalizza. Ma quando meno te lo aspetti ritorna alla sua vera natura. Film da vedere.
Bones and all ***
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“Les Amandiers” (2022) di Valeria Bruni Tedeschi
Qui da noi è uscito come "Forever Young". Francia metà anni 80, un gruppo di ragazzi viene ammesso ai corsi della prestigiosa scuola di recitazione di cui al titolo. Pensano al teatro tutto il tempo, recitano in qualunque luogo mischiando vita reale e palcoscenico, non hanno paura di esibirsi e di raccontarsi. Alcuni di loro sono vittime dei drammi tipici del periodo però l’amore per la recitazione ha (quasi) sempre il sopravvento. Passato a Cannes in concorso dove con molta sorpresa non ha vinto nulla malgrado sia il tipico film da festival, racconta il percorso effettuato proprio dalla Bruni Tedeschi che ha iniziato studiando presso Les Amandiers, proseguito come attrice e ora da qualche anno come regista. E’ riuscita con efficacia a riportarci in quegli anni con uno stile asciutto dove il montaggio e una fotografia mai troppo nitida hanno un ruolo rilevante nel rappresentare un cinema poco tecnologico com’era all’epoca. Chi ama il Teatro non può perderlo.
Les Amandiers ***
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"Clerks III" - Kevin Smith
Con il terzo capitolo si conclude la saga e ho pianto
Non aggiungo niente perché ogni cosa che potrei dire è uno spoiler
Sempre irriverente, ti fa venir voglia di rivedere il primo
https://www.youtube.com/watch?v=uD3n3GM3Z_0
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“The Eternal Daughter” (2022) di Joanna Hogg
Madre e figlia ritornano nella loro vecchia casa ora trasformata in hotel per passare il compleanno dell’anziana signora. Durante il soggiorno affiorano vecchi e dolorosi ricordi ma anche la cruda realtà. Il film, presentato a Venezia in concorso ed è l'unico motivo per cui l'ho guardato, appare piuttosto inconsistente. Si attende che succeda qualcosa, ma quello che accade non è così clamoroso per attirare l’interesse dello spettatore o meglio è rappresentato senza efficacia. Si può salvare l’interpretazione di Tilda Swindon che si cimenta nella parte sia della madre che della figlia, per il resto il film è un puro esercizio stilistico.
The Eternal Daughter **
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"Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles" (1975) di Chantal Akerman
Vengono narrati tre giorni di vita della protagonista, più che altro faccende domestiche, commissioni e impegni finanziari la maggior parte riguardanti il figlio, studente universitario. Rimasta vedova, arrotonda le entrate ricevendo uomini in casa, sempre con lo stesso identico aplomb, anche se traspare nella sua espressione un filo di malinconia e di tristezza, per una vita sempre uguale a se stessa, ripetitiva e con poche divagazioni, ad esempio bere un caffè al bar. Ecco, io di questo film non sapevo nulla e probabilmente non l'avrei mai guardato se pochi giorni fa il British Film Institute, che ogni 10 anni stila la classifica dei migliori film di sempre, non lo avesse inserito, con mia grande sorpresa e non solo mia, al primo posto. Nelle precedenti edizioni era stata una vicenda tra Vertigo (La donna che visse due volte) di Hitchcock e Citizen Kane (Quarto potere) di Welles, due film parecchio datati ma che vengono considerati, giustamente, un mito Questa volta, forse per non ripetersi e per non scegliere tra i film finiti subito dopo i due nelle precedenti edizioni, ecco un film quasi d'avanguardia, tecnica cinematografica ridotta all'osso con cinepresa fissa, montaggio solo per il cambio di scena, sceneggiatura e interpretazione non memorabile, anche perché nell'idea della regista non necessarie. Nel complesso un film particolare, con una cura dei dettagli ossessiva, ma lontano dal poter essere immaginato come il migliore di tutti, quello che possa portare in giro per il mondo la bandiera del miglior cinema di tutti i tempi, ma semmai di una élite. Per chi fosse interessato è presente su youtube.
Jeanne Dielman ***
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“Saint-Omer” (2022) di Alice Diop
Sul processo a una ragazza senegalese che pone fine alla vita della figlia apparentemente senza motivo. Lei parla di stregoneria, malocchio, ma c’è dell’altro come un difficile rapporto con i genitori che la porta a trasferirsi in Francia e successivamente una relazione complicata con un uomo molto più grande di lei con il quale concepisce la bambina. Il film, che a Venezia ha vinto il premio per la miglior opera prima e soprattutto il gran premio della Giuria, non pare sempre perfetto, ad esempio la regia è incerta in alcuni frangenti oppure la figura della sorella della protagonista non totalmente riuscita. Rimane la forza di un film che mette a disagio ascoltando i dettagli di una vicenda realmente accaduta, con l’interpretazione di Guslagie Malanga che pare abbia subito davvero il dramma che racconta. Notevole l’arringa finale della difesa che riesce ad aprire una breccia all’interno della giuria per una sentenza che pareva già scritta. Visto in lingua originale con sottotitoli in italiano, fortunatamente ci sono ancora piccoli cinema che li trasmettono. In questi giorni nelle sale.
Saint-Omer ***
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Due film che profumano di Oscar
“The Banshees of Inisherin” (2022) di Martin McDonagh
Mentre sulla terraferma irlandese imperversa la guerra civile, nel villaggio di una piccola isola vicina divampa improvvisamente un piccolo conflitto innescato da un abitante che chiede al suo migliore amico di evitare di salutarlo, facendo finta che non esista. Questa in estrema sintesi la trama del film che a Venezia ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura mentre a Colin Farrell è andato quello per la miglior interpretazione maschile. Scenari incredibili, regia e tutto il resto di ottima fattura, rimane una storia singolare, locale a tratti simpatica malgrado l’evolversi drammatico.
The Banshees of Inisherin ***
“The Fabelmans” (2022) di Steven Spielberg
L’atto d’amore di Spielberg nei confronti del cinema. Racconta il percorso che lo ha fatto diventare regista, la scoperta dei film attraverso i genitori e successivamente con i primi provini realizzati con amici e compagni di scuola. Filma qualsiasi cosa anche quello che non dovrebbe. Vengono citati film del passato con immagini originali, soprattutto quelli di John Ford che Spielberg ha la fortuna di incontrare alla fine del film e che gli dispensa un consiglio che il giovane regista mette subito in pratica. Tutto bello, tutto perfetto però il modo con cui è stato realizzato mi ha convinto poco; un film che racconta gli anni ‘50 e ‘60 come se fossimo negli anni ’80, con quello stile hollywoodiano che lui stesso ha contribuito a cambiare, un po’ fumettistico e caricaturale e quel continuo stupore che i suoi personaggi manifestano, che sia come in questo caso la scoperta del cinema, oppure l’astronave di “Incontri ravvicinati”, l’extraterrestre in “ET”, gli animali preistorici in “Jurassic Park”, una favola perenne. Leggo in rete recensioni da cinque stelle, io non ne sono così entusiasta.
The Fabelmans **
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“Bardo, falsa crónica de unas cuantas verdades” (2022) di Alejandro G. Inarritu
Ancora da Venezia. Dopo Sorrentino (l’anno passato) e Spielberg, anche Inarritu racconta se stesso sotto le sembianze di un giornalista autore di documentari che rimpatria in Messico dopo anni di gloria e successo a Los Angeles. Non è un ritorno fortunato però, il regista rivive gli incubi del passato come la morte del figlio appena nato, quelli attuali che gli rinfacciano di averli fatti crescere negli Usa, i problemi mai risolti con il padre, gli amici che gli danno del venduto. Il protagonista ricorda da vicino il Mastroianni di Otto e ½ di Fellini e la sua incapacità di venirne a capo, che vaga per la città senza meta, finendo per mettere in discussione le sue radici ma pure il luogo dove ora vive. Magnifica la regia di Inarritu, forse la migliore dell’anno per quanto mi riguarda, capace di mettere in scena un film surreale, apocalittico e immaginario. Peccato per il finale troppo lungo.
Bardo, falsa crónica de unas cuantas verdades ***
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“Le otto montagne” di Felix Groeningen e Charlotte Vandermeersh
La Montagna quale filosofia di vita. Per chi ci è nato e non si allontanerebbe neppure quando non ti permette di autosostenerti e per chi ci è andato sin da ragazzo e non sapendo cosa fare della propria vita si mette a scrivere un libro su di lei e che inaspettatamente riceve un discreto successo. Presentato a Cannes dove ha vinto il premio della giuria è la storia di due ragazzi che poi diventano uomini legati dall’amore per la montagna. Bravi Marinelli e Borghi.
Le otto montagne ***
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Avatar 2. Sono andata perché interessava ai miei amici. Non è una serie che ho mai amato particolarmente, ma comunque è fatto bene, non mancano i colpi di scena. Insomma, agli appassionati del genere piace.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
dark lady
Avatar 2. Sono andata perché interessava ai miei amici. Non è una serie che ho mai amato particolarmente, ma comunque è fatto bene, non mancano i colpi di scena. Insomma, agli appassionati del genere piace.
Io non l'ho ancora visto, ma cos'è poi tutta sta storia strana dei sintomi di depressione che prendono alla gente dopo il film?
Fake notizie, o cosa? Tu hai provato qualcosa di particolare poi? Dai trailer sembra un buon film d'azione e con ottimi effetti speciali...
devo vedere all'UCI cinema quando lo danno.
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Living(2022), remake di uno dei capolavori di Kurosawa, con uno spettacolare ed intenso Bill Nighy. Un rigido e preciso capufficio londinese scopre di essere un malato terminale e si trasforma…
La battuta che mi è rimasta impressa: mi rimangono pochi mesi da vivere e vorrei divertirmi, ma NON So come divertirmi, non l’ho mai fatto.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
dark lady
Avatar 2. Sono andata perché interessava ai miei amici. Non è una serie che ho mai amato particolarmente, ma comunque è fatto bene, non mancano i colpi di scena. Insomma, agli appassionati del genere piace.
Temo che per lo stesso motivo dovrò andarci anch'io...:)
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Kanyu
Io non l'ho ancora visto, ma cos'è poi tutta sta storia strana dei sintomi di depressione che prendono alla gente dopo il film?
Fake notizie, o cosa? Tu hai provato qualcosa di particolare poi? Dai trailer sembra un buon film d'azione e con ottimi effetti speciali...
devo vedere all'UCI cinema quando lo danno.
Io l' ho visto e non ho provato sintomi di depressione, però l' ho visto in 2D non in 3D e mi è piaciuto, avevo visto anche il primo a suo tempo.
Sì ottimi effetti speciali anche in 2D.
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Ancora due film dai festival.
“Close” (2022) di Lucas Dhont
Due ragazzi sono molti amici, più che amici. Frequentano la stessa scuola e sono nella stessa classe. Uno è allegro l’altro più inquieto. I compagni di classe chiedono del loro rapporto così affettuoso. Poi qualcosa si rompe e il protagonista (un bravissimo Eden Dambrine) sente il peso del vuoto e la responsabilità di quello che è successo. La regia si muove soprattutto con i primi piani per filmare ogni emozione lasciando il resto in secondo piano. Un film sull’adolescenza e su quanto possa essere un’età dolorosa. A Cannes si è portato via il gran premio speciale della giuria.
Close ***
“White noise” di Noah Baumbach
Film di apertura dell’ultimo Venezia, il genere è quello comico catastrofico. Ottima la regia di Baumbach, non così la sua stessa sceneggiatura, una storia che non sa quale strada prendere tra catastrofe ambientale e angoscia per via del pensiero sulla morte, il tutto condito con humor funereo.
White noise **
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Citazione:
Originariamente Scritto da
follemente
Una biografia di Marilyn Monroe, lunghissima, che ho parzialmente visto, ma dopo mezz’ora mi sono stancata. Mi è parso un film horror, orribile. Anche tu gli ha dato solo due stelle su cinque, come si merita, ma io gli avrei dato di meno. Si è calcata molto la mano sui problemi psicologici dell’attrice, sul suo difficilissimo rapporto con la madre, sulle sue scopate in diretta. Non voglio ricordarla così, nemmeno per sogno. Non siamo mica solo ciò che ci accade nel privato, no? E di una persona trapassata si ricordano le cose belle, non è vero?
Di Blonde, ricordo lei, la protagonista, Ana de Armas, cilena, gia' vista con Keanu Reeves in knock knock e in Exsposed, un film prodotto da lui, ma qui é senza barba , con capelli cortissimi, mica ha 25 anni di meno che fa l'Avvocato del diavolo. Poi so che Ana de Armas é stata tutto il tempo del lock down con Ben Affleck con cui ha girato Acque profonde, forse avrebbe lasciato Jennifer Lopez per lei, ma se ne é andata perché stufa di Los Angeles, e Ben voleva rimanere o Los Angeles per i figli, d'altronde Jennifer Lo ha un patrimonio di 400 milioni di dollari che Ana de Armas ancora non ha. Io la trovo molto bella.
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"I ponti di Madison County" con Clint Eastwood e Meryl Streep: memorabile!
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“All quiet on the western front” (2022) di Edward Berger
Film tedesco ambientato durante la prima guerra mondiale, tratto dall’omonimo romanzo ( è il terzo remake, del 1930 e 1979 gli altri due) che ha appena ricevuto ben 14 nominations ai Bafta, gli oscar britannici. Da un punto di vista tecnico il film è perfetto, girato benissimo. La sceneggiatura mette in risalto la crudeltà della guerra secondo il punto di vista di un gruppo di soldati appena arruolato, con il loro iniziale entusiasmo, la presa di coscienza successiva e poi la vita al gelo e la scarsità di cibo durante i combattimenti, perlopiù dei corpo a corpo perché di tecnologia ce n’era poca. E’ chiaro che con la guerra che abbiamo dietro l’angolo un film del genere, con le atrocità che mostra come le uccisioni, le amputazioni e le distruzioni, non può che toccare la sensibilità del pubblico. E l’industria cinematografica l’amplifica.
All quiet on the western front ***
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Ecco le nominations agli oscar 2023 che come negli ultimi anni presenta accanto a film tipicamente hollywoodiani (Avatar che mi sono rifiutato di vedere, Top Gun e Everything Everywhere...che ho iniziato ma che ho abbandonato dopo poco, Elvis e The Fabelmans a mio parere poco convincenti) altri dal contenuto artistico di buon livello, a partire da "Tar" di gran lunga il miglior film dell'anno. Nella sezione "Miglior film internazionale" spicca l'assenza di "Decision to leave" altro film meritevole. Per noi "Le pupille" di Alice Rhorwacher nella sezione dei corti (si può vedere gratuitamente nella piattaforma ZMovie) e una nomination anche per il trucco.
Miglior film
Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues), regia di Edward Berger
Avatar - La via dell'acqua (Avatar: The Way of Water), regia di James Cameron
Gli spiriti dell'isola (The Banshees of Inisherin), regia di Martin McDonagh
Elvis, regia di Baz Luhrmann
Everything Everywhere All at Once, regia di Daniel Kwan e Daniel Scheinert
The Fabelmans, regia di Steven Spielberg
Tár, regia di Todd Field
Top Gun: Maverick, regia di Joseph Kosinski
Triangle of Sadness, regia di Ruben Östlund
Women Talking, regia di Sarah Polley
Miglior film internazionale
Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues), regia di Edward Berger (Germania)
Argentina, 1985, regia di Santiago Mitre (Argentina)
Close, regia di Lukas Dhont (Belgio)
EO, regia di Jerzy Skolimowski (Polonia)
The Quiet Girl, regia di Colm Bairéad (Irlanda)
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Tre opere prime ciascuna con una candidatura agli Oscar.
“To Leslie” (2022) di Michael Morris
Leslie è un’alcolizzata che perde tutte le occasioni per cambiare registro. Ci tenta il figlio, che la donna aveva abbandonato quando era un ragazzino, poi la sua migliore amica, che in verità più che darle conforto l’accusa a più riprese per la sua vita dissoluta. L’incontro con un uomo che non si scoraggia alle prime difficoltà fa capire alla protagonista che è ora di smettere. Il film si regge sull’interpretazione di Andrea Riseborough, candidata dall’Academy per la miglior interpretazione femminile. Quando la donna inizia un percorso per rimettersi in sesto e Leslie (o meglio la Riseborough) abbandona la maschera disperata dell’alcolizzata, paradossalmente la storia perde efficacia evidenziando nella normalità del racconto anche le ingenuità nella direzione del regista. Al debutto va comunque incoraggiato.
To Leslie ***
“The quiet girl” (2022) di Colm Bairéad
Film irlandese. Durante le vacanze estive Cait viene ospitata dalla cugina della madre impegnata con una gravidanza e una famiglia numerosa. La bambina dopo un primo momento di ambientamento scopre i vantaggi di essere accudita come figlia unica e malgrado abbia difficoltà nell’esprimere le proprie emozioni comincerà a sentirsi davvero a casa. Il film piuttosto lento, presenta una regia con inquadrature fisse, più montaggio che movimenti della macchina da presa e considerato che si tratta di un’opera prima il risultato non è affatto male. Candidato quale miglior film internazionale essendo parlato in irlandese.
The quiet girl ***
“Aftersun” (2022) di Charlotte Wells
Padre e figlia vanno in Turchia per le vacanze estive. Lui è un po’ depresso, lei sveglia e con la voglia di crescere. Nel resort la ragazzina osserva i suoi coetanei ma è anche attenta a capire il padre e il mondo in cui è imprigionato. Lo stile della regista è ancora acerbo, più che sviluppare una particolare tecnica si nota un approccio teso alla cattura delle emozioni, con il pregio di cucire il film intorno alla figura della piccola protagonista (Frankie Corio), talentuosa come poche alla sua età, anche se l’Academy la pensa diversamente e candida l’attore (Paul Mescal). Molto belli gli ultimi istanti.
Aftersun ***
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“Everything Everywhere all at once” di Daniel Kwan e Daniel Scheinert
“Everything Everywhere All at Once mescola tutti le vite e i cinema possibili: kung-fu, wuxia, mélò, fantasy, commedia. È un film di spettri che compaiono e si dissolvono”.
Estratto della recensione apparsa sulla rivista on line “Sentieri Selvaggi”, che valuta con quattro stelle il film dei Daniels. Non tutti sono così generosi in rete, ma i contenuti non si discostano tra loro. Si tratta di un blob cinematografico, un filmato caleidoscopico di stili e generi, un mix febbrile di immagini e situazioni che si sovrappongono continuamente. Se serve per portare più gente nelle sale, soprattutto i più giovani, ben venga. Se questo è il cinema del futuro o anche soltanto quello attuale, considerato che ad esempio i film di Spielberg e Chazelle (lui così giovane che con “Babylon” è invecchiato di cinquant’anni) sembrano appartenere a un’altra epoca, si accomodi. Nel frattempo il film ha collezionato ben undici nominations agli oscar 2023 e quella per il miglior film sembrerebbe non dovergli sfuggire. Per quanto mi riguarda, pur riconoscendo la qualità del prodotto, la bravura delle attrici e degli attori e bla bla bla..., non rappresenta il cinema che cerco.
Everything Everywhere all at once **
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“Babylon” (2022) di Damien Chazelle
Ammiratore di Chazelle della prima ora, diciamo a partire dal secondo film “Whiplash” che vedeva protagonisti i batteristi jazz, anche se è poi con il terzo film che sfonda. “La La Land” è un musical dedicato a chi ce la mette tutta e alla fine ce la fa. Con “First man” invece Chazelle cambia totalmente lo scenario e si insinua nel filone lunare che tanto andava di moda qualche anno fa. “Babylon” non smentisce i temi precedenti e ci fa conoscere la Hollywood della prima ora, quella del cinema muto tutta party trasgressivi ed esagerazioni. La variabile rispetto a “Whiplash” e “La La Land” che qui i protagonisti sono già all’apice del successo e anzi, con l’avvento del sonoro, sta per terminare. Purtroppo il film non mantiene le attese con i due protagonisti, Brad Pitt e Margot Robbie che enfatizzano per caratteristiche loro la volgarità dell’epoca e quindi del film. Chazelle stesso non riesce a porre un freno alla sua smania di raccontare e tira fuori una pellicola esagerata dove l’equilibrio di cui ai film summenzionati sono solo un pallido ricordo. Rimane la musica, bella come sempre ma è troppo poco. Candidato a tre oscar “minori”: scenografia, costumi e colonna sonora.
Babylon **
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"Debito di sangue" di e con Clint Eastwood: bello, ma ho fatto fatica a prendere sonno.
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Decision to Leave (2022, premio di Cannes alla regia), drammatico, thriller, diretto da Park Chan-wook.
Al cinema
Affascinante, i film sudcoreani ultimamente sono una vera sorpresa.
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“Empire of light” (2022) di Sam Mendes
Inghilterra nel 1980, epoca Thatcher, una donna lavora in un cinema con doppia sala in una cittadina affacciata sul mare. Soffre di depressione per la quale è già stata ricoverata e ha una insoddisfacente relazione con il manager del cinema, lui sposato. L’arrivo di un nuovo giovane dipendente modifica le aspettative. Film giocato sull’equilibrio delle componenti con una grande interpretazione di Olivia Colman, non una novità, la regia precisa di Mendes e la bellissima fotografia di Deakins, alla quindicesima candidatura e già due Oscar. Forse la sceneggiatura, dello stesso Mendes, presenta qualche sfilacciamento nel corso del racconto ad esempio quando si affaccia l’ombra del razzismo e qui il regista pare non sviluppare pienamente l’argomento che rimane un oggetto estraneo all’interno della storia. Comunque un bel film.
Empire of light ***
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“Empire of light” (2022) di Sam Mendes
Inghilterra nel 1980, epoca Thatcher, una donna lavora in un cinema con doppia sala in una cittadina affacciata sul mare. Soffre di depressione per la quale è già stata ricoverata e ha una insoddisfacente relazione con il manager del cinema, lui sposato. L’arrivo di un nuovo giovane dipendente modifica le aspettative. Film giocato sull’equilibrio delle componenti con una grande interpretazione di Olivia Colman, non una novità, la regia precisa di Mendes e la bellissima fotografia di Deakins, alla quindicesima candidatura e già due Oscar. Forse la sceneggiatura, dello stesso Mendes, presenta qualche sfilacciamento nel corso del racconto ad esempio quando si affaccia l’ombra del razzismo e qui il regista pare non sviluppare pienamente l’argomento che rimane un oggetto estraneo all’interno della storia. Comunque un bel film.
Empire of light ***
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“The Son” (2022) di Florian Zeller
Dopo “The Father”, dove il protagonista era affetto da demenza senile, Zeller si cimenta con la depressione di un adolescente, in questo caso figlio di una coppia separata. Entrambi i film sono tratti da lavori teatrali dello stesso regista e il filo conduttore è rappresentato dal rapporto genitore figlio. In “The Son” la ex coppia tenta tutte le strade per capire il male di vivere del ragazzo il quale a inizio film decide di andare a vivere dal padre arrivando allo stesso identico risultato deludente ottenuto in precedenza con la madre. Il giudizio positivo il film se lo guadagna però soltanto con l’ultima mezzora, quando a seguito di un tentativo di suicidio e le prime cure in ospedale nasce una discussione tra il medico che obbliga il ragazzo a permanere ancora nella struttura e lui che invece supplica i genitori affinché lo riportino a casa. Qui la sceneggiatura è efficace nell’ingannare per ben due volte lo spettatore. Il film era a Venezia in concorso.
The Son ***
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
“The Son” (2022) di Florian Zeller
Dopo “The Father”, dove il protagonista era affetto da demenza senile, Zeller si cimenta con la depressione di un adolescente, in questo caso figlio di una coppia separata. Entrambi i film sono tratti da lavori teatrali dello stesso regista e il filo conduttore è rappresentato dal rapporto genitore figlio. In “The Son” la ex coppia tenta tutte le strade per capire il male di vivere del ragazzo il quale a inizio film decide di andare a vivere dal padre arrivando allo stesso identico risultato deludente ottenuto in precedenza con la madre. Il giudizio positivo il film se lo guadagna però soltanto con l’ultima mezzora, quando a seguito di un tentativo di suicidio e le prime cure in ospedale nasce una discussione tra il medico che obbliga il ragazzo a permanere ancora nella struttura e lui che invece supplica i genitori affinché lo riportino a casa. Qui la sceneggiatura è efficace nell’ingannare per ben due volte lo spettatore. Il film era a Venezia in concorso.
The Son ***
L'ho visto non al cinema, ma a teatro l'altra sera.
Zeller scrive delle sceneggiature stupende.
Dove potrei vedere The father? Oltre a Zeller, dovrebbe esserci come interprete un fantastico Anthony Hopkins.