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conogelato
primo tra i discepoli professò che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente, dal quale fu chiamato Pietro. Paolo, Apostolo delle genti, predicò ai Giudei e ai Greci Cristo crocifisso. Entrambi nella fede e nell’amore di Gesù Cristo annunciarono il Vangelo nella città di Roma e morirono martiri sotto l’imperatore Nerone: il primo, come dice la tradizione, crocifisso a testa in giù e sepolto in Vaticano presso la via Trionfale, il secondo trafitto con la spada e sepolto sulla via Ostiense. Subì il carcere e miracolosamente liberato, lasciò Gerusalemme, dove la vita era diventata molto rischiosa a causa della persecuzione di Erode Antipa, intraprese vari viaggi, poi nell’anno 42 dell’era cristiana dopo essere stato ad Antiochia, giunse in Italia proseguendo fino a Roma ‘caput mundi’, centro dell’immenso Impero Romano, ne fu vescovo e primo papa per 25 anni, anche se interrotti da qualche viaggio apostolico.
A causa dell’incendio di Roma dell’anno 644, di cui furono incolpati i cristiani, avvenne la prima persecuzione voluta da Nerone; fra le migliaia e migliaia di vittime vi fu anche Pietro il quale finì nel carcere Mamertino e nel 67 (alcuni studiosi dicono nel 64), fu crocifisso sul colle Vaticano nel circo Neroniano, la tradizione antichissima fa risalire allo storico cristiano Origene, la prima notizia che Pietro fu crocifisso per sua volontà, con la testa in giù; nello stesso anno s. Paolo veniva decollato sempre a Roma ma fuori le mura.
Il corpo di Pietro venne sepolto a destra della via Cornelia, dove fu poi innalzata la Basilica Costantiniana.
La grandezza di Pietro consiste principalmente nella dignità di cui fu rivestito e che trascendendo la sua persona, si perpetua nell’istituzione del papato. Primo papa, Vicario di Cristo, capo visibile della Chiesa, egli è il capolista di una gerarchia che da venti secoli si avvicenda nella guida dei fedeli credenti. Nessun successore per rispetto, ha voluto chiamarsi Pietro. Nella Basilica Vaticana, nella cripta sotto il maestoso altare con il baldacchino del Bernini, detto della ‘Confessione’, vi sono le reliquie di s. Pietro, venute alla luce durante i lavori di restauro e consolidamento archeologico, fatti eseguire da papa Pio XII negli anni ’50.
http://www.santiebeati.it/dettaglio/20350
Per la studiosa che ha seguito gli scavi sotto la basilica vaticana, l'apostolo viene crocifisso il 13 ottobre del 64. Ecco perché...
Che Pietro abbia subito il martirio a Roma durante l'impero di Nerone è cosa universalmente riconosciuta. La data tradizionale è il 67; data comune a Pietro e Paolo. Tuttavia, mentre per il martirio di Paolo, essa resta largamente accettata anche dagli studiosi, le ricerche, soprattutto in tempi recenti, tendono ad anticipare il martirio di Pietro al 64 (l'anno dell'incendio di Roma e della prima grande persecuzione contro i cristiani). Questi studi, come quello condotto dall'epigrafista e archeologa Margherita Guarducci, hanno portato ad individuare il periodo in cui, con estrema probabilità il Principe degli apostoli venne martirizzato in Vaticano. Per la prima volta, in un saggio pubblicato nel 1968, l'archeologa è giunta a stabilirne addirittura il mese e il giorno. Il testo che segue rappresenta una sintesi di questa approfondita ricerca ed è tratto da: «La data del martirio di san Pietro», in «La parola del passato: Rivista di studi antichi», n. 267, Napoli 1968.
Il testo che più autorevolmente ci informa del martirio di Pietro a Roma è la prima epistola di san Clemente romano ai Corinzi, datata generalmente intorno al 96 d.C. Le parole di Clemente, a loro volta, non possono andare disgiunte da un celebre passo degli «Annales» di Tacito XV, 38-45, in cui lo storico parla del famoso incendio scatenatosi a Roma nella notte fra il 18 e il 19 luglio del 64 e delle sue conseguenze. Dal confronto di queste due testimonianze sembra risultare che Pietro sia stato martirizzato durante la persecuzione anticristiana scatenata da Nerone dopo l'incendio, e che luogo del martirio siano stati gli «horti» vaticani. Le informazioni fornite da Tacito sono, senza dubbio, molto autorevoli, perché l'autore degli «Annales» scriveva in un'epoca assai prossima agli avvenimenti e disponeva di testimoni oculari, nonché di documenti di prima mano, quali gli «Acta senatus» e gli «Acta diurna», cioè, rispettivamente, i verbali delle sedute senatorie e i diari ufficiali dello Stato romano.
http://ww1.1b1s.org/it/content/stori...rita-guarducci