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Discussione: Perché gli animali non devono avere un anima?

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  1. #1
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Io non so a che modo antiquato, ed in modo implicito ad un modo nuovo, fai riferimento. Ad oggi nemmeno i pensieri spirituali di Rubbia o della Giannotti, cari a Cono, entrano in un libro di fisica o Steiner, caro a dietrologo, non è il guru della nuova sapienza. Chiediti perché in un testo universitario, mai si parla di chakra, di armonie, di livelli di realtà, coscienza, spirituali, nel senso venuto fuori nelle diverse discussioni.
    E non è per colpa di Vega antiquata, brutta e cattiva. Forse non esistono? Forse non c'è prova?
    Che poi uno scienziato sia credente, una percentuale di contraddizione ce l'ha. Sposa un metodo per il suo lavoro, sperimenta, dimostra e dall'altra dà per scontata (forse) l'esistenza di esseri ultraterreni o chissà cosa.
    Che poi uno sia ateo, agnostico o credente, l'importante è che faccia il suo lavoro correttamente e non venda per scienza, facendo leva sulla sua posizione, quello che scienza non è. Non credo di aver mai detto che uno scienziato debba essere ateo per forza, ma che qualcosa stoni fra l'essere uomo o donna di scienza e credente, sì.
    Se ad oggi, concezioni vecchie, mai tramontate o ripescate per moda, non sono entrate a far parte del bagaglio del sapere, scientifico e non, non è colpa di Vega brutta e cattiva.
    A me i dubbi stanno anche bene, ma la fuffa no, soprattutto quando è confutabile, superata, ed i fenomeni li puoi spiegare in altro modo mentre qualcuno pretende ancora di rivenderla.
    Quel che ti sfugge e che non vuoi accettare, è che si può arrivare alla Fede anche solo con la semplice osservazione della Natura, del Cosmo e delle Leggi che lo regolano....

    «Parlare di origine del mondo porta inevitabilmente a pensare alla creazione e, guardando la natura, si scopre che esiste un ordine troppo preciso che non può essere il risultato di un “caso”, di scontri tra “forze” come noi fisici continuiamo a sostenere. Ma credo che sia più evidente in noi che in altri l’esistenza di un ordine prestabilito nelle cose. Noi arriviamo a Dio percorrendo la strada della ragione, altri seguono la strada dell’irrazionale» (Carlo Rubbia, Nobel per la fisica 1984 - citato in C. Fiore, “Scienza e fede”, elledici, Leumann (TO) 1986, p. 23).
    amate i vostri nemici

  2. #2
    Opinionista L'avatar di Vega
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    Quel che ti sfugge e che non vuoi accettare, è che si può arrivare alla Fede anche solo con la semplice osservazione della Natura, del Cosmo e delle Leggi che lo regolano....

    «Parlare di origine del mondo porta inevitabilmente a pensare alla creazione e, guardando la natura, si scopre che esiste un ordine troppo preciso che non può essere il risultato di un “caso”, di scontri tra “forze” come noi fisici continuiamo a sostenere. Ma credo che sia più evidente in noi che in altri l’esistenza di un ordine prestabilito nelle cose. Noi arriviamo a Dio percorrendo la strada della ragione, altri seguono la strada dell’irrazionale» (Carlo Rubbia, Nobel per la fisica 1984 - citato in C. Fiore, “Scienza e fede”, elledici, Leumann (TO) 1986, p. 23).
    Ma io capisco che si possa pensare se ci sia un motivo a monte di ciò che esiste. Però fra ipotizzare e crederci fermamente, della differenza c'è. Se questo che osservi ti fa credere in un dio, son fatti tuoi.
    Che rubbia poi venga a spararla così grossa...spero non sia il suo vero pensiero, perché accosciarsi su un pensiero del genere, con esseri fantastici ed ultraterreni, non è proprio degno di una persona che si occupa del sapere. Fra un po' i bambini manco credono più a babbo natale.
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  3. #3
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Ma io capisco che si possa pensare se ci sia un motivo a monte di ciò che esiste. Però fra ipotizzare e crederci fermamente, della differenza c'è. Se questo che osservi ti fa credere in un dio, son fatti tuoi.
    Che rubbia poi venga a spararla così grossa...spero non sia il suo vero pensiero, perché accosciarsi su un pensiero del genere, con esseri fantastici ed ultraterreni, non è proprio degno di una persona che si occupa del sapere. Fra un po' i bambini manco credono più a babbo natale.
    "Accorgersi della presenza delle cose è la prima e fondamentale azione dell'uomo che conosce: è da questa strana passività che nasce la curiosità, nascono le domande, il desiderio della ricerca. Forse per questo al fondo di ogni grande scienziato c'è qualcosa che, come in un bambino, mantiene i suoi occhi spalancati e assetati di realtà. L'esistenza delle cose è oggetto di un riconoscimento, non di dimostrazione. E questo può forse spiazzare la nostra mentalità, portata ancora a dare valore solo a ciò che è dimostrabile, come se l'unica conoscenza credibile fosse quella di tipo matematico. Eppure anche un grande logico come Wittgenstein non poteva esimersi dal riconoscere che «una esperienza è tale che quando la provo mi meraviglio dell'esistenza del mondo. E allora sono incline a usare frasi quali "com'è straordinario che esista qualcosa", o "com'è straordinario che il mondo esista"». Questo stupore per l'esistenza è la condizione per un incontro autentico con le cose e spalanca la possibilità della conoscenza. La ragione umana è innanzitutto provocata, commossa dall'esserci della realtà. La prima mossa che la ragione accusa è la pura presenza delle cose («guarda le stelle!»). Ma la capacità di stupore diventa feconda anche dal punto di vista strettamente scientifico. Anzitutto rende lo scienziato più attento, perché tutto spalancato sui dati della realtà, proteso a interagire con essa, a lasciarsi provocare e quindi a rispondere mettendo in campo tutta la propria capacità razionale. È fondamentale per uno scienziato apprezzare la bellezza della natura che sta studiando, essere attratto dal senso di ordine e dalle regolarità che percepisce in essa. Lo scienziato viene così indotto ad accogliere tutto il dato ed è quindi messo in condizione di cogliere la realtà in tutte le sue espressioni, in tutte le sue sfaccettature; fino agli aspetti quantitativi, che aiutano a decifrare i fenomeni e a risalire razionalmente alle cause. E’ interessante sentire cosa dicono tre importanti protagonisti della scienza.

    RICHARD FEYNMAN
    La stessa emozione, la stessa meraviglia e lo stesso mistero, nascono continuamente ogni volta che guardiamo a un problema in modo sufficientemente profondo. A una maggiore conoscenza si accompagna un più insondabile e meraviglioso mistero, che spinge a penetrare ancora più in profondità. Mai preoccupati che la risposta ci possa deludere, con piacere e fiducia solleviamo ogni nuova pietra per trovare stranezze inimmaginabili che ci conducono verso domande e misteri ancora più meravigliosi - certamente una grande avventura!

    Richard Feynman, «The Value of Science», in Frontiers in Science: A Survey, a cura di E. Hutchings, Basic Books, New York 1958.

    La capacità di stupirsi, di meravigliarsi di fronte alla natura come qualcosa di «dato» e di «misterioso», è identificata da Einstein come «la» caratteristica fondamentale dello scienziato. Caratteristica che lo accomuna all'artista, anch'egli impegnato nel gioco senza calcolo della ricerca del vero e dell'espressività.

    ALBERT EINSTEIN
    La più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero. Sta qui il seme di ogni arte, di ogni vera scienza. L'uomo per il quale non è più familiare il sentimento del mistero, che ha perso la facoltà di meravigliarsi e umiliarsi davanti alla creazione è come un uomo morto, o almeno cieco [...]. Nessuno si può sottrarre a un sentimento di reverente commozione contemplando i misteri dell'eternità e della stupenda struttura della realtà. È sufficiente che l'uomo tenti di comprendere soltanto un po' di questi misteri giorno dopo giorno senza mai demordere, senza mai perdere questa sacra curiosità...

    Denis Brian, Einstein: A Life, Wiley, New York 1996, p. 234.

    La meraviglia non è affatto circoscritta e delimitata dall'avanzare della conoscenza, come comunemente si pensa. Anzi, l'accadere stesso della conoscenza è motivo di una ulteriore meraviglia. È come se il procedere della nostra capacità di descrivere scientificamente la natura accrescesse inesorabilmente la percezione del carattere inesaurìbile del reale.

    CARLO RUBBIA
    Molte volte ho già detto questa cosa ma mi fa molto piacere ripeterla. Quando noi guardiamo un fenomeno fisico particolare, ad esempio una notte piena di stelle, ci sentiamo profondamente commossi, sentiamo dentro di noi un messaggio che ci viene dalla natura, che ci trascende e ci domina. Questa stessa sensazione di stupore, di meraviglia, di rispetto che ciascuno di noi prova di fronte a una manifestazione naturale, lo specialista, il ricercatore che vede l'interno delle cose lo sente ancora più forte, molto più intenso. La bellezza della natura, vista dall'interno e nei suoi termini più essenziali, è ancora più perfetta di quanto appaia esternamente; l'interno delle cose è ancora più bello che l'esterno, quindi io non sento né sgomento né paura. Sento la curiosità e mi sento onorato di poter vedere queste cose, fortunato, perché la natura è effettivamente uno spettacolo che non si esaurisce mai.

    Carlo Rubbia, «Alla ricerca dell'infinitamente piccolo», intervento al Meeting di Rimini, 29 agosto 1987, in II libro del Meeting '87, Meeting per l'amicizia fra i popoli, Roma 1987, pp. 223-228.

    http://www.fisicaedintorni.it/dtml/r...e_scienza.html
    amate i vostri nemici

  4. #4
    Opinionista L'avatar di Vega
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    "Accorgersi della presenza delle cose è la prima e fondamentale azione dell'uomo che conosce: è da questa strana passività che nasce la curiosità, nascono le domande, il desiderio della ricerca. Forse per questo al fondo di ogni grande scienziato c'è qualcosa che, come in un bambino, mantiene i suoi occhi spalancati e assetati di realtà. L'esistenza delle cose è oggetto di un riconoscimento, non di dimostrazione. E questo può forse spiazzare la nostra mentalità, portata ancora a dare valore solo a ciò che è dimostrabile, come se l'unica conoscenza credibile fosse quella di tipo matematico. Eppure anche un grande logico come Wittgenstein non poteva esimersi dal riconoscere che «una esperienza è tale che quando la provo mi meraviglio dell'esistenza del mondo. E allora sono incline a usare frasi quali "com'è straordinario che esista qualcosa", o "com'è straordinario che il mondo esista"». Questo stupore per l'esistenza è la condizione per un incontro autentico con le cose e spalanca la possibilità della conoscenza. La ragione umana è innanzitutto provocata, commossa dall'esserci della realtà. La prima mossa che la ragione accusa è la pura presenza delle cose («guarda le stelle!»). Ma la capacità di stupore diventa feconda anche dal punto di vista strettamente scientifico. Anzitutto rende lo scienziato più attento, perché tutto spalancato sui dati della realtà, proteso a interagire con essa, a lasciarsi provocare e quindi a rispondere mettendo in campo tutta la propria capacità razionale. È fondamentale per uno scienziato apprezzare la bellezza della natura che sta studiando, essere attratto dal senso di ordine e dalle regolarità che percepisce in essa. Lo scienziato viene così indotto ad accogliere tutto il dato ed è quindi messo in condizione di cogliere la realtà in tutte le sue espressioni, in tutte le sue sfaccettature; fino agli aspetti quantitativi, che aiutano a decifrare i fenomeni e a risalire razionalmente alle cause. E’ interessante sentire cosa dicono tre importanti protagonisti della scienza.

    RICHARD FEYNMAN
    La stessa emozione, la stessa meraviglia e lo stesso mistero, nascono continuamente ogni volta che guardiamo a un problema in modo sufficientemente profondo. A una maggiore conoscenza si accompagna un più insondabile e meraviglioso mistero, che spinge a penetrare ancora più in profondità. Mai preoccupati che la risposta ci possa deludere, con piacere e fiducia solleviamo ogni nuova pietra per trovare stranezze inimmaginabili che ci conducono verso domande e misteri ancora più meravigliosi - certamente una grande avventura!

    Richard Feynman, «The Value of Science», in Frontiers in Science: A Survey, a cura di E. Hutchings, Basic Books, New York 1958.

    La capacità di stupirsi, di meravigliarsi di fronte alla natura come qualcosa di «dato» e di «misterioso», è identificata da Einstein come «la» caratteristica fondamentale dello scienziato. Caratteristica che lo accomuna all'artista, anch'egli impegnato nel gioco senza calcolo della ricerca del vero e dell'espressività.

    ALBERT EINSTEIN
    La più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero. Sta qui il seme di ogni arte, di ogni vera scienza. L'uomo per il quale non è più familiare il sentimento del mistero, che ha perso la facoltà di meravigliarsi e umiliarsi davanti alla creazione è come un uomo morto, o almeno cieco [...]. Nessuno si può sottrarre a un sentimento di reverente commozione contemplando i misteri dell'eternità e della stupenda struttura della realtà. È sufficiente che l'uomo tenti di comprendere soltanto un po' di questi misteri giorno dopo giorno senza mai demordere, senza mai perdere questa sacra curiosità...

    Denis Brian, Einstein: A Life, Wiley, New York 1996, p. 234.

    La meraviglia non è affatto circoscritta e delimitata dall'avanzare della conoscenza, come comunemente si pensa. Anzi, l'accadere stesso della conoscenza è motivo di una ulteriore meraviglia. È come se il procedere della nostra capacità di descrivere scientificamente la natura accrescesse inesorabilmente la percezione del carattere inesaurìbile del reale.

    CARLO RUBBIA
    Molte volte ho già detto questa cosa ma mi fa molto piacere ripeterla. Quando noi guardiamo un fenomeno fisico particolare, ad esempio una notte piena di stelle, ci sentiamo profondamente commossi, sentiamo dentro di noi un messaggio che ci viene dalla natura, che ci trascende e ci domina. Questa stessa sensazione di stupore, di meraviglia, di rispetto che ciascuno di noi prova di fronte a una manifestazione naturale, lo specialista, il ricercatore che vede l'interno delle cose lo sente ancora più forte, molto più intenso. La bellezza della natura, vista dall'interno e nei suoi termini più essenziali, è ancora più perfetta di quanto appaia esternamente; l'interno delle cose è ancora più bello che l'esterno, quindi io non sento né sgomento né paura. Sento la curiosità e mi sento onorato di poter vedere queste cose, fortunato, perché la natura è effettivamente uno spettacolo che non si esaurisce mai.

    Carlo Rubbia, «Alla ricerca dell'infinitamente piccolo», intervento al Meeting di Rimini, 29 agosto 1987, in II libro del Meeting '87, Meeting per l'amicizia fra i popoli, Roma 1987, pp. 223-228.

    http://www.fisicaedintorni.it/dtml/r...e_scienza.html
    Boh cono, se ti critico i riferimenti a dio di rubbia & c., ripiombi sui copia-incolla sul fascino della natura ed il mistero, la conoscenza che avanza, che c'entrano sega con dio e la sua esistenza o dimostrazione. Sei un loop vivente.
    Ultima modifica di Vega; 30-10-2019 alle 20:28
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